Alberto Zorzi, le elezioni e l’Italia che (non) va

Il giovane veneto ingaggiato come cavaliere ‘di casa’ dall’olandese Jan Tops rappresenta uno dei tanti valori espressi dal mondo dello sport equestre italiano: quel mondo che tra solo qualche giorno avrà una nuova guida

Bologna, marzo 2015 – Alberto Zorzi, veneto, classe 1989, tra qualche giorno lascerà l’Italia e si trasferirà in Olanda: è stato scelto da Jan Tops come cavaliere della sua scuderia di Valkenswaard. Alberto dovrà montare buona parte dei cavalli da commercio e anche qualche soggetto di Edwina Alexander (moglie di Jan Tops) tra quelli in crescita e in maturazione ai quali lei non può dedicare troppa attenzione essendo impegnatissima nel circuito agonistico di alto livello. Per Zorzi un compito non semplice, di alta responsabilità ma soprattutto molto faticoso: passerà in sella due terzi della sua giornata. Il che è una meraviglia per chiunque abbia scelto di dedicare la propria vita ai cavalli e al salto ostacoli: anche perché quelli della scuderia di Jan Tops non sono proprio dei ronzini da passeggiata domenicale… Potrebbe inoltre venirne qualcosa di buono anche per l’Italia: Zorzi ovviamente non cambia nazionalità dunque quelli che eventualmente otterrà in gara saranno risultati per la  nostra bandiera. E se dovesse trovarsi sotto la sella qualche cavallo davvero particolare, beh… speriamo che Tops non abbia troppa fretta di venderlo (non dimentichiamo che a suo tempo Steve Guerdat ha lasciato Valkenswaard proprio per questa ragione). Adesso però non precorriamo i tempi e stiamo con i piedi per terra: Tops ha ingaggiato Zorzi perché ha bisogno di un ragazzo che lavori tanto e bene senza grilli per la testa. Per Alberto sarà un’esperienza formativa, tecnica e professionale (e anche di vita) formidabile: le sue indubbie e notevoli qualità di cavaliere saranno coltivate al meglio.

E’ comunque motivo di grande orgoglio per tutti noi che un professionista del calibro di Jan Tops abbia scelto un cavaliere italiano per un compito di tale consistenza. E tale scelta è stata effettuata nell’ambito di uno scenario completamente italiano: nel novembre del 2013, in Fieracavalli a Verona, quando erano in corso le trattative per l’acquisto di Lintea Tequila, la cavalla portata all’attenzione internazionale da Licinio Grossi e poi approdata sotto la sella di Edwina Alexander. In quell’occasione Massimo Maggiore segnalò a Tops proprio Alberto Zorzi: l’olandese infatti già da allora stava meditando di ingaggiare un cavaliere per la propria scuderia, esattamente come in precedenza era accaduto con Steve Guerdat e Daniel Deusser (uno attuale campione olimpico, l’altro titolare della Coppa del Mondo: quale miglior auspicio… !). Ma chi è Massimo Maggiore? Personaggio molto conosciuto tra gli addetti ai lavori ma probabilmente non tanto agli occhi del pubblico generico. Ebbene, il padovano Massimo Maggiore, classe 1958, è stato un buon cavaliere pur senza mai ottenere risultati di alto livello avendo sempre montato cavalli di qualità da media a meno di media: che di solito con lui rendevano ben più del dovuto. Smesso il ruolo di cavaliere, Massimo si è dedicato a una proficua attività di training, di ricerca cavalli, di realizzazione di contatti e relazioni nel mondo del mercato, grazie anche a una lunga e importante esperienza professionale vissuta in Messico nelle scuderie del miliardario Alfonso Romo Garza, il quale a sua volta per moltissimi anni ha operato in società proprio con Jan Tops. Anzi, è grazie a Romo che Tops ha avuto la sponsorizzazione dei suoi più importanti soggetti di quando era cavaliere (otto Campionati d’Europa, tre Campionati del Mondo e quattro Olimpiadi con l’oro a squadre nel 1992 a Barcellona… tanto per dire). Ecco quindi da dove nasce il rapporto Maggiore-Tops. Jan si fida molto dell’opinione di Massimo e quindi quando da lui riceve la segnalazione circa Alberto Zorzi la archivia mentalmente per poi renderla attuale in questi ultimi giorni, concretizzandola come sappiamo.

Ebbene, quanto di italiano c’è in tutto questo giro di scambi e di contatti e di relazioni? Molto, indubbiamente. E la cosa ci fa pensare… Sì, perché di conseguenza non si può non ragionare sui valori che il mondo dello sport equestre italiano produce in senso assoluto. Forse sorprendendoci anche un po’, visto che ormai nelle nostre cose domestiche il male sembra sempre e comunque prevalere sul bene. E la cosa paradossale – in questo particolare momento storico – è che sembra quasi di poter dire che all’estero il marchio Italia funzioni molto meglio che all’interno dei nostri confini. Gli esempi non mancano. Uno su tutti: Giuseppe Della Chiesa. Per il secondo anno consecutivo lui sarà il costruttore del percorso a Badminton. Ecco, qui bisogna fermarsi un attimo e riflettere bene. Avete presente cosa rappresenti la specialità del completo in Gran Bretagna? E avete presente cosa rappresenti Badminton per la specialità del completo? E avete presente cosa voglia dire costruire il percorso di cross del concorso completo più importante del mondo? Per il quale si lavora un anno intero? Badminton è un simbolo, è un tempio, è la storia. Il costruttore del percorso a Badminton è sempre stato inglese, e per gli ultimi 25 anni è stato Hugh Thomas. L’anno scorso per la prima volta da che lo sport equestre esiste sulla faccia della terra il costruttore del percorso di Badminton non è stato un inglese, bensì uno straniero. Italiano. Giuseppe Della Chiesa. Che nel prossimo mese di maggio si ripete (a proposito: non perdete una interessantissima sua intervista nel numero di Cavallo Magazine ora in edicola).

