Duccio Bartalucci: io la vedo così

Parla il nuovo selezionatore del salto ostacoli azzurro, l’uomo che la Fise ha scelto per avviare il dopo-Arioldi e impostare il lavoro in funzione della qualifica olimpica per Tokyo 2020. E c’è il dubbio Piazza di Siena…

Bologna, 16 dicembre 2017 – Duccio Bartalucci ha molte qualità: è stato un grande cavaliere, è un eccellente uomo di cavalli, è un gentiluomo, ha un’esperienza vastissima nel mondo dell’equitazione sportiva. Ma alla luce dell’incarico che si appresta a ricoprire, ci sono delle doti che precedono tutte quelle elencate: Duccio Bartalucci ha una pazienza infinita, una capacità di ascolto inesauribile, non conosce l’ira e la rabbia (o quanto meno non le manifesta), è disponibile alla comprensione dei problemi altrui oltre qualunque limite possibile, non cede mai alle provocazioni, sa gestire diplomaticamente al meglio qualunque tipo di rapporto e relazione. La Fise lo ha scelto come selezionatore azzurro all’interno di uno staff che comprende anche Giorgio Nuti come tecnico per la prima squadra e Marco Porro e Piero Coata come tecnici per il gruppo di cavalieri che comporranno le squadre seniores diciamo di seconda fascia.

Si aspettava di essere scelto per questo incarico?

«Un po’ di tempo fa c’era stato un sondaggio nei miei confronti, ma a puro scopo informativo, e non da parte del vertice della Fise. Mi dissero: se non si rinnova il contratto con Roberto Arioldi tu te la sentiresti… Io ho risposto: no! Io speravo che potesse rimanere Roberto, ed eventualmente essere a mia volta coinvolto diciamo a livello di gestione manageriale, ma non certo per fare quello che poi alla fine mi è stato proposto di fare. Io credo che se proprio vogliamo trovare qualche mancanza in questi ultimi due anni, la potremmo trovare nella struttura e nel management di supporto a Roberto Arioldi. Comunque in seguito non ho più sentito niente e ho pensato che si fossero concretizzati altri progetti. Poi invece di recente mi ha contattato Marco Di Paola chiedendomi se fossi disponibile a fare questa cosa. Io ho detto, beh… è un po’ diverso da come mi era stato prospettato, fammici pensare 24 ore… ».

Ci ha pensato e ha detto sì. Cosa l’ha convinta?

«Il discorso che mi ha rasserenato è che… Allora, nel salto ostacoli è come camminare su un cornicione… e a 65 anni, 66 l’anno prossimo, mi farebbe piacere avere almeno una rete… La prima volta che ho ricoperto questo ruolo nel 1998 il cornicione era assolutamente senza rete, ma io avevo un’altra età, era appunto la prima volta… Però quando mi hanno detto che non avrei dovuto abbandonare le altre discipline non olimpiche per le quali mi verrà dato anche un aiuto, e che comunque per il salto ostacoli ci sarebbe stata una struttura e uno staff di supporto con Giorgio Nuti e con Marco Porro… ma soprattutto quando mi sono reso conto che c’è la volontà di elaborare un progetto a lungo termine, ecco… allora mi sono convinto. E ho detto sì».

Il lungo termine in cosa consiste?

«Per come la vedo io il mio impegno deve svilupparsi durante questi due anni per andare a cercare la qualifica olimpica, più il terzo anno chiaramente se le Olimpiadi le centriamo. Ma se malauguratamente non dovessimo centrare l’obiettivo olimpico sarebbe anche giusto che la Fise cominciasse a lavorare con altre persone e altre prospettive. Diciamo che due anni me li vorrei giocare impegnandomi come sempre mi sono impegnato quando mi hanno dato un incarico da assolvere».

Nel comunicato della Fise in cui si annuncia il nuovo organigramma per il salto ostacoli si legge che Giorgio Nuti sarà il tecnico della prima squadra seniores solo per quei cavalieri che lo richiederanno…

«Sì, infatti, Giorgio Nuti non è un’imposizione. Faccio un esempio: è ovvio che Giorgio non dovrà andare a dire a Jan Tops e ad Alberto Zorzi tu devi fare così o cosà… però ci sono anche situazioni nelle quali tecnicamente noi possiamo ipotizzare di fare dei miglioramenti. E laddove ci fossero cavalieri che non hanno situazioni di assistenza o comunque dove c’è la possibilità che l’intervento di Giorgio possa servire a determinare un effettivo miglioramento, ecco che il ruolo del tecnico, cioè di Giorgio, può rivelarsi determinante… Un po’ quello che ho fatto io negli anni in cui ho avuto Hans Horn. Poi Giorgio ha grandissime capacità e gode di una grandissima considerazione. Può darsi che i cavalieri di prima fascia siano perfettamente autosufficienti, però la mia idea è di lavorare un po’ come abbiamo lavorato alla fine degli anni Novanta inizio Duemila, quando abbiamo fatto emergere i due Chimirri, Grossato, Frana, Minardi, Toscano, Pitzianti… ne uscirono una valanga all’epoca».

