Cesare Croce: a Losanna come a casa

L’ex presidente della Fise è tornato all’opera non solo come responsabile del settore dressage, ma anche come ‘ministro degli esteri’ della nostra federazione: e in tale veste ha partecipato nei giorni scorsi allo Sport Forum della Fei

Bologna, 13 aprile 2017 – Se c’è un uomo che in Italia può dire di conoscere perfettamente il meccanismo che muove la Federazione Italiana Sport Equestri, beh… quell’uomo non può che essere Cesare Croce. Nato nel 1947, entrato in Fise come consigliere all’epoca della presidenza di Lino Sordelli (durata dal 1977 al 1988), Cesare Croce è stato poi presidente della Fise per tre mandati consecutivi dal 1996 al 2008: l’uomo che ha tenuto la carica più a lungo dopo Ranieri di Campello (1943-1959). Adesso Cesare Croce è tornato: voluto dall’attuale presidente Marco Di Paola come responsabile del settore dressage ed anche come uomo di rappresentanza della Fise in seno alla Fei. E in tale ruolo Cesare Croce ha partecipato allo Sport Forum della Federazione Equestre Internazionale a Losanna gli scorsi 10 e 11 aprile.

Ingegner Croce, bentornato! Non solo da Losanna, ma anche in senso più ampio, cioè in ambito Fise. Che effetto le fa avere nuovamente un ruolo ufficiale ed essere così coinvolto nella vita della federazione?

«Mi sembra di essere tornato più giovane di quarant’anni! Avevo cominciato con il settore dressage ai tempi della presidenza Fise di Lino Sordelli, nel 1980. Dunque penso che tra venti o trent’anni ritenterò la scalata alla presidenza della Fise… ! È una battuta che mi ha fatto più di qualcuno… ».

Adesso lei si occuperà nuovamente di dressage in campo nazionale, ma avrà anche un ruolo molto importante come… ministro degli esteri della Fise.

«Sì, diciamo che prima delle elezioni dello scorso gennaio Marco Di Paola mi ha chiesto se ero disponibile a dargli una mano, in particolare nel settore dei rapporti con la Fei: gli ho detto di sì, quindi dopo la sua vittoria ne abbiamo riparlato e questa collaborazione si è concretizzata. Anche perché, tenuto conto delle molteplici problematiche che un presidente deve fronteggiare all’avvio di una nuova gestione federale, quello dei rapporti con la Fei per Marco Di Paola era un campo un po’ meno conosciuto e quindi poteva essere utile una persona di esperienza che gli desse una mano. Io lo faccio volentieri, è una cosa che ho fatto per tanti anni direttamente come presidente. Con Marco Di Paola ci teniamo in costante contatto anche perché la mia funzione non è certo decisionale, bensì quella di rappresentare la volontà della federazione, del presidente e del consiglio federale».

Partecipando allo Sport Forum di Losanna come si è ritrovato nell’ambiente Fei a distanza di tempo?

«Le persone che conoscevo mi hanno riservato un’accoglienza che è andata decisamente al di là di quanto mi sarei aspettato, in termini di affetto e amicizia; ovviamente tante persone che c’erano ai miei tempi oggi non ci sono più, ma altre sì… Per esempio lo stesso presidente della Fei Ingmar De Vos con il quale condividevo tutte le problematiche del Gruppo Uno della Fei mentre lui rappresentava la federazione belga; oppure anche Hanfried Haring, l’attuale presidente della Federazione Equestre Europea, il quale ha ricordato come fossi stato io l’ideatore di questa federazione, un’idea che poi ho portato avanti insieme agli stessi Haring e De Vos e che infine si è concretizzata dopo gli anni della mia presidenza federale. E poi anche tutto lo staff della Fei, persone che mi ricordavano con affetto. Direi che mi è sembrato quasi un rientro a casa!».

Quindi le è piaciuto?

«Molto, molto, davvero. Una grande soddisfazione perché dopo tanti anni pensi che le persone ti abbiano dimenticato invece si ricordavano un po’ tutti di me e di quello che la Fise ha fatto durante gli anni della mia presidenza, quando la nostra federazione è stata grande protagonista dell’attività organizzativa agonistica internazionale di altissimo livello con i Weg di Roma insieme al gruppo Monrif, la finale della Coppa del Mondo di Milano, la finale del circuito Samsung di Coppa delle Nazioni a Piazza di Siena, i vari Campionati d’Europa, anni durante i quali un po’ tutti erano abituati a frequentare il nostro Paese per motivi sportivi, mentre dopo la mia presidenza questo è venuto a mancare per varie ragioni, e l’Italia si è defilata dal gruppo di nazioni all’avanguardia nell’organizzazione delle manifestazioni Fei di livello europeo e mondiale».

