La Giostra dei Ventimiglia rievoca la storia medioevale della Sicilia

A Geraci spettacolari gare di sapore cavalleresco hanno ricordato il tempo in cui lo storico borgo fu capitale di  una contea fondata dagli Svevi, rimasta nei secoli indipendente e fiera come l’anima della sua gente 

Palermo, 24 agosto 2018 – Si è svolta a metà agosto nello stadio del Comune di Geraci, in provincia di Palermo, la spettacolare Giostra dei Ventimiglia, quest’anno arrivata alla 30esima edizione, manifestazione equestre storico-folkloristica, che rievoca le tradizioni di quella che fu la prima contea normanna in Sicilia.

Geraci a partire dal 1062 divenne la “capitale” di questo comprensorio, di cui nel tempo arrivarono a far parte ben 35 Comuni, tra i quali Cefalù, Castelbuono, Gangi, Tusa, Petralia Soprana e Petralia Sottana, e così via.

All’edizione 2018 della Giostra dei Ventimiglia hanno partecipato, oltre a un folto pubblico sugli spalti dello stadio, cavalieri e sindaci, ciascuno in rappresentanza dei diversi Comuni dell’antica contea.

La Giostra, articolata su diverse prove a cavallo, ha visto i contendenti gareggiare nel gioco della della lancia, degli anelli (da infilare al galoppo)  e della rosa (da cogliere, nonostante le spine, lanciati di gran carriera). 

Alla fine il vincitore  è risultato Antono Biundo in sella a Genny, femmina Araba, per il Comune di Pollina, il secondo classificato Giovanni Corradino per il comune di Geraci Siculo, il terzo Alessandro Leonarda per il comune di Polizzi Generosa.

La premiazione dei cavalieri, di fronte ai Sindaci dei Comuni rappresentati, è stata effettuata dal principe Alduino Ventimiglia di Monteforte Lascaris, discendente dell’antichissima casata (il primo titolo nobiliare le fu assegnato nientemeno che da Carlo Magno che, come si legge nell’antica documentazione storica conservata alla Bilioteca Comunale Sormani di Milano, diede loro inizialmente il feudo di Ventimiglia, da cui il nome).

Era infatti la casata dei Ventimiglia che un tempo reggeva questa contea siciliana. Alduino Ventimiglia di Monteforte è lo stesso che da trent’anni sta cercando di salvare dall’estinzione gli ultimi cavalli di razza Persano (di cui mantiene una trentina di capi, tra splendide fattrici, stalloni e puledri), un paio dei quali sono stati recentemente “arruolati” dal Reggimento Lancieri di Montebello, di stanza a Tor di Quinto, Roma. Dunque un personaggio, Alduino Ventimiglia di Monteforte, dedito su più fronti alla salvaguardia del patrimonio allevatorio, storico e culturale legato al mondo del cavallo del nostro Paese.    

Brevi cenni storici. “Canto l’arme, l’onor, la vanagloria dei Ventimiglia / Signori di Sicilia”: questi gli antichi versi riportati sulla locandina del convegno “Nuove opportunità e prospettive per i Beni culturali”, tenuto il 18 luglio scorso al Museo Naturalistico Francesco Minà Palumbo-ex Convento di San Francesco di Castelbuono e sostenuto dall’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana. 

Come testimoniato da quei versi il nome dei Ventimiglia attraversa l’intera storia siciliana e che vi “giostra” in modo emblematico fino ai giorni nostri. La conquista Normanna della Sicilia risale al 1062,  e dal 1064 il borgo di Geraci, in seguito alla battaglia di Cerami, fu concesso in feudo da Ruggero I al nipote Riccardo Serio I d’Altavilla. Fu in epoca sveva che il borgo e il suo territorio entrarono nell’orbita della famiglia Ventimiglia: nel 1258 Enrico II Ventimiglia, membro della Casa reale di Federico II di Svevia, sposò la contessa normanna Isabella e fu nominato Conte di Geraci, che divenne la capitale della contea. Durante il regno di Corrado II questa allargò i propri confini, includendo Collesano, Petralia Superiore e Inferiore, indi Gratteri e Isnello. Il conte Enrico ottenne beni e palazzi anche nella città vescovile di Cefalù. Nel 1270 gli Angioini divisero i territori della contea e ne e concessero parte agli invasori provenzali. Ma durante la Guerra del Vespro Enrico II e suo figlio Aldoino (o Alduino, nome ricorrente ancor’oggi nei discendenti dell’antico casato) guidarono il partito svevo-aragonese nella ribellione contro Carlo I d’Angiò, e riconquistarono il controllo dell’intera contea. Essa a poco a poco divenne un vero e proprio “stato nello stato”, giungendo ad amministrare la giustizia e a coniare proprie monete. 

Nel 1419 la capitale del cosiddetto  “stato delle Madonie” fu trasferita da Geraci a Castelbuono per volere del conte Giovanni I Ventimiglia. Nel 1430 Alfonso d’Aragona concesse alla contea il diritto ereditario di piena giurisdizione penale. Nel febbraio-marzo 1436 la Contea di Geraci diventa Marchesato, ponendo il signore di Geraci al primo posto per rango del Parlamento Siciliano. Secoli dopo, nel 1813, il principe Giuseppe Ventimiglia di Belmonte fu arrestato a Palermo per aver difeso la costituzione e la libertà del Regno di Sicilia. Liberato dagli inglesi, nel 1814 venne mandato dal Parlamento siciliano al Congresso di Vienna per difendere l’autonomia dell’Isola, ma venne assassinato e la Sicilia ricadde in mani borboniche.

Oggi l’ultimo ramo rimasto dei Ventimiglia continua a interessarsi delle sorti dell’antica contea.   

 

I