Verso Rotterdam: Bruno Chimirri

Parla l’uomo che rappresenta l’anima della nostra squadra nazionale sia che stia in sella, sia che stia a piedi: ecco come il cavaliere azzurro si avvicina al Campionato d’Europa ormai alle porte

Bologna, martedì 13 agosto 2019 – L’uomo squadra. Bruno Chimirri ragiona così: la squadra prima di tutto, il gruppo prima di tutto, il noi prima dell’io. Talmente tanto uomo squadra da essere scelto dal c.t. Duccio Bartalucci per fare le sue veci (lui indisposto e Marco Porro impegnato in altra competizione) in occasione proprio della prima delicatissima prova dell’Italia in Prima Divisione di Coppa delle Nazioni quest’anno, quella dello Csio di San Gallo, in Svizzera: dove il ruolo del capo squadra è stato rilevante – se non proprio determinante – per le strategie di gara. E in tale circostanza il capo squadra non poteva che essere Bruno Chimirri…

Ma anche in sella il ruolo di Bruno Chimirri è stato spesso quello più delicato del quarto a partire nelle gare di Coppa delle Nazioni: il ruolo di chi deve fissare il risultato, di chi deve dare il colpo di grazia agli avversari, di chi deve gestire la situazione con nervi d’acciaio e spirito di fuoco. Una consapevolezza talmente assoluta da portare anche alla rinuncia: quest’anno Duccio Bartalucci aveva inserito Bruno Chimirri e Tower Mouche nel quartetto di Coppa delle Nazioni nello Csio di Roma, ma è stato poi lo stesso cavaliere azzurro ad autoescludersi dalla formazione titolare sentendo di non avere Tower Mouche al meglio della forma. Lui, che nel 2018 come ultimo a partire aveva messo il timbro sulla seconda vittoria consecutiva dell’Italia in Coppa delle Nazioni in Piazza di Siena.

Nato a Catanzaro il 13 novembre del 1971 Bruno Chimirri ha esordito in Coppa delle Nazioni nel 1996 totalizzando a oggi 49 presenze nella squadra nazionale, comprendendo anche quelle nei campionati internazionali. Quello di Rotterdam sarà il suo terzo Campionato d’Europa dopo quelli di Donaueschingen 2003 e San Patrignano 2005 (entrambi in sella a Landknecht), il quarto campionato internazionale calcolando l’Olimpiade di Atene 2004 (Landknecht). Tower Mouche (francese nato nel 2007 da Diamant de Semilly x Bleu Blanc Rouge II) è cresciuto sotto la sua sella a partire dalle gare per i cavalli giovani e fino ad approdare ai massimi livelli del salto ostacoli internazionale.

Come arriva Bruno Chimirri al Campionato d’Europa di Rotterdam?

«Non come ci arriva Bruno Chimirri, direi piuttosto come ci arriva l’Italia. Perché ci arriviamo in una ottima condizione. Penso che la squadra abbia già dimostrato tutto il suo valore centrando uno degli obiettivi più importanti della stagione, anzi, forse il più importante, cioè la permanenza in Prima Divisione. Quest’anno abbiamo dei binomi che sul campo hanno eloquentemente dimostrato di poter puntare a un buon Campionato d’Europa, ma soprattutto al secondo obiettivo più importante della stagione, cioè la conquista della qualifica olimpica per Tokyo 2020».

Il c.t. Duccio Bartalucci ha fatto un gran lavoro con la gestione di tutte le nostre risorse a disposizione…

«Quest’anno più che mai il lavoro del tecnico è stato difficile: perché i binomi potenzialmente in grado di fare parte della squadra nazionale per il Campionato d’Europa, dimostrandolo sul campo, sono ben più di cinque. È sempre difficile per un tecnico dover fare la selezione in questi casi, però credo anche che qualunque tecnico del mondo preferisca avere problemi di… abbondanza».

Qual è lo stato di forma del suo Tower Mouche in questo momento?

