Sequestrato macello equino a Varese: evadeva le regole sulla tracciabilità delle carni

Il macello dell’azienda Riccato Corrado Bruno è stato posto sotto sequestro: è stato trovato ancora una volta in violazione della normativa sulla tracciabilità delle carni vendute al pubblico, che ne garantisce la provenienza e quindi la storia clinica. Che cavalli erano quelli senza microchip  e documenti, da dove provenivano, quale la loro storia?

Varese, 17 agosto 2018 – Profondo nord, la ricca provincia lombarda: mica te lo aspetti che una azienda come la Riccato Corrado Bruno di Busto Arsizio, uno dei più importanti macelli equini della regione con tanto di recensioni entusiaste su internet relative alla qualità dei prodotti venduti sia posta sotto sequestro per avere nuovamente evaso la normativa relativa alla tracciabilità degli animali che venivano macellati.

Perché non era la prima volta che succedeva, c’erano già stati altri episodi in passato e per questo motivo la Riccato Corrado Bruno era una osservata speciale da Carabinieri del Nucleo Forestale e i veterinari dell’Ats Insubria: che l’hanno ritrovata in fallo proprio nei mesi scorsi, decidendo la Procura della Repubblica a chiedere ed ottenere dal Gip del Tribunale di Busto Arsizio il sequestro dell’azienda.

Nello specifico: gli inquirenti hanno ritrovato all’interno dell’azienda cavalli privi di qualsiasi documentazione,

Macellavano cavalli senza la relativa documentazione e rivendevano le carni per il consumo umano senza che se ne potesse sapere la provenienza, le eventuali patologie e i farmaci che avrebbero assunto gli equini.

L’ultimo episodio che ha convinto gli inquirenti ad intervenire in maniera decisa è stato registrato il mese scorso quando l’azienda è stata colta nuovamente in fallo: al suo interno infatti sono stati trovati cavalli senza documentazione alcuna, dei quali quindi non si conoscevano  provenienza e storia sanitaria, macellati e venduti al pubblico.

Queste carni non erano sottoposte al controllo obbligatorio da parte dei veterinari dell’Asl, che si sarebbero altrimenti accorti della mancanza di documenti: erano quindi anche privi di questo ulteriore controllo di garanzia obbligatorio per legge per ogni tipo di carne posto in vendita e destinato all’alimentazione umana.

A queste carcasse veniva accuratamente asportata la parte cervicale, quella dove si trova solitamente il microchip identificativo che in Italia è obbligatorio per tutti i cavalli, Dpa o Non Dpa che siano; ritrovata anche documentazione di accompagnamento degli animali macellati falsificata.

Al proprietario dell’azienda sono stati contestati il reato di uccisione di animali, detenzione per il commercio di sostanze alimentari nocive e frode nell’esercizio del commercio.

Quindi che cavalli sono passati per il bancone di questa azienda verso i piatti e le pentole dei suoi clienti?

Gli allevatori di cavalli da carne seri hanno tutto l’interesse a vedere riconosciuto il loro prodotto e sottostanno a rigide regole di rintracciabilità, compresa quella dei prodotti medicinali eventualmente somministrati ai loro animali: i cavalli senza documentazione quindi arrivano da un altro mondo, ma quale?

Quello dei cavalli rubati? quello dei cavalli sportivi non più utilizzati ed utilizzabili, per cui la certificazione Non Destinato alla Produzione Alimentare diventa una figlia di fico che copre procedure ben note a chi ha la forza e l’interesse di farsi gli affari propri in barba alle normative vigenti che garantiscono la salute pubblica? 

Ribadiamo, a costo di essere didascalici, che nella carne di questi cavalli senza documentazione potrebbe esserci qualunque schifezza farmacologica e chimica.

Qui la fonte della notizia, da Varese News