Incendi: ce ne sarebbero meno se (anche) cavalli e asini pascolassero di più

In questo autunno arido e anomalo continua l’emergenza incendi dell’estate: ma quanti problemi in meno ci sarebbero se il nostro territorio fosse più pascolato? cavalli e asini sanno darci una mano anche in questo campo

Torino, 30 ottobre 2017 – Gli incendi stanno devastando la Val di Susa, anche se è autunno: colpa dei piromani bastardi in primis, dei mesi senza pioggia che hanno riarso prati e boschi e – last but not least – dell’abbandono del nostro territorio montano e collinare.

Che  è sempre più abbandonato e sempre meno curato, meno utilizzato e vissuto da chi fino alla metà del secolo scorso lo manteneva vivo e vitale: allevatori, agricoltori, tagliaboschi, carbonai, pastori e anche cavalli, asini, pecore, muli, vacche, maiali e capre.

Perché equini, ovini, bovini e suini mantenevano i pascoli ben rasati, impedivano il dilagare dell’erba secca e del sottobosco incontrollato – tutto quello che alimenta gli incendi nei periodi di siccità, insomma – ed erano quindi un argine al degrado idrogelologico e alle fiamme più o meno accidentali.

Adesso di bestie che pascolino qusti terreni difficili ce ne sono poche, pochissime rispetto a quelle che li abitavano fino a cinquant’anni fa: perchè agricoltori e allevatori sono dovuti andare via dalla montagna per sopravvivere, e non ci torneranno se il farlo non potrà garantire loro un ritorno economico.

Noi che viviamo nel 2017 non ce ne rendiamo nemmeno conto, ma fino alla Seconda Guerra Mondiale il paesaggio delle nostre colline e delle nostre montagne era molto, molto diverso: i boschi erano meno fitti e più puliti, luminosi anche in profondità grazie all’allevamento brado, le colline erano più curate e meno preda delle forti precipitazioni per lo stesso motivo.

Dovremmo incentivare molto di più il lavoro e gli investimenti di agricoltori ed allevatori nelle zone collinari e montane tramite un sostegno attivo di Coldiretti, APA, AIA e via dicendo: il territorio sarebbe  molto meno facilmente preda degli incendi che in questi giorni stanno riempiendo le pagine di cronaca, non lasciate alla mercé del primo piromane che passa.

Sarebbero vive: e in questo aiuterebbero anche i cavalli e gli asini e tutti gli altri buoni pascolatori d cui parlavamo prma, di solito razze autoctone che costituiscono anche un vero e proprio tesoro di biodiversità animale: da ricordare anche a chi sembra voglia ridurre gli animali a soprammobili e mettere all’indice gli allevatori come se fossero assassini.

Non ci credete? provate a vedere la velocità e la cura con la quale una coppia di asini è capace di rasare il terreno di un uliveto, o come sono belle le colline e i prati sui quali pascolano i cavalli: un cavallo di buona mole e buon pascolatore come un Franches Montagnes, ad esempio, garantisce la cura di un ettaro e mezzo di terreno l’anno.

Aggiornamento: preso uno dei piromani, ha 15 anni