Tanta voglia di Italia

I cavalieri azzurri ultimamente sono stati riconosciuti come punti di riferimento da ambienti estranei al nostro sport: quello di cui abbiamo sempre sentito la mancanza, e che arriva solo nel momento in cui arrivano anche i risultati

Luglio 2016 – All’inizio degli anni Ottanta a Londra c’erano degli enormi cartelloni pubblicitari sparsi per la città che promuovevano una marca di whisky. La scena era semplicissima: un cavallo fotografato di profilo su sfondo completamente bianco e dietro di lui David Broome appoggiato al suo dorso con in mano la bottiglia di whisky tenuta in piedi sulla schiena (del cavallo). Ebbene, Matera non è Londra e Gaudiano (nativo di Matera) non è David Broome, d’accordo: ma l’iniziativa del comune della città della Basilicata – quella di affiggere i grandi manifesti con Emanuele Gaudiano ritratto in sella a Caspar per celebrare la partecipazione alle Olimpiadi di Rio – è quasi la stessa cosa. Anzi, è di più: perché Broome era utilizzato quale testimonial per un prodotto commerciale, invece Gaudiano su quei manifesti non ci sta per vendere qualcosa, bensì ‘solo’ per promuovere l’immagine di un atleta in procinto di affrontare i Giochi Olimpici. Il significato è ben più nobile, quindi. Però c’è un elemento in comune: la riconoscibilità del protagonista. A Londra l’idea era quella di affidare all’immagine di un campione conosciuto universalmente e trasversalmente il compito di promuovere un prodotto; a Matera il senso è quello di identificarsi tutti nell’immagine di un concittadino che sta per fare qualcosa di grandioso. A tutto questo poi possiamo aggiungere anche la richiesta che un consigliere comunale di L’Aquila, Alessandro Piccinini, ha avanzato al sindaco del capoluogo abruzzese Massimo Cialente: tributare un riconoscimento pubblico all’aquilano Piergiorgio Bucci in ragione di una carriera lunga e ricca di successi. Per non dire del fatto che in occasione della giornata di warm-up del concorso svizzero di Crans Montana (mercoledì 27 luglio) tutti gli addetti ai lavori non facevano che parlare con ammirazione e addirittura quasi soggezione del formidabile exploit compiuto da Lorenzo de Luca nello Csio di Dublino.

Ecco, tutto questo è semplicemente bello. Bello: come una cosa che fa sorridere di piacere, che fa sentire nel cuore quella emozione rara, che fa rallentare il respiro, che ci fa sentire tutti parte di un qualcosa. Sì, non bisogna aver paura di dichiarare con sincerità un proprio sentimento: Emanuele, Piergiorgio e Lorenzo montano a cavallo per passione, quella stessa passione che abbiamo tutti noi che viviamo dentro il mondo di questo sport, loro sono italiani come tutti noi siamo italiani e quindi il processo di identificazione è ovvio e automatico. Loro sono l’apice, la punta di quel vertice al quale tutti abbiamo guardato fin dal momento in cui abbiamo mosso i primi passi: chi da ragazzino non ha sognato le Olimpiadi o Aquisgrana o Piazza di Siena? Loro ci sono arrivati e noi – più o meno inconsciamente – proiettiamo in loro il nostro essere ragazzini con i nostri sogni, le nostre paure e i nostri desideri. Naturalmente non è solo nel momento in cui le cose vanno bene che si avverte tutto questo: ma quando le cose vanno eccezionalmente bene la gioia è tale da farci scardinare anche quei paletti di razionalità entro i quali ci si deve talvolta sforzare di muovere analisi tecniche e critiche e di cronaca. Quante volte abbiamo rimarcato con disappunto il fatto che all’Italia manchi un grande vincitore, un personaggio capace di fare per l’equitazione quello che Tomba ha fatto per lo sci oppure Luna Rossa (e le sue sorelle) per la vela… un riferimento, insomma, anche per la gente comune, per i non addetti ai lavori. Tutti noi sappiamo e abbiamo sempre saputo che i nostri cavalieri sono forti, ma non abbiamo mai avuto (negli ultimi trent’anni, quanto meno) manifesti appesi sui muri di una città con qualcuno di loro ritratto, o politici che propongono riconoscimenti pubblici, o gente che a bordo campo parla di un cavaliere azzurro come di una specie di marziano…