Praticamente lo schema Bartalucci/Horn sostituito con Bartalucci/Nuti.

«Sì, esatto».

Quali saranno le prime cose che farà da un punto di vista operativo?

«Mercoledì faremo un primo incontro con lo staff: io, Giorgio Nuti, Marco Porro, gli uffici, Marco Bergomi, Francesco Girardi eccetera. Dopodiché sto studiando tutte le situazioni che possono essere utili per avere una conoscenza il più ampia possibile: dalle computer list ai curriculum di un numero abbastanza ampio di cavalieri. Il più rapidamente possibile vorrei ricevere dalla Fei l’indicazione delle gare che dobbiamo fare… e quello sarà un primo passo importante per organizzare una programmazione. Comunque il problema principale è capire quando possiamo cominciare. Io mi auguro che noi si possa cominciare con Roma, e mi auguro che Roma sia una tappa delle otto della Prima Divisione. Ma questa è una speranza. La certezza l’avremo entro i primi quindici giorni di gennaio. A quel punto formuleremo un progetto che avrà dei riscontri oggettivi».

Come sarebbe a dire si augura che Roma sia… una delle otto tappe della Prima Divisione! Ci sono dubbi… ?

«Eh sì. C’è una criticità. Al momento quello che so è che il Coni e la Fise stanno colloquiando con la Fei su questa situazione. La Fei ha aumentato le imposizioni e i vincoli, e quindi sono diminuite le possibilità di movimentazione economica autonoma. C’è un dialogo in corso, su questo».

Ma il cambio del terreno da sabbia in erba ha messo in allarme la Fei per caso? Era stata la Fei a suo tempo a pretendere la sabbia…

«No no, non è un problema del terreno. La Fei, a fronte di un supporto economico abbastanza contenuto a favore dei comitati organizzatori, pretende di imporre delle limitazioni fortissime».

In sostanza la Fei offre poco e pretende molto…

«Sì, esatto. Questo è il concetto».

Torniamo alla sua operatività.

«Sì. Un’altra delle cose che cercheremo di fare velocemente è individuare una prima e una seconda fascia di cavalieri di interesse per il Campionato del Mondo e per le Coppe delle Nazioni della stagione. E con tutti loro vorrei incontrarmi al più presto, diciamo entro la metà di gennaio».

Dovrà vedersi anche con Jan Tops e Stephan Conter, probabilmente…

«Sì, certo, assolutamente. Voglio andare a parlare con loro, e andare anche a trovare Emanuele Gaudiano e Piergiorgio Bucci, e anche Antonio Alfonso che secondo me è un cavaliere di grande qualità da tenere in debita considerazione».

Anche perché ovviamente sarà fondamentale che Tops e Conter ci stiano vicino…

«Eh sì. Sì, certo. Oggi con Giorgio ho condiviso un pensiero, che è questo. Io vorrei cominciare con lo stesso metodo che ho adottato nel 1998. Quella volta io sono partito con due certezze dentro la mia testa: Guido Dominici e Jerry Smit. E con loro ho fatto un discorso molto chiaro fin dall’inizio. Quando io ho fatto il cavaliere e ho partecipato al Campionato del Mondo e d’Europa sono arrivato lì sempre imprecando per come era stata condotta la mia preparazione e quella della squadra per quell’evento, certo del fatto che si sarebbe potuto fare molto ma molto meglio. Allora la mia intenzione è di andare in queste due scuderie, da Tops e da Conter, e dire che per me Lorenzo de Luca e Alberto Zorzi sono l’asse portante della squadra nazionale, e siccome loro conoscono sicuramente meglio di chiunque altro le prerogative e le caratteristiche dei loro cavalli, devono essere responsabilizzati e indicarmi loro partendo a ritroso dal nostro traguardo principale, cioè il Campionato del Mondo, quali sono le tappe ideali per arrivare al meglio a questo evento. Esattamente come allora feci con Guido e Jerry: Guido non voleva fare Aquisgrana, un campo difficile per le caratteristiche del suo Friso, e infatti è andato a Dublino, invece Jerry Aquisgrana la voleva fare perché riteneva che per il suo Constantijn fosse un banco di prova interessante. Intanto questo è un modo per coinvolgere molto i cavalieri mettendoli a loro agio. Il programma che Guido e Jerry avevano fatto mi sembrava avere una certa logica, così invece di imporre io delle situazioni sulle quali magari loro si sarebbero sentiti a disagio, cosa molto controproducente dal punto di vista psicologico, ho lasciato che fossero loro a decidere».

