Per la Francia, che è grande e forte…

…come i suoi Percheron: noi parliamo di cavalli, in un giorno come questo vogliamo pensare ai più forti, ai più grandi e ai più gentili creati dai cugini d’Oltralpe. No, non cugini: oggi sono fratelli.

Milano, novembre 2015 – Noi non siamo un quotidiano o un periodico di attualità: noi siamo un magazine che parla di cavail e di equitazione, e a questo dobbiamo limitarci anche in giorni tremendi come questo, e come ieri. Per questo vogliamo pensare a una delle tante sfaccettature della Francia più bella – grande, forte, ma capace di essere anche gentile, come i suoi Percheron.

Percheron: le Grand Chic

Tanto. Se pensate a un Percheron, è il primo aggettivo che vi riempie la testa: tanto grande, tanto potente, tanto elegante. Tanto leggero e gentile, tanto famoso che il suo nome è sinonimo di cavallo da tiro, proverbialmente conosciuto come l’unico «sangue caldo» dei cavalli pesanti per quel tocco di orientale che lo addolcisce così evidentemente, e tanto amato in tutto il mondo. Un vero successo sotto tutti i punti di vista questo gran cavallo, figlio dell’antica Contea del Perche. Oggi suddivisa nei quattro dipartimenti de l’Orne, l’Eure e Loir, Sarthe e Loire et Cher questa regione è situata nella parte più settentrionale della Francia centrale, territorio ricchissimo di boschi e pascoli e acque, sostenuto da un sottosuolo calcareo coperto di terre argillose e favorito da un clima temperato. Luogo ideale per l’agricoltura e l’allevamento, da sempre: così tanto da confondere storia e leggenda quando si tratta di risalire ai primi antenati dei suoi bons chevaux.