Lo Sport Forum dei giorni scorsi a Losanna è stato di sicuro uno tra gli incontri più delicati e importanti di cui si abbia memoria recente, per il tipo di argomenti all’ordine del giorno. Come le è sembrata l’atmosfera?

«Da questo punto di vista devo dire che per me lo Sport Forum è stato un modo per riprendere i contatti con i temi di maggiore attualità. Le problematiche negli ultimi anni si sono stratificate assumendo un carattere evidentemente conflittuale più di quanto non fosse ai tempi in cui me ne occupavo io. In ogni caso l’ambiente è pur sempre abbastanza formale quindi devo dire che tali conflitti non si sono evidenziati apertamente, anche se a livello latente rimangono abbastanza significativi. Certamente c’è una crescita esponenziale della presenza delle attività private tipo il Global nei confronti dell’attività istituzionale della Fei, che rischia di diventare forse secondaria. Per cui questa situazione che otto, dieci anni fa era agli albori oggi invece è diventata molto significativa. In più questo meccanismo di globalizzazione tra le manifestazioni che si sta via via sviluppando ha fatto emergere la diversa filosofia dell’Europa rispetto a quella dell’America. Comunque lo Sport Forum è sede di sola esposizione delle problematiche ma non dà delle risposte, e spesso il dibattito è un po’ sfumato, a volte perfino criptico».

Il tema che ormai va convenzionalmente sotto il titolo di armonizzazione è molto dibattuto a livello internazionale: cioè quello per cui l’Europa dovrebbe adeguare i propri criteri economici di accesso ai concorsi da parte dei concorrenti a quelli degli Stati Uniti.

«Innanzitutto io direi che siamo ancora all’enunciazione dell’armonizzazione: sarà difficile trovare a breve una soluzione. Le due posizioni sono chiare: e le soluzioni possono essere o una o l’altra, molto più difficilmente una possibilità intermedia. Il punto è che sono proprio due filosofie diverse: in America i concorsi vengono finanziati quasi totalmente dalle iscrizioni mentre in Europa i concorsi importanti per i cavalieri addirittura non comportano spese… è completamente diverso. Se in un concorso europeo di alto livello si aumenta il costo delle iscrizioni di un venti o trenta per cento non è che cambi di molto la filosofia economica della manifestazione. Penso quindi che ognuno alla fine continuerà a rimanere con il suo sistema. Parlavo con il segretario della federazione austriaca e lui diceva che se loro dovessero aumentare le quote di iscrizione i comitati organizzatori ne subirebbero addirittura un grave danno perché i concorsi avrebbero un numero di partenti di molto inferiore».

Ma certo: questo accadrebbe quasi ovunque in Europa!

«Eh sì, quindi facendo un parallelo con la vita sociale la domanda sarebbe la seguente: con l’aumento delle tasse lo Stato incassa di più? Probabilmente no: lo Stato incasserebbe di più se le tasse diminuissero perché aumenterebbero le attività. La stessa cosa nel caso dello sport equestre e dei concorsi ippici».

Ma la discussione di questa materia si è rivelata apertamente conflittuale?

«No, ognuno ha espresso la propria opinione ma non c’era qualcosa su cui votare, era semplicemente un’esposizione del tema».

È stato questo l’argomento più dibattuto?

«No, non è stato molto dibattuto. Se alla fine ci fosse stata una proposta si sarebbe parlato di qualcosa. Qui invece si cercava di capire se era ammissibile una o l’altra delle due filosofie o quale potesse essere la soluzione. Ripeto: io penso che una soluzione a breve non si troverà».

Coppe delle Nazioni, altro tema importante e delicato. Molte parti del mondo sportivo temono fortemente per il futuro della gara soprattutto alla luce delle manifestazioni private cui lei faceva riferimento.

«Sì, c’è un forte e diffuso timore. Che sostanzialmente è della parte più tradizionalista della Fei, mentre altri tra i quali lo stesso presidente De Vos sono meno preoccupati, sono meno prevenuti. Io credo che non possiamo fermare l’evoluzione dello sport: se ci sono delle risorse importanti che vengono convogliate nel nostro mondo non possono essere contrastate. Si tratta di vedere come e in che forma trovare un equilibrio e una collaborazione. Un’ipotesi che è emersa è quella di unificare Coppa delle Nazioni e Gran Premio negli Csio».

Che poi questa è una proposta italiana, compresa tra i documenti pubblicati sul sito della Fei che riguardano il tema, avanzata dalla Fise il giorno 1 marzo 2017 con una lettera firmata dal presidente Marco Di Paola e indirizzata al presidente della Federazione Equestre Europea Hanfried Haring, al segretario generale della stessa federazione Carina Mayer e al direttore del salto ostacoli in Fei John Roche.

