Bruno Chimirri: viaggio dentro la squadra azzurra

Come ha vissuto il ruolo di ‘vice’ c.t. un uomo che è ancora cavaliere e che non aveva mai provato in vita sua un’esperienza del genere? Per giunta in un concorso come quello di San Gallo in cui si affrontava una Coppa delle Nazioni per noi fondamentale?

Bologna, lunedì 3 giugno 2019 – L’adrenalina scorre ancora veloce: il meraviglioso spettacolo sportivo della Coppa delle Nazioni disputata ieri a San Gallo nello Csio della Svizzera non sarà dimenticato tanto facilmente. Così come l’altrettanto meraviglioso spettacolo offerto dalla squadra azzurra, infine al secondo posto della classifica dopo il barrage con Svizzera e Francia. Bruno Chimirri ha sostituito in occasione della trasferta in Svizzera il commissario tecnico Duccio Bartalucci, ancora convalescente dopo l’intervento chirurgico sostenuto nei giorni precedenti lo Csio di Roma: Bruno Chimirri è uomo che ha grandissima esperienza di squadra, è uomo che si esalta nel far parte di una squadra, è un cavaliere in piena attività, è passionale, è coinvolto e coinvolgente oltre che competente… Nessuno stupore che Duccio Bartalucci abbia chiesto proprio a lui di sostituirlo in un ruolo e in un compito tanto delicati, vista la contemporanea assenza dell’altro tecnico Marco Porro impegnato con l’altra squadra azzurra nello Csio di Lisbona negli stessi giorni.

Le era mai capitato di vivere un’esperienza simile in precedenza?

«No, mai: è stata la prima volta».

Qualche dubbio nell’accettare ciò che le ha chiesto Duccio Bartalucci?

«No, nessuno. Del resto vivere una squadra, far parte di una squadra è una delle cose più belle che ci siano nello sport».

A San Gallo è stato necessario prendere delle decisioni importanti…

«Eh sì, molto importanti. Duccio Bartalucci ha lasciato a me il compito di fare alcune scelte, naturalmente in accordo con lui. La prima è stata quella relativa all’ordine di partenza dei nostri quattro cavalieri. In partenza era previsto che Luca Marziani fosse il primo e Riccardo Pisani il quarto. Ma io poi mi sono convinto che sarebbe stato meglio mettere Luca come quarto… Ed è stato un cambiamento importante, la prima volta che Luca ha fatto il quarto nella storia recente della nostra squadra».

Tra l’altro lei sa benissimo cosa significhi fare il quarto… !

«Davvero… Ma poi io conosco molto bene tutti, sono molto vicino a Luca e so che lui è una persona che ha i suoi equilibri particolari e non bisogna cambiarglieli troppo… Quindi bisognava capire se lui si sentisse veramente pronto, al di là del poter dire sì solo per non volersi tirare indietro. Dovevo capire quello che lui sentiva dentro sul serio. Così ne ho parlato prima con Duccio: gli ho detto ne discuto con Luca e poi vediamo, lui è molto sensibile, voglio parlargli a quattr’occhi prima. Ho parlato con Luca: gli ho detto tu sei il più sicuro e il più affermato, mi piacerebbe metterti per quarto, del resto c’è pur sempre una prima volta… Luca mi ha detto se tu credi che io possa fare bene il quarto lo faccio volentieri. Questa è la sintesi della nostra conversazione, ma mentre gli parlavo e lo ascoltavo ho capito che lui ne era convinto, mi ha risposto nel modo giusto. Così ho richiamato Duccio e abbiamo deciso. Poi ho riunito la squadra, ho parlato a tutti, ho spiegato le ragioni del cambiamento: e tutti hanno dato il loro assenso incondizionato. E questa è stata la prima decisione presa sul campo».

Decisione importantissima, dato che il magnifico percorso netto di Luca Marziani nella prima manche è stato fondamentale per farci rimanere in testa alla classifica provvisoria… Poi è facile immaginare che l’altra decisione importante sarà stata quella relativa al barrage…

«Certo. Anche lì: una decisione da prendere sul campo e in tempi molto brevi. Allora, il fatto è questo: quando devi fare un barrage contro una Francia che chiunque metta in campo è competitiva al massimo, e contro una Svizzera che ha in Guerdat e Fuchs indifferentemente due barragisti super veloci… beh, è la volta in cui bisogna andare oltre ai propri limiti. Superarli. Io dovevo capire se la sensazione che i nostri cavalieri avevano dentro di loro una volta usciti dal campo dopo i due giri della Coppa era quella di poter andare oltre il proprio limite… Se il loro risultato, la loro prestazione, le risposte del loro cavallo li mettevano nella condizione di poter pensare di essere in grado di andare oltre il limite. Quello era il punto. E lì ho avuto modo di percepire che Luca era davvero deluso per non essere riuscito a dare la vittoria alla squadra nel suo secondo giro, con quell’infinitesimale errore sulla riviera… Una cosa da niente, questione di millimetri, ma lui sentiva che una cosa non gli era andata bene, lui che ha dato all’Italia talmente tante gioie e che proprio per questo si è sentito ovviamente male per non essere riuscito a chiudere la partita. La mia sensazione era quella che lui fosse rimasto un po’ deluso da quello che era successo e che non si sentisse così sicuro di entrare in un barrage dicendo oggi faccio quello che non ho mai fatto nella vita… Invece questo l’ho sentito molto di più in Giulia, esaltata dal 5° posto nel Gran Premio Roma della domenica precedente e dal doppio zero di questa Coppa, la vedevo scalpitante, ardente… E allora ho pensato che dovesse andare lei in barrage».