Si racconta di giumente catturate da Clodoveo I ai bretoni nel 496 d.C., di cavalli arabi abbandonati dopo le invasioni musulmane del VIII° secolo: ma è più probabile che fu l’occhio esperto degli allevatori a cercare scientemente i soggetti più adatti a migliorare le loro fattrici di tipo bidet, rustiche e di sostanza. Certamente furono facilitati dal fondamentale aiuto dei conti di Perche: nel 1099 tornarono dalle Crociate portandosi dietro molti stalloni orientali, e più tardi importarono cavalli spagnoli dalla Castiglia. Sino al XVIII secolo l’antenato del Percheron era un cavallo molto più piccolo e leggero di quelli che conosciamo adesso, più influenzato da sangue berbero e arabo; ma questi sultani raffinati erano sempre corretti dall’impronta solida delle giumente locali. Oltre agli ingredienti genetici, furono fondamentali per la creazione del Percheron le caratteristiche peculiari dell’ambiente naturale dove viveva (per questo che i francesi preferiscono studiare i vari tipi equini suddividendoli per dipartimenti di provenienza), e le cure prestate alle varie fasi di allevamento: ricchi pascoli, nutrimento abbondante, aria sana e tanto lavoro hanno formato in poco più di un secolo di cure costanti un cavallo forte, solido, potente ma allo stesso tempo veloce ed elegante e molto appetibile commercialmente, visto il prezzo concorrenziale che avevano sul mercato. All’inizio del XIX secolo si può dire cominci la storia del Percheron che conosciamo oggi: si aprono strade più moderne, migliorano le tecniche di costruzione degli attacchi, c’è più bisogno di prima di cavalli da tiro e veloci carrozzieri e gli allevatori della Perche sanno di avere in scuderia quello che serve a produrre i soggetti che tutti richiedono. In più nel 1823 nasce Jean-le Blanc, stallone grigio figlio dell’arabo persiano Gallipoli. Amatissimo dagli allevatori dell’Orne, Jean-le Blanc lasciò un numero di figli impressionante e di ottima qualità: morì a 32 anni, quando tutti gli allevamenti più importanti possedevano il suo sangue incrociato a quello delle migliori fattrici indigene, Bretoni, Boulonnais dei dintorni che gli erano state presentate. I Percheron, potenti e dalle andature leggere, divennero i cavalli da diligenza più ricercati: esportati ovunque nel mondo, costituivano da soli il 62% dei soggetti impiegati nei primi 35 anni della Società parigina degli Omnibus – per l’esattezza 45.601 soggetti, non uno di più e non uno di meno. La loro capacità di spostare su strada pesi notevoli ad una veloce andatura li rendeva preziosi per le poste, i trasporti merce, le diligenze e gli attacchi privati. Potevano trottare instancabili per 60 km. al giorno, nemmeno l’avvento della ferrovia riuscì a scalfire la loro importanza perché rimanevano comunque indispensabili per la movimentazione delle merci all’interno di città e paesi, e trovarono ottimo impiego anche nei lavori agricoli. Dalla metà del secolo in poi gli allevatori cominciarono ad appesantirne il modello, cedendo alla richiesta di cavalli più imponenti e pesanti: una moda che venne sempre osteggiata dai più lungimiranti ippologi. Vedevano il pericolo di perdere le caratteristiche peculiari di un cavallo che sapeva unire forza e sostanza ad una leggerezza senza confronti tra i sui diretti concorrenti. Intanto erano arrivati i primi anni del 1900, probabilmente il periodo di maggior splendore della razza. Un ottimo stallone poteva essere venduto anche a 25.000 franchi, continuavano le esportazioni in tutto il mondo: indicativo che i Percheron fossero esportati addirittura in Inghilterra, patria delle altre razze pesanti di maggior successo, e contendessero le strade di Londra a Shire e Clydesdale. Ne vennero arruolati anche un buon numero nell’esercito inglese, che li trovava particolarmente adatti ai terreni difficili in quanto privi dei balzoni agli stinchi, così difficili da tenere puliti in condizioni di emergenza e per di più molto calmi e coraggiosi anche sui campi di battaglia, tra spari e cannonate. Finita la Grande Guerra, il Percheron torna al lavoro: l’agricoltura ha bisogno di lui, e gli stalloni sono richiestissimi all’estero per migliorare le razze pesanti. E’ in patria che compaiono le prime avvisaglie di crisi: l’Ardennese rosicchia favori grazie alla sua stazza più pesante (erano gli anni in cui si cominciava a diffondere l’ippofagia), anche se il vero e proprio declino comincerà solo a metà degli anni ’50. Finite le carestie di carburante post-belliche che lo rendevano ancora così utile in agricoltura, il suo destino sembra legato alla produzione di carne: si ricerca un modello più pesante e il bel Percheron di una volta non esiste quasi più. Eppure ancora una volta gli allevatori francesi sono riusciti a restaurare l’impero di questo principe tra i cavalli da tiro: il 2 settembre del 1983 la gloriosa Società Ippica del Percheron organizza il primo corso di attacchi da lavoro per i suoi soggetti, aprendo così la strada al loro nuovo utilizzo come cavalli per il tempo libero. Da lì è partita la loro rinascita, da quel momento l’obiettivo degli allevatori è stato quello di tornare a cavalli dal modello più simile al tradizionale, ricercando quell’unione di forza, leggerezza e coraggio che da sempre è la cifra del successo de les bons chevaux du Perche. Come recita la loro chanson (scritta dalla canadese Fabienne Thibauld ) possiamo leggere sul loro mantello i lavori delle quattro stagioni, hanno donato il loro cuore la loro anima e tutti i loro figli proprio a noi, gli uomini. Per noi hanno trattenuto la loro grande forza, saprebbero ancora l’arte di aiutarci e hanno bisogno di lavorare. Cerchiamo loro cose da fare, boschi da pulire, bambini da mettergli in groppa: ci insegneranno la strada, questi vecchi e saggi cavalli senza rabbia e senza rancore ma così orgogliosi del loro nome e della loro terra, perché sono Percheron.

L’importanza di una grande famiglia.

