Angelo Nichiri, una vita tra i Purosangue del galoppo: come si porta un cavallo a mano

Torniamo sull’argomento della conduzione del cavallo a mano: ci siamo fatti spiegare da Angelo Nichiri, ex-fantino e palafreniere che ha lavorato tutta la vita con i cavalli da corsa, quali sono le regole di base per evitare problemi in un momento che può sembrare di assoluto relax, ma rimane sempre molto delicato

Pisa, 11 luglio 2019 – Non c’è un momento che passiamo vicini ai nostri cavalli in cui possiamo trascurare l‘attenzione alla sicurezza: certo, un cavallo sereno e bene addestrato presenta di solito meno problemi di un soggetto sdomo o che ha ricordi di una doma violenta.

Ma anche i cavalli sereni e bene addestrati possono spaventarsi per qualcosa che non avevamo previsto, scalciare un tafano o semplicemente farsi scappare una rallegrata: anche i nostri cavalli, certo, quelli che conosciamo così bene e di cui ci fidiamo così tanto – e difatti difficilmente ci si fa sorprendere da un cavallo problematico, molte volte gli incidenti più gravi succedono in situazioni di assoluta tranquillità, quando non ci aspettiamo guai e trascuriamo quindi le più elementari norme di sicurezza.

Che è una condizione indispensabile per divertirci a cavallo: quindi, reiteriamo la disquisizione dell’argomento condurre correttamente un cavallo a mano, con capezza e longhina.

Lo facciamo con Angelo Nichiri, un professionista dei cavalli: ex- fantino e palafreniere in alcune delle più importanti scuderie di San Rossore, in quel paese dei cavalli che è Barbaricina.

Nato in Sardegna e partito ancora bambino dalla sua isola per lavorare nel mondo del galoppo, NInchiri ha passato la vita in mezzo ai Purosangue Inglesi ed è stato uno dei docenti ai corsi per allievi fantini organizzati da Alfea all’ippodromo pisano.

Signor Nichiri, come ci si deve comportare conducendo un cavallo a mano?

«Tutti i cavalli, anche i più bravi rimangono comunque imprevedibili, e hanno sempre tanta forza: noi possiamo fare le cose in sicurezza solo conoscendoli, osservandoli con intelligenza e anticipandoli sempre. Nel dettaglio, cominciamo con le informazioni pratiche: prendo il cavallo con la mano destra, a 10/15 dall’imboccatura o dal moschettone della longhina tramite la redine sinistra o la longhina, la mano sinistra tiene il resto della lunghezza. Occorre regolarsi in modo che la testa del cavallo sia sempre sotto il nostro controllo, perché se fa un salto in avanti noi non dobbiamo mai trovarci dietro il suo posteriore, a rischio di prendere un calcio; quindi piazzarsi al massimo all’altezza della sua spalla, ma meglio metà collo così da tenere sempre la sua testa verso di noi – ripeto: se teniamo la sua testa vicina, il suo posteriore sarà automaticamente lontano da noi e noi lontani da eventuali calci».

Semplice semplice, ma ugualmente così difficile da mettere in pratica sempre.

«Ma noi non dobbiamo mai dimenticare che i cavalli sono animali molto grossi, che in un attimo possono diventare anche involontariamente pericolosi ma comunque letali; e non dobbiamo mai dimenticarci di osservarli, continuamente: guardate sempre loro le orecchie, che sono il timone dei cavalli. Da come le muove puoi capire cosa gli sta passando per la testa: se è nervoso, se si sta spaventando, se ti vuole mordere o se è rilassato…le orecchie spiegano tutto. E noi possiamo riuscire a gestire anche i cavalli più complessi anticipandoli, cercando sempre di capire se occorre sviare la sua attenzione e svagarlo parlandogli, o con una carezza gentile sull’incollatura. Anticiparli, il trucco è anticiparli: perché se la mettiamo sul piano della forza vince sempre il cavallo, fisicamente è sempre  lui il più forte».

Regole valide per i Purosangue, nevrili e carichi di forza ma anche per tutti gli altri.

«Una volta dicevano che il cavallo più bravo aveva ammazzato il padrone: ed è vero, perché è proprio con il cavallo tranquillo che abbassi la soglia dell’attenzione. Ed è sbagliato, perché i cavalli sono come noi, hanno i loro giorni belli e brutti esattamente come noi quando non ci sentiamo bene, o non siamo contenti e quindi possono reagire in modo diverso ad uno stimolo che magari, di solito, non li scompone: solo che loro non possono raccontarcelo, siamo noi a doverli studiare e capire. Vede, io sono innamorato dei cavalli: ne ho montati più di 15.000 nella mia carriera, e se c’è una cosa che ho imparato è che più il cavallo è tranquillo, meglio rende in corsa o in qualsiasi impegno agonistico».

E la tranquillità comincia anche dal camminare insieme, in sicurezza.

Qui una recente notizia di cronaca che ci ha fatto meditare sull’argomento