Certo, bisogna comunque stare calmi e non lasciarsi andare a facili entusiasmi: domani a Hickstead c’è una Coppa delle Nazioni che potrebbe farci esultare ancora una volta come pure farci disperare. Ma proprio per questa ragione scriviamo adesso queste note e non domani a gara conclusa oppure lunedì a concorso (Hickstead) terminato. Perché quel risultato comunque non potrà condizionare né nel bene né nel male il senso di questi pensieri. Sappiamo bene che non siamo – noi Italia del salto ostacoli, si intende – nella situazione di poter dire che i nostri problemi sono risolti. Arriveranno anche altre brucianti sconfitte, questo è certo: soprattutto per il fatto che, tanto per fare un paragone un po’ grossolano, la Germania ha almeno quindici binomi in grado di vincere un difficile Gran Premio internazionale senza sollevare sorpresa e stupore, mentre noi attualmente meno della metà. A noi basta avere un binomio fuori forma o un cavallo infortunato per essere in uno stato di crisi: Olanda, Germania, Francia hanno possibili alternative in grado di scongiurare qualunque mancanza. Soprattutto qui sta la differenza tra noi e il resto del mondo che conta: quantità di risorse utilizzabili ora e subito.

Però l’equilibrio e la razionalità se ci impediscono i facili entusiasmi, in egual modo non possono inibirci l’obiettiva considerazione di ciò che è positivo. La ‘bella’ situazione che stiamo vivendo ha una data di inizio: 21 dicembre 2015. Il giorno in cui Emanuele Gaudiano su Admara ha vinto il Gran Premio di Coppa del Mondo di Londra Olympia. Un successo sensazionale in un luogo di sport sensazionale. Poi passiamo al 10 maggio 2016: Emilio Bicocchi su Ares vince il Gran Premio a Mannheim, altro colpo pesantissimo! Andiamo quindi al 25 giugno: Emanuele Gaudiano su Caspar vince il GP del Global Champions Tour a Montecarlo, ma come se non bastasse Piergiorgio Bucci con Casallo gli è alle spalle in seconda posizione… Una situazione di classifica da ubriacarsi di gioia, ma che dire del fatto che solo qualche giorno più tardi, il 9 luglio, Piergiorgio Bucci con Casallo vince il GP del Global a Estoril? Roba da non credere, mai visto niente del genere, in tutta sincerità… E poi arriva l’esplosione finale: l’Italia con zero penalità totali compreso il barrage vince la Coppa delle Nazioni a Dublino il 22 luglio con Bucci, de Luca, Bicocchi e Chimirri, e Lorenzo de Luca due giorni più tardi conquista il Gran Premio dopo aver vinto in precedenza altre quattro gare!

Come si vede una continuità sbalorditiva per quel piccolo ristretto numero di binomi che in questo momento possono tenere testa onorevolmente a chiunque. E’ proprio la continuità il fatto da mettere in evidenza, addirittura più ancora del peso di ciascuna di queste splendide affermazioni. Certo, di mezzo c’è stata una Piazza di Siena fallimentare, e in estate dello scorso anno un Campionato d’Europa nel quale non siamo riusciti a prendere la qualifica alle Olimpiadi: certo, non bisogna nascondercelo. Ma adesso bisogna far quadrato e valorizzare al massimo e al meglio le risorse attuali: speriamo che domani a Hickstead il risultato sia positivo, naturalmente; e poi soprattutto teniamo le dita incrociate per Emanuele Gaudiano a Rio de Janeiro: lui e Caspar hanno tutto per poter fare un buon risultato, perfino un eccellente risultato. Ma se domani le cose dovessero andare come non ci auguriamo, e se a Rio qualcosa dovesse andare storto, beh… nulla di tutto ciò potrebbe modificare l’evidenza positiva di quello che sta accadendo ed è accaduto in questo recente arco di tempo. Un arco di tempo che ci ha dimostrato nella realtà quello che spesso si è sostenuto: l’Italia ha bravissimi cavalieri, e ci riferiamo non solo a quelli citati ma anche a un serbatoio che contiene un buon numero di nomi di primissima qualità; il punto è che sono pochi quelli in grado di poter contare oggi su risorse utili a emergere ad alto livello internazionale. Ma le risorse si costruiscono anche con l’entusiasmo, con la voglia, con la disponibilità al sacrificio, con il desiderio di condivisione, con la pazienza e la comprensione, con la tolleranza e l’incoraggiamento. Da parte di tutte le componenti che vivono all’interno del nostro sport indistintamente: e non solo di chi mette fisicamente il sedere in sella.

28 luglio 2016