Il primo Percheron arrivò in America nel 1839, ma ne seguirono presto moltissimi altri: ricercatissimi per il traino pesante sulle piste del lontano Ovest, la loro importazione proseguì costante per tutto il secolo, incrementata dalle stragi di cavalli causate dalla Guerra di Secessione. Da oltreoceano erano molto richiesti i soggetti del tipo più leggero, e gli allevatori francesi destinavano loro molto spesso i soggetti dal manto morello. L’allevamento americano produceva in proprio un buon numero di cavalli ma tornava regolarmente nella douce France per approvvigionarsi di nuovi riproduttori. Fu proprio a causa delle sofisticate pretese yankee che i francesi diedero vita, nel 1883, al proprio Stud Book della razza Percheron: gli americani pagavano di più i soggetti con genealogia certificata, e nel 1876 a Chicago avevano già fondato una Società Normanno-Percheron. Da questi Percheron a stelle e strisce si è attinto, nell’ultimo secolo, per rinsanguare e far tornare allo splendore originale il Percheron di Francia: e la salvezza della razza è passata anche attraverso di loro, i cugini d’America.

La scommessa di Julien

In un qualche giorno del regno di Luigi XVI, ben prima delle tempeste della rivoluzione, due notabili del Perche si recarono in carrozza a Versailles a chiedere l’esenzione da una certa tassa per la Contea . La carrozza (niente di lussuoso) era trainata da due dei loro tipici cavalli e li guidava Julien, un giovane valletto. Una volta arrivati a corte, Julien viene provocato dai lacché del Duca d’Orléans che prendono in giro la sua rustica pariglia magnificando i soggetti inglesi del duca. L’orgoglio percheron fa scintille, e Julien scommette con gli inglesisti che i suoi cavalli stracceranno quelli ducali in regolar tenzone. Il suo padrone, cavalier de Fontenay, non solo sostiene la sfida ma da buon conoscitore dei suoi animali ci mette del suo, facendo caricare la carrozza di un bel numero di pietroni in granito. Il giorno dopo i due attacchi vengono comparati, quello del duca portato allo stesso peso dell’altro e finalmente la gara ha inizio: passeranno da Maintenon e dal castello di Noailles, quasi una giornata di viaggio. La pariglia del Duca scatta fremente, i due grigi del Perche partono tranquilli di bel trotto: e ovviamente saranno loro a tornare vincitori, demolendo i più scattanti ma infinitamente meno resistenti inglesi. E i Percheron non vinceranno solo la sfida, ma anche il favore reale: dopo questa prova verranno individuati come i cavalli ideali per il nascente servizio di posta francese, e da lì comincerà la loro fama. Potrebbe sembrare una favola di La Fontaine: ma è la cronaca di un fatto realmente accaduto e i protagonisti erano proprio i generosi, coraggiosi bidets à la mode du Perche del valletto Julien.

Quando si dice le physique du rôle.

L’altezza dei Percheron varia da 1,60 a 1,85 m. al garrese per un peso che può arrivare sino ai 1200 kg., gli unici mantelli ammessi dallo standard francese sono il grigio e il morello. In Francia sono preferiti i cavalli di grande taglia, e il mantello più ricercato è il grigio pomellato. La nobiltà è il tratto più caratteristico del suo aspetto in contrapposizione al resto delle razze pesanti, dalle quali si distingue anche per la finezza di pelle e crini. Ne esistono due tipi: il Percheron da tiro pesante (tradizionalmente con finimenti a collana, di alta taglia e peso superiore ai 700 kg. impiegato con successo per i lavori agricoli, la pulizia dei boschi ed eccellente per il traino di carichi importanti al passo) e il cosiddetto diligencier (ottimo per traino veloce, al trotto, più leggero dal punto di vista morfologico e con la spalla meno inclinata), molto diffuso in America. Entrambi sono però accomunati da andature molto delicate rispetto alla loro mole, e da un carattere invariabilmente dolce, coraggioso, pieno di volontà. Sono reputati cavalli intelligenti e disponibili, molto adattabili ai climi più diversi ed estremamente longevi.