«Diciamo che quest’anno Tower a causa di problemi miei è partito un po’ tardi: durante il Toscana Tour io mi sono fatto male a un muscolo adduttore e dunque per cinque settimane il mio cavallo non ha fatto un gran lavoro, quindi quando sono ripartito mi sono trovato un po’ indietro rispetto alla ideale tabella di marcia. Ma poi abbiamo raggiunto molto rapidamente il meglio della forma: e adesso siamo pronti».

Rotterdam sarà il suo quarto campionato internazionale: come lo considera nel confronto con gli altri tre?

«Il mio ultimo è stato il Campionato d’Europa di San Patrignano nel 2005: sicuramente quattordici anni di vita vissuta fanno vedere le cose in prospettiva diversa e soprattutto significano più maturità e più consapevolezza. La differenza sta nel fatto che quei miei primi campionati internazionali sono stati vissuti in modo quasi inaspettato, non sono stati il frutto di una programmazione precisa e mirata… ».

Approfondisca il concetto…

«Nel 2001 ho iniziato a montare Landknecht perché Blandine Roux (amazzone francese, ex moglie di Bruno Chimirri, n.d.r.) con il cavallo aveva qualche problema e nel giro di un anno mi sono trovato catapultato in un’equitazione per me totalmente nuova… ed è venuto tutto di seguito, quasi a precipizio, una cosa dopo l’altra… la Coppa delle Nazioni a Linz, poi a Lucerna, poi ad Aquisgrana dove sarei dovuto essere il quinto invece mi sono trovato a essere quarto, poi la finale mondiale del circuito di Coppa delle Nazioni a Donaueschingen dove abbiamo vinto qualificandoci così per le Olimpiadi di Atene… insomma, tutto un sistema di gare e di campionati internazionali che non nasceva da un’organizzazione e da un programma mirato specificamente a quello… ».

Questa volta invece?

«Questa volta invece tutto nasce da un modello completamente diverso. Quando ho deciso di ripartire con lo sport in prima persona e di smettere di seguire allievi e clienti perché mi mancava un po’ l’equitazione di alto livello, e quindi dopo un certo periodo di lontananza dalle grandi gare, ho voluto iniziare da capo facendo quello che probabilmente dovrebbero fare tutti, soprattutto facendo quello che non avevo fatto allora: ho trovato dei cavalli giovani molto interessanti, ho iniziato a lavorare su quelli e tra di loro ho programmato quello che secondo me era il migliore per arrivare allo sport di altissimo livello, cioè Tower. Tower è cresciuto in maniera regolare e costante senza mai sbagliare più di tanto: ecco perché dico che a Rotterdam, a differenza delle altre volte, arrivo secondo un programma molto ma molto mirato».

Facciamo il classico giochino dei pronostici: chi sarà il grande protagonista del Campionato d’Europa di Rotterdam?

«Di sicuro ci sono tre squadre che stanno due spanne più in alto di tutte le altre: Svezia, Svizzera e Germania. Sono squadre fortissime. La Svezia lo ha dimostrato vincendo tutto l’anno: ha a disposizione cavalli e cavalieri che sono davvero eccezionali, fortissimi. La Svizzera a ogni campionato arriva a medaglia. E la Germania con il ritorno in nazionale di Christian Ahlmann e Daniel Deusser sarà fortissima calcolando che gli altri due sono Simone Blum e Marcus Ehning. Marcus Ehning se io fossi il c.t. tedesco lo metterei in squadra sempre, a prescindere dai risultati: solo per poter andare in giro per il mondo e dire ecco, noi in Germania abbiamo un cavaliere che monta così… »

E l’Italia? Duccio Bartalucci dovrà poi decidere i quattro titolari e la riserva tra i cinque della squadra…

«Questo è il lavoro molto difficile del tecnico, la sua responsabilità. Il mio lavoro invece è quello di cercare di fare il meglio possibile come cavaliere in sella al mio cavallo: poi se sarò all’altezza di fare il campionato lo farò felice di farlo, e se invece non sarò tra i quattro titolari me ne starò a piedi per aiutare i miei compagni a fare del loro meglio in campo».