«Sì, ed è una proposta che ovviamente condivido del tutto. Oggi la realtà è che i cavalli migliori negli Csio vengono sottoposti a distanza di un solo giorno a un doppio sforzo, Coppa delle Nazioni e Gran Premio, con due montepremi separati che possono anche essere divisi in modo non uniforme. Se si concentrano le due gare in una, sommando i due montepremi, l’impegno dei cavalli si dimezza e a parità di sforzo si ha un risultato economico di vincita raddoppiato».

Diminuendo però il numero di possibilità per i cavalieri, alcuni dei quali potrebbero teoricamente utilizzare due cavalli, uno per la Coppa e l’altro per il Gran Premio.

«È vero. Però questa soluzione darebbe più rilevanza alla Coppa delle Nazioni che potrebbe essere messa in programma la domenica, mentre solitamente si disputa in giorni feriali e quindi spesso senza il numero di spettatori che merita. Al tempo stesso si darebbe un’importanza maggiore al montepremi individuale, cosa che diventerebbe concorrenziale anche con le manifestazioni di tipo privato. Io credo che questa sia una proposta molto interessante».

Quindi la proposta è stata formalmente avanzata?

«Sì, ma adesso dovrà essere valutata e discussa. Chiaramente va approfondita e studiata nei dettagli».

Quale atteggiamento ha percepito da parte della comunità internazionale nei confronti dell’Italia?

«Non so se si possa fare un discorso in generale. Di certo i vertici della Fei si augurano una maggiore continuità politica, anche perché con me si erano abituati a vedere la stessa faccia per dodici anni consecutivi, poi in cinque anni si sono ritrovati con quattro presidenti e un commissario… cosa che ha creato un po’ di sconcerto. Tenuto poi conto che all’estero c’è una maggiore continuità e di certo i presidenti non cambiano alla velocità con la quale ci siamo abituati noi negli ultimi tempi… La continuità garantisce anche i risultati, e credo che si auspichi un ritorno della Fise a un maggior coinvolgimento sia nella politica della federazione europea sia della Fei stessa. Dovremo tornare a influire sulle strategie politiche: i risultati sul campo sono importanti, ma molte volte si ottengono anche attraverso una maggiore capacità di influire sulle scelte, sui regolamenti, sulle normative, sulle organizzazioni… ».

A proposito della federazione europea: negli ultimi mesi è nato un contrasto abbastanza forte tra la Eef e la Fei. Di questo contrasto lei ha avuto evidenza?

«Sì certo, sì. Questo sì. Anzi, il presidente De Vos si è raccomandato che io ritorni a partecipare alle riunioni della Eef forse perché auspica una presenza italiana come cerniera tra le due organizzazioni. Anche perché non è ufficiale, però mi sembra di capire che alla prossima tornata elettorale per la presidenza della Fei ci potrebbe essere un duello tra Hanfried Haring e Ingmar De Vos. Ripeto, non è assolutamente ufficiale, però è qualcosa che ho percepito. Il fatto è che la Eef, della quale io sono stato uno degli artefici insieme agli stessi Haring e De Vos, era nata perché in quel momento c’era un predominio extraeuropeo con la presidenza della principessa Haya di Giordania e con un appoggio a lei di gran parte delle nazioni non europee, quindi quando si andava in assemblea per votare la maggioranza era sempre extraeuropea a fronte di un’attività sportiva e agonistica che invece era prevalentemente europea. Per cui c’era sempre la sensazione che le regole venissero determinate in un ambito più ampio, e quindi meno consapevole, rispetto invece all’ambiente europeo dove si svolgeva e si svolge tuttora la maggiore attività. Adesso con la presidenza europea questo ruolo della Eef è meno determinante: l’attuale contrasto con la Fei rappresenta più che altro una contrapposizione tra concetti diversi di politica sportiva all’interno dell’Europa».

In realtà il contrasto è più che altro circoscritto alla situazione che si è creata dopo la firma da parte della Fei del Memorandum of Understanding con l’organizzazione dei concorsi Global: la Eef probabilmente ritiene che la Fei si sia genuflessa al cospetto di Jan Tops. Il mondo dello sport non accusa minimamente Jan Tops di ciò, anzi, per una certa parte di protagonisti il circuito Global è una risorsa fondamentale: l’accusa è nei confronti della Fei, di non essersi resa garante dell’equità.

«Direi di sì. Del resto Ingmar De Vos un tempo è stato per il Global quello che oggi è il nostro Marco Danese. Ma questo è un argomento molto delicato e non so fino a che punto ci sia un’interpretazione corretta della situazione da entrambe le parti. Però su questi problemi mi riservo di approfondire l’analisi perché la problematica rientra in quella sfera di cose che devo ancora recuperare dopo il periodo del mio distacco».