La transumanza è patrimonio dell’umanità: se salviamo anche pastori e allevatori, ovviamente

Transumanza, corrreva l'anno...2016. Foto di Maria Cristina Magri
Roma, 11 dicembre 2019 – Gaudium magnum, habemus  un altro patrimonio culturale immateriale dell’umanità in terra italica: è la transumanza, che 
il Comitato intergovernativo dell’Unesco riunito a Bogota’, in Colombia ha aggiunto ai suoi elenchi (l’iter era cominciato nel 2018).
Il fatto che questa antica pratica di migrazione stagionale del bestiame sia stata riconosciuta a livello internazionale è una ottima cosa: ci saranno maggiori probabilità di valorizzarla e quindi proteggerla.
Ma sarebbe ipocrita non rendersi conto che al di là del riconoscimento Unesco, per custodire la transumanza occorre proteggere allevatori e pastori: senza di loro , quindi senza una reale attenzione verso le necessità e i bisogni di una agricoltura e di un allevamento di frontiera come sono quelli che si praticano nelle zone montane e marginali, quelle più vocate ad ospitare mandrie, branchi e greggi pascolanti e in movimento (veri baluardi della biodiversità, tra l’altro), il bollino Unesco corre il rischio di essere appiccicato a qualche simulacro poco realistico.
Un paio di  note al volo, prima di andare a festeggiare questa buona notizia: una è che degli altri due patrimoni immateriali dell’umanità italiani, la vite ad alberello della comunità di Pantelleria e l’arte dei muretti a secco, il secondo è presente negli stessi territori (vedi l’altopiano delle Murge) che storicamente sono solcati dai tratturi, le grandi vie delle transumanze.
L’altra è che siamo felici per tutti gli amici che con fatica, testardaggine e pazienza continuano a tenere viva la cultura dei cavalli da lavoro col bestiame e le tradizioni di ogni angolo della nostra bellissima terra: dai Regi tratturi del centro e del sud Italia, che vanno dagli Abruzzi alle Marche al Lazio e alla Puglia ma anche quelli dell’area alpina, dal Piemonte alla Lombardia all’Alto Adige senza contare tutti quelli che, in sella ai loro cavalli, continuano a spostare mandrie e greggi in Toscana, in Sardegna e così via.
Un sistema che parte dagli allevamenti (circa 60.000 quelli che vivono di pastorizia) ed è di fondamentale importanza per il suo valore sociale, economico, storico e ambientale ma che si sta contraendo, e ha perso un milione di capi ovini nell’ultimo decennio: ricordiamocelo quindi, che questo patrimonio immateriale è fatto di pecore, cavalli, vacche (e anche persone) in carne e ossa.
Infine, la “Transumanza. Il movimento stagionale del bestiame lungo gli antichi tratturi nel Mediterraneo e nelle Alpi” è stato un progetto presentato dall’Italia in collaborazione con Grecia e Austria: che fare rete è in fondo il concetto fondamentale delle transumanza stessa.
E vi ricordate TransUmando?