Poi, i nostri concorsi di salto ostacoli. Se fosse possibile stilare una classifica dei concorsi internazionali tenendo conto dei livelli di qualità (impianti, strutture, montepremi, accoglienza, ricettività, terreni, scuderie etc. etc.) e poi effettuare una media nazionale da comparare con le medie nazionali degli altri Paesi non ci stupirebbe affatto vedere l’Italia ai primissimi posti. Lo conferma del resto la partecipazione: il gradimento del ‘cliente’ è sempre l’indicatore più affidabile. E i nostri tecnici e professionisti in campo e fuori dal campo? Sono tutti richiestissimi all’estero. E i nostri produttori di materiali e accessori e abbigliamento tecnico? Siamo un’eccellenza indiscutibile. E vogliamo poi parlare dei nostri migliori cavalli da salto ostacoli venduti all’estero? Qui bisogna specificare bene una cosa: noi non siamo come Germania, Francia, Olanda e Belgio che sono Paesi produttori di cavalli, Paesi che commerciano cavalli nati in casa. Noi siamo tra quelli che vanno a comperare quei cavalli. Ma molti di quei pochi che siamo riusciti a far emergere li abbiamo perduti: comprati da acquirenti stranieri. E’ ovvio che Germania, Francia, Olanda e Belgio vendano all’estero una quantità di cavalli infinitamente superiore alla nostra: il punto è la proporzione.

Tra qualche giorno lo sport equestre italiano avrà un nuovo capo. Il nuovo presidente della Fise. Questa che si sta per concludere è stata una campagna elettorale senza precedenti nella storia. Prima di tutto perché non c’è mai stato un numero di candidati così consistente. In secondo luogo perché la tecnologia ha permesso l’utilizzo di risorse che prima non sono mai esistite nel settore della comunicazione, della propaganda, della creazione della visibilità. Una delle conseguenze di ciò è stata che l’attività dei sostenitori dei vari candidati alla presidenza si è rivelata a volte addirittura più intensa di quella dei candidati stessi, trascendendo spesso in atteggiamenti di incongruenza e inopportunità, quando non volgarità e violenza verbale, davvero sconcertanti e deprecabili (oltre che fuorvianti e quindi – paradossalmente – controproducenti rispetto all’interesse del candidato stesso). Con il risultato di offrire all’opinione pubblica un’immagine del candidato sostenuto perfino diversa – ben peggiore – da quella che il candidato stesso in realtà propone. Le persone che il prossimo 30 marzo si offrono al responso delle urne in realtà sono un’altra delle espressioni positive dello sport equestre italiano. Pensate solo all’impegno che Massimo Arcioni, Marco Di Paola, Alessandro Galeazzi e Vittorio Orlandi (in rigoroso ordine alfabetico… ) hanno profuso nel realizzare e divulgare programmi e idee: una produzione intellettuale e uno sforzo fisico mai visti in precedenza. Pensate solo alla determinazione irriducibile con la quale Antonella Dallari ha combattuto una battaglia strenua e lunghissima (giusta, sbagliata, pertinente o incongrua… questo è un altro discorso) fino all’ultimo istante dando dimostrazione di coerenza e onestà morale davvero ammirevoli (e pensiamo anche allo spirito di servizio di Amos Cisi che ha accettato di esporsi in pubblico solo per solidarietà politica e umana con lei). Programmi e idee: queste sono le discriminanti da tenere in conto per dare il voto il prossimo 30 marzo, non altro. Ma al di là di quello che sarà il risultato dell’elezione, e al di là di quelle che sono le preferenze personali di ciascuno degli aventi diritto al voto, non si può ignorare come la disponibilità di tutti i candidati sia solo quella di mettersi al servizio del nostro sport. Pensare che in loro vi siano interessi diversi da questo vuol dire cominciare nel peggiore dei modi fin da oggi il nuovo corso della nostra Fise. Pensare questo vorrebbe dire non rendersi conto che la responsabilità di chi amministra è enorme, ma non tanto più grande di quella di chi deve essere amministrato. Anche chi sarà amministrato ha un ruolo dentro il nostro sport: e forse mai così importante come quello di oggi. Perché il nuovo direttivo federale avrà tempo per lavorare solo fino alla fine del 2016: se a partire dal 31 marzo 2015 si dovesse inaugurare una nuova campagna elettorale come quella che si sta concludendo adesso, di certo i pochi mesi che ci separano dalla fine dell’anno prossimo sarebbero buttati al vento. Il nuovo presidente della Fise e il nuovo consiglio federale dovranno cominciare a lavorare a tamburo battente senza perdere nemmeno un secondo di tempo: i temi con i quali confrontarsi li conosciamo tutti benissimo e non è proprio il caso di elencarli qui. Sarebbe bello che il mondo del nostro sport la sera del 30 marzo potesse dire: ok, e adesso andiamo avanti. Sarebbe un discorso di eccellenza. Quella stessa eccellenza che lo sport equestre italiano evidentemente sa proporre, come abbiamo visto. Un’eccellenza, tuttavia, che esaminata nel suo valore globale ha qualche difetto: non propone un valore globale… Altrimenti vinceremmo sui campi di gara. Altrimenti saremmo capaci di pensare nel nome di un interesse comune. Altrimenti non avremmo perso giorni, settimane, mesi e anni nell’accapigliarci ‘contro’ qualcosa e avremmo invece profuso energie e idee ‘per’ qualcosa. Il pessimismo ormai aleggia di regola, ma – come si dice – la speranza è l’ultima a morire…

27 marzo 2015