Mentre invece sulla carta sarebbe stato Luca Marziani il candidato più logico.

«Ovviamente. In teoria proprio Luca avrebbe dovuto fare il barrage. Più sicuro, più affermato, con due anni di risultati strepitosi. Inoltre il tracciato mi dava la possibilità di dire Luca perché Luca è più sicuro nei dietrofront a sinistra che non a destra… Nel Gran Premio Roma a Piazza di Siena, per esempio, un dietrofront a destra non gli è venuto bene e Tokyo ha fatto l’errore… Luca mi ha detto io da destra faccio più fatica, invece nel barrage a San Gallo c’erano dei dietrofront a sinistra, dopo la gabbia c’era un dietrofront a sinistra. Cosa che invece era un filino meno comoda per Giulia che ha già il cavallo che le si sposta un po’ a sinistra, e uscire dalla gabbia e spostarsi a sinistra per un dietrofront a sinistra… beh, mi sono detto magari perde poco poco il davanti e potrebbe esserci il rischio dell’errore. Però quando Luca è uscito dal suo secondo percorso gli ho detto Luca, qui bisogna andare a mille, o la va o la spacca, tu te la senti? Io sì, mi ha detto, io vado al massimo però non so se lui mi risponde così tanto… E lì ho capito che Luca era un po’ demoralizzato da questa maledetta riviera che gli aveva impedito di dare la vittoria alla nostra squadra».

Comprensibilissimo, perché sembrava già…

« … vinta, sì… ».

Sì, vinta: vero è che poi una barriera può sempre cadere, ma non sembrava possibile per come saltava Tokyo ieri…

« … non sarebbe caduto niente, impossibile. Tokyo ha fatto la doppia gabbia che sembrava il miglior cavallo del mondo… senza quella riviera lì era vinta, senza alcun dubbio».

Era vinta…

«Era vinta… Poi come al solito il clima dentro la squadra era magnifico, tutti uniti qualunque fosse la decisione… Il barrage di Giulia è stato seguito con un coinvolgimento e una passione… con Luca che fischiava fuori dal campo come se fosse lui dentro… La cosa bellissima di queste squadre è questa: tu decidi di fare dei cambiamenti, poi decidi di mettere in barrage uno e non l’altro ma tutto viene vissuto comunque nella massima unione. Cosa che non ho visto in qualche altra squadra… Quelle sono squadre fortissime, non c’è dubbio, ma non hanno quello che abbiamo noi».

Le è piaciuto vivere questo ruolo?

«Mi è piaciuto tantissimo, tantissimo. Ormai si sa come la penso… quanto mi piace il clima di squadra, quanto mi piace il risultato di squadra. Vivere la vittoria di un singolo è bellissimo, ma vivere la vittoria di una squadra è moltiplicare quel bellissimo per quattro. Si vive per quattro… ma non solo quattro: tutti i compagni e le compagne dei quattro, tutti a saltare in tribuna, tutti ad abbracciarsi per il risultato… è bellissimo, tutte le organizzazioni dei quattro… Una vittoria di squadra raccoglie quattro o cinque organizzazioni, e in più poi rappresenti l’Italia, il nostro Paese, la nostra nazione… quando entri là lo senti eccome, il nostro può essere uno sport individuale quanto si vuole ma quando si entra in campo per fare queste gare la squadra la si sente eccome… ».

Però adesso lei è ancora e più che mai in sella e non a piedi… Quella vissuta a San Gallo può essere un’esperienza utile per il suo essere cavaliere?

«Penso di sì. Di sicuro mi sono trovato a vivere situazioni diverse e a dover prendere decisioni diverse, importanti… Capisco bene il ruolo di un tecnico che deve fare determinate scelte. A volte stando fuori non ci si rende conto della rapidità con la quale si devono prendere determinate decisioni, quante variabili debbano essere tenute in conto, quanti pensieri si fanno… Bisogna fare scelte condivise cercando di tenere sempre tutti uniti, mantenere l’entusiasmo… La cosa importante in una squadra è mantenere il clima, bisogna evitare che da parte di qualcuno ci sia dispiacere, qualcuno che magari accetta le cose senza tuttavia esserne convinto. Ma tra noi è andato tutto meravigliosamente bene… uno degli ambienti più belli che io abbia mai vissuto, davvero, una serie di sensazioni indimenticabili. Bellissime».

Comunque lei adesso tornerà a essere uno dei quattro, o dei cinque…

«Lo spero con tutto il cuore. Quello è sempre il mio obiettivo, ed è la cosa che mi piace di più in questo momento».

Quindi Duccio Bartalucci può stare tranquillo, Bruno Chimirri non gli soffierà il posto… !

«Scherzi a parte, Duccio Bartalucci sta facendo un lavoro magnifico, davvero eccezionale, e deve pensare a farlo ancora per tanto, tanto, tanto tempo… E poi io voglio montare a cavallo ancora a lungo, quindi… ».