Coppa del Mondo: ci siamo!

Venerdì prossimo a Goteborg comincia la finale della World Cup: ma come, quando e perché nasce il prestigioso circuito mondiale ‘inventato’ dal giornalista svizzero Max Ammann? Ecco la storia

Bologna, marzo 2016 – Quando il prossimo 25 marzo alle 18.15 il primo cavallo metterà piede sul terreno della Scandinavium Arena di Goteborg avrà inizio la trentottesima finale della Coppa del Mondo di salto ostacoli. Poi lunedì 28 marzo alle 13 inizierà la prova alla cui conclusione sapremo chi sostituirà Steve Guerdat sul trono della World Cup. Ma alle spalle di questi due momenti c’è l’intero sviluppo di una storia quarantennale che ha reso la Coppa del Mondo ciò che è oggi: una storia il cui inizio si deve esclusivamente alla intraprendenza e alla lungimiranza di un solo uomo, il giornalista svizzero Max E. Ammann. Raccontiamola, dunque, questa storia.

La Coppa del Mondo di salto ostacoli sponsorizzata dalla Volvo (che lascerà dopo la stagione 1999-2000) vede la luce nel 1978 come risposta all’esigenza sempre più pressante di un circuito agonistico utile a sostenere l’attività professionistica dei cavalieri. Fino a prima di quell’anno l’inverno rappresentava una pausa di quasi assoluto riposo tra due stagioni agonistiche: la Coppa del Mondo è andata a riempire tale spazio con una serie di gare indoor che hanno catalizzato l’attenzione di media e sponsor, ottenendo immediatamente un successo di vastissime proporzioni. Ma se è vero che la Coppa del Mondo si può considerare come effetto dell’allora nascente professionismo, è altrettanto vero che di quel professionismo ne è stata anche causa: perché il circuito mondiale risponde a un’esigenza ormai pressante e indifferibile, ma allo stesso tempo alimenta gli impulsi che determinano tale esigenza. In poche parole: nasce perché nel mondo agonistico equestre di allora manca un circuito di gare utile a soddisfare le necessità di un professionismo ancora allo stato embrionale, e successivamente per questo stesso professionismo diventa stimolo potentissimo. Ecco perché potremmo considerare proprio il decennio degli anni Settanta come lo spartiacque tra l’era dell’equitazione dilettantistica e di quella professionistica, e in particolare il 1978 come il momento di una rottura definitiva con il passato.

Tutto comincia nel 1975. Max Ammann nel corso di quell’anno rafforza sempre più una propria convinzione: e cioè che i media rivolgono ai concorsi ippici indoor – peraltro allora non frequenti come oggi – un’attenzione davvero modesta in rapporto allo spessore tecnico, agonistico e ‘di atmosfera’ che tali manifestazioni dimostrano di possedere. Amman era stato per circa dieci anni corrispondente a New York di un quotidiano di Lucerna prima di assumere la direzione di quello stesso giornale per l’appunto nel 1975: l’equitazione era un suo hobby e ne aveva sempre scritto con grande piacere, frequentando tutti i più importanti appuntamenti agonistici sia oltre Oceano sia nel Vecchio Continente. È proprio questa esperienza di spettatore e allo stesso tempo di addetto ai lavori che lo induce a ritenere che lo sport equestre – e in particolare il salto ostacoli indoor – non abbia il giusto risalto sui media: pensa dunque che sia assolutamente necessario creare i presupposti per richiamare una maggiore attenzione della carta stampata, della televisione e, in definitiva, del grosso pubblico. Durante le Olimpiadi canadesi del 1976 a Montreal, Ammann ha l’occasione di discutere a lungo di queste sue riflessioni con l’allora presidente della Fei, il principe Filippo di Edimburgo, marito della regina Elisabetta d’Inghilterra: il quale non solo si dimostra molto sensibile all’argomento, ma arriva addirittura al punto di suggerire l’elaborazione di un progetto scritto che in qualche modo si proponga di raggiungere gli obiettivi auspicati. Si può dire che fu quello il momento in cui venne gettato il seme, anche se solo due anni dopo se ne vide il frutto. Ma non fu facile: Amman ebbe decine e decine di incontri con cavalieri, organizzatori e dirigenti da una parte e dall’altra dell’Atlantico prima di poter presentare il progetto al segretario generale della Fei, Fritz Widmer, alla fine di marzo 1978 e due mesi più tardi al principe Filippo.

Il coinvolgimento della Volvo come sponsor principale della Coppa del Mondo si deve al fatto che nel ’77 a Göteborg venne organizzata la prima edizione del locale concorso ippico internazionale indoor: la casa automobilistica svedese ne era sponsor principale e il suo presidente, Pehr Gyllenhammar, presidente del concorso. L’evento fu un grande successo per cui la connessione tra Volvo e Coppa del Mondo apparve subito come soluzione naturale agli occhi di chi stava pensando al nuovo circuito mondiale. Fu il cavaliere tedesco Paul Schockemöhle ad avvicinare Gyllenhammar per introdurre il progetto alla sua attenzione; il colloquio andò benissimo, tanto che la sera del 31 agosto 1978 nella sua abitazione di Goteborg il presidente della AB Volvo, dopo aver ascoltato attentamente la dettagliata illustrazione del programma generale esposta da Max Ammann, si alzò e strinse energicamente la mano al giornalista svizzero: «È fatta», disse semplicemente. Il 29 ottobre di quell’anno, a Washington, si disputò la prima tappa di Coppa del Mondo; il 5 novembre, ad Amsterdam, la prima tappa in Europa. Oggi, dopo quasi quarant’anni e dopo trentasette finali, non sarebbe più immaginabile il salto ostacoli senza la Coppa del Mondo. E forse proprio questa consapevolezza è il miglior riconoscimento possibile per il capolavoro di Max Ammann.

22 marzo 2016