I furori di Nicoletta, o della multidisciplinarietà in campo equestre

Una amazzone e una istruttrice ma anche una guidatrice di trotto, e anche una driver a più classiche redini lughe: perché ciò che l’insegnate è, come diceva Kierkegaard, è più importante di ciò che insegna

 

Darfo Boario Terme, 24 maggio 2018 – Nicoletta Danieli è nata a Venezia, ha studiato filosofia a Ca’ Foscari e fa l’istruttrice di equitazione.

Ma più che per quello che fa, Nicoletta è speciale per quello che è: una tempestosa appassionata, che lavora con tenacia e capacità di approfondimento da anni attorno ai cavalli e dentro l’equitazione, gustandosela in tutte le sue sfaccettature – tuffandosi nei testi dei maestri classici per studiarne la teoria, ma mettendo tutto alla prova ogni giorno sul campo, in sella…e non solo: di qui questo suo sfogo, che riteniamo interessante e utile da condividere con voi.

Buona lettura!

Multidisciplinarietà

Etienne Beudant, Extérieur et haute école, 1921. 

E’ da questo libro scritto da Beudant, ufficiale di cavalleria della scuola di Saumur, che vorrei partire per questa mia riflessione.

Innanzi tutto bisogna ricordare che trascorse gran parte della sua carriera in reggimenti di cavalleria nel Nord Africa e che i cavalli che si trovava ad addestrare, come è d’uopo nell’uso militare, dovevano servire innanzi tutto a compiti pratici (tiro pesante, servizi di pattuglia, servizi postali). 

Prima cosa da notare è che Beudant fu introdotto al baucherismo dal generale Faverot de Kerbrech, corrente di pensiero che al giorno d’oggi è collegata soprattutto a Philippe Karl, idolatrato da tanti, inviso ai più ma comunque, indubbiamente persona nell’immaginario comune avulsa dalla realtà.

Eppure Beudant, fedele all ‘”incredibile Maestro” di cui ha posseduto indubbiamente il metodo “semplice e logico”, riuscirà a ottenere risultati meravigliosi  ma soprattutto utili con tutti i suoi cavalli. 

La sua opera testimonia dunque che la ricerca della leggerezza  è tutt’altro che la frivolezza che immaginiamo oggi pensando ad una spalla in dentro o a un’appoggiata (fatte per deliziare gli occhi di incontentabili delle giurie)… ma anzi serviva a rendere i cavalli più forti e sicuri in tutto quel che dovevano fare, in generale più rispondenti agli ordini nella perfetta integrità del loro equilibrio psicofisico

Tutto questo oggi si è perso.

Chi pratica dressage raramente prepara un lavoro sul salto o viceversa (solo per fare un esempio), e quel che ci ritroviamo ad essere è, nel migliore dei casi, dei perfetti specialisti ignoranti di quanto esula dal nostro settore.

Lo specialismo cui va incontro il cavallo è dunque direttamente proporzionale allo specialismo del cavaliere il quale, sentendo anche solo nominare pratiche addestrative attinenti ad altre discipline, rabbrividisce e chiude ogni comunicazione. 

Non mi stancherò mai di dire, però, che ciò che ci deve guidare nella scelta dell’addestramento del nostro cavallo (perchè ricordiamolo, non esiste un modo neutro di montare o guidare un cavallo, chiunque su di lui lascia un’impronta e pertanto migliora o degrada) è innanzi tutto la logica e la ricerca dell’economia dei mezzi per il migliore dei risultati. 

Massima apertura mentale dunque alla multidisciplinarietà: è davvero ingenuo credere che se una persona monta in dressage, sia il caso che eviti di saltare o andare in campagna per non assumere una brutta posizione; così come è ridicolo credere che guidando un sulky si diventi incapaci di guidare una carrozza in una prova coni. La conoscenza parte dall’esperienza ma si arricchisce con la teoria e la capacità di adattarsi alle diverse situazioni: questo è ciò che rende un cavaliere più o meno capace, più o meno completo.

Certo, è innegabile che per poter spaziare nelle diverse discipline con un minimo di costrutto sia necessaria una solida base, ma questa non deve essere fatta da pregiudizi, bensì da linee guida coerenti. 

Alla fine delle redini, siano esse lunghe, cortissime, morbide, con maniglie o di corda c’è sempre una bocca, la stessa identica che il cavallo porta con sè per saltare, passeggiare, galoppare a 60 km/h o fare un piaffe. 

I risultati poi arrivano, sia quelli visibili da tutti, sia quelli squisitamente privati, gli uni non meno importanti degli altri… 

Perciò il mio appello a non avere paura di essere tacciati da incoerenti, a non aver paura di sperimentare purchè si rimanga desti, logici e umili.

Nicoletta Danieli