Sì, allora però la situazione era molto diversa. Adesso c’è una frequenza di gare serratissima, e soprattutto tali gare sono proprio quelle a cui sono interessati i titolari di quelle scuderie… Difficile pensare che Tops conceda a Zorzi di non fare una tappa del Global Champions Tour per rispettare le esigenze della Fise…

«Bisogna trovare un equilibrio tra le due situazioni. A parte il fatto che Zorzi e de Luca sono gli unici azzurri che hanno più di un cavallo a disposizione per le grandi gare, a parte questo io penso e confido che per il prestigio delle loro scuderie, e per il loro target commerciale perché anche questo ha la sua importanza, Tops e Conter stessi abbiano tutto l’interesse che i loro cavalieri arrivino a disputare il Campionato del Mondo al meglio delle possibilità, al di là della simpatia che possono avere per la squadra italiana. Io conosco entrambi da una vita: sono persone capaci e razionali. Diciamo piuttosto che la cosa che veramente non mi auguro è che a un certo punto arrivi lo sceicco di turno con dieci milioni di euro pronti per acquistare qualcuno di quei cavalli di vertice, per poi volerselo montare lui… In effetti dovremmo avere un piano B anche in tal senso, però capisco come funziona il mondo… non è che possiamo pensare di dare 50 mila euro per impedire che il cavallo venga venduto a 10 milioni, ovviamente… ».

Qual è la sua preoccupazione principale all’esordio in questo suo nuovo incarico?

«Ma non direi preoccupazioni. So benissimo di cosa si tratta. Non sarà una passeggiata di salute, però credo che stiamo vivendo un momento in cui l’Italia ha delle ottime potenzialità. E quando ci sono le potenzialità bisogna cercare di ottimizzare la situazione. Se non vinci quando hai le potenzialità, beh… non ci riuscirai di certo in un’altra occasione. Io mi auguro e spero che noi si riesca a fare un buon lavoro di squadra per sfruttare al meglio queste potenzialità. Poi nello sport si vince e si perde, è normale. Però noi dobbiamo avere una mentalità positiva, consapevoli del fatto che tra quelli che possono ambire a qualche cosa ci siamo anche noi».

Ha già parlato con Giorgio Nuti, al di là degli incontri ufficiali?

«Ci siamo già parlati due volte oggi. La cosa più importante sulla quale abbiamo ragionato è questa. Chiaramente nel 2018 l’obiettivo numero uno sono i Weg. E dobbiamo cercare di arrivarci bene, non con i cavalli in fase calante: dobbiamo arrivarci con una preparazione giusta e motivati per riuscire a fare un buon risultato. Noi per la qualifica olimpica abbiamo due possibilità: i Weg e il Campionato d’Europa del 2019. Ma è ovvio che dobbiamo giocare d’attacco sui Weg, anche se sappiamo che oltre alle squadre europee forti abbiamo le squadre degli altri continenti, nazioni pericolose. In linea teorica dobbiamo ammettere di avere più possibilità di qualifica nel Campionato d’Europa 2019, che comunque rimarrebbe come ultima possibilità se ai Weg non ce la dovessimo fare. E quindi proprio in tale prospettiva ho discusso con Giorgio il fatto che l’anno prossimo non dobbiamo assolutamente sottovalutare la Prima Divisione di Coppa delle Nazioni: se malauguratamente alla fine del 2018 dovessimo retrocedere in Seconda Divisione, vorrebbe dire affrontare nel 2019 la prospettiva del Campionato d’Europa senza la possibilità degli Csio di Prima Divisione per potersi preparare. E nel 2018 le squadre della Prima Divisione saranno dieci con tre retrocessioni a fine stagione… Quindi tutto ciò ci costringe a una grande attenzione anche alla Prima Divisione nel 2018».

Lei e Roberto Arioldi vi siete sentiti?

«Sì certo. Gli ho raccontato tutto. Ma con Roberto abbiamo un rapporto bellissimo: abbiamo fatto anni e anni di gare e di Coppe insieme, poi quando io sono stato il selezionatore lui è stato cavaliere della squadra, poi abbiamo lavorato insieme in Fise… Ma poi nello sport gli avvicendamenti sono normali: magari in futuro me ne vado io e ritorna lui, chi lo sa… !».