Gabriele Grassi e la celebrazione della provenienza


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Bologna, mercoledì 20 novembre 2019 – Noi andiamo a un concorso ippico e vediamo in campo ostacoli cavalli e cavalieri che saltano. Fanno tutti lo stesso percorso cominciando dal primo ostacolo e finendo all’ultimo. I cavalieri sono vestiti tutti più o meno nello stesso modo, nel senso di cap stivali giacca… Anche i cavalli sono vestiti tutti più o meno nello stesso modo, nel senso di sella testiera stinchiere. Sembrano tutti uguali uno all’altro. Ma sono davvero tutti uguali uno all’altro? Ovviamente no. Le differenze però non sono date dal fatto che uno può essere più bravo dell’altro, più bello dell’altro, più forte dell’altro, no… La differenza la fa la storia. La storia di ognuno di loro. La storia che ciascuno di loro si porta dentro essendone contemporaneamente il prodotto: e che come effetto conseguente fa sì che nessun cavaliere sia uguale all’altro e che nessun cavallo sia uguale all’altro. «Io volevo arrivare dove sono arrivato, ma sto bene dove sono arrivato soprattutto perché non dimentico da dove vengo: il mondo dei butteri, della Maremma, del cavallo maremmano è molto diverso da quello del salto ostacoli internazionale, più… carnale, più sentito. Dormire dentro il box del proprio cavallo, legare i cavalli fuori di casa alla staccionata, farsi ogni giorno spostamenti di chilometri in sella… insomma, è una cosa diversa. Io oggi posso vivere bene il mondo che frequento solo perché dentro di me c’è la Maremma, ci sono i butteri, c’è quello spirito. Perché dentro di me c’è mio nonno e tutto quello che lui mi ha insegnato». Il nonno. Il nonno di Gabriele Grassi. Una figura di riferimento che con la morte della persona non sbiadisce, anzi: si evidenzia e si rafforza nel passare del tempo. «Tutto è cominciato grazie a lui, il papà di mia mamma, che aveva un maneggio e che poi in vecchiaia ha creato un piccolo allevamento a casa nostra, a Talamone. Zona di gente di cavalli, di butteri, zona di Maremma, insomma. E mio nonno era un maremmano vero. Lui portava la fattrice alla stazione di monta facendosi trenta, quaranta chilometri in sella per andare e altrettanti per tornare, per dire. Io ho iniziato a montare a cinque anni grazie a mio nonno con una cavalla allevata da lui: si chiamava Gloria, come mia mamma. Mia mamma montava a cavallo da giovane, con i cavalli del nonno, poi però ha smesso quando sono nato io. Papà invece con i cavalli non c’entrava nulla. Papà e mamma avevano e hanno tuttora un negozio di commercio di alimentari, frutta e verdura. Così io ho cominciato a montare alla buttera, con mio nonno. Cascavo di sella tutti i giorni… prendevo delle botte tremende… ». Dal giorno in cui Gabriele Grassi cadeva prendendo delle botte tremende a oggi sono successe per lui tante cose: una vita di cose belle e di cose brutte, di cose facili e di cose difficili, di soddisfazioni e di sacrifici, di movimenti e di immobilità. Tante cose. Anche un Campionato del Mondo con la squadra azzurra, a Lexington, negli Stati Uniti, nel 2010: un’esperienza che non molti cavalieri possono dire di aver vissuto in carriera. Quindi un’esperienza significativa per un atleta e per uno sportivo… Ma per Gabriele la cosa più importante in assoluto rimane il… nonno, nel senso dello spirito delle cose, più che il loro accadere: il significato che le anima. E’ stato questo fondamentalmente il tema portante di un evento che Gabriele Grassi ha voluto organizzare la sera di lunedì scorso al Centro Ippico La Pinetina (a Limido Comasco, provincia di Como) per celebrare il proprio quarantunesimo compleanno, ma più che altro per celebrare tutto ciò che nella sua vita lo ha reso ciò che è oggi: a partire proprio dalla Maremma e dai butteri. Uno spettacolo in cui è rientrato tutto: l’etologia, lo sport, la passione, la gara, il rapporto privato e personale con il cavallo, i desideri, i sogni, l’amicizia, le fatiche, le soddisfazioni. Il tutto condiviso con un folto gruppo di invitati tra i quali nomi importanti dello sport italiano (si è perfino rivisto un grande campione come Francesco Bussu in sella!). Una bella, bellissima iniziativa. Un modo certamente particolare e originale da parte di Gabriele Grassi per rendere omaggio non certo a sé stesso, bensì a ciò che gli ha consentito di essere ciò che lui è oggi: «Oggi io sono felice. Però so che tecnicamente devo fare ancora molta strada. Me ne accorgo soprattutto considerando quante cose nuove riesco a imparare ogni giorno: e allora mi rendo conto che il cammino è ancora lungo. Ma è una consapevolezza che mi dà un grande entusiasmo». Dice Gabriele Grassi: «Io volevo arrivare dove sono arrivato, ma sto bene dove sono arrivato soprattutto perché non dimentico da dove vengo». Perché noi quando andiamo a vedere un concorso ippico vediamo tanti cavalli e tanti cavalieri fare la stessa cosa: ma ognuno di loro porta dentro sé stesso una storia unica e non ripetibile.