Ottantamila firme per dire no alla carne di cavallo

Va avanti la petizione di che chiede il riconoscimento per tutti gli equidi come animali d’affezione, con politiche di pensionamento dei soggetti “a fine carriera”

Roma, maggio 2015 – Stop alla macellazione equina. Sono quasi ottantamila di “Essere Animali” le firme che chiedono al Ministero della Salute di vietare la carne di cavallo. Una petizione che ormai è diventata una guerra di trincea in un Paese che, con il Sud, ne è il più grande consumatore d’Europa. Una guerra di logoramento che chiede di mettere fine alla filiera della morte, per le modalità in cui si reitera senza interventi decisivi.

Un anno fa l’associazione no-profit pubblicava un video-denuncia (molto cruento) che metteva a nudo le dinamiche della tratta dei cavalli destinati al mercato alimentare, sempre più spesso provenienti dall’est, Romania, Ungheria, Polonia, vittime di un traffico clandestino che si innesta, senza controlli, sui circuiti legali. Animali ammassati giorni prima di essere caricati maltrattati, in condizioni di disidratazione e denutrizione. Viaggi estenuanti, lunghissimi, nel caldo e nello sporco. Cavalli che muoiono per sfinimento, sotto il peso e i ferri degli altri, stipati nei camion, prima ancora di arrivare all’ultima destinazione: la mattanza. Sofferenze a cui si aggiungono i rischi dell’importazione di malattie endemiche, alcune rischiose anche per l’uomo.

Oltre ai cavalli allevati ai fini della macellazione, la crisi del comparto ippico ed equestre va ad aggravare la situazione, con un incremento di casi di soggetti macellati a “fine carriera”, per mezzo di un diffuso aggiramento della regolamentazione dpa che permette, di fatto, la riconversione sulla documentazione di cavalli non macellabili.

Con l’intero movimento che chiede l’abolizione della produzione e vendita di carne di cavallo cerca, quindi, di ottenere per tutte le specie degli equidi il riconoscimento come animali d’affezione, con campagne di sensibilizzazione indirizzate al pensionamento di animali sportivi e non, senza alcuna distinzione, all’interno di strutture in grado di accoglierli nel rispetto etologico del loro benessere, con paddock e spazi verdi dedicati. In una società che si riempie la bocca della parola sostenibilità, l’attenzione verso le condizioni di vita degli animali sono la cartina tornasole di un Paese civile.

Firma anche tu la petizione 

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4 maggio 2015