Inclusione: mi chiamo Jack e voglio fare salto ostacoli


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Bologna 8 dicembre 2021 – L’inclusione nello sport è un tema sempre molto sentito. E quando si arriva a parlare di agonismo, soprattutto quello equestre, si entra in un ambito in cui le barriere risultano ancora meno comprensibili. Ci sono due atleti, l’uomo e il cavallo, c’è lo sport e c’è la determinazione di voler raggiungere un obiettivo. Discorso che vale, esattamente allo stesso modo, per ‘normo’ o ‘para’. In questi giorni, dal Canada, e per la precisione dalle scuderie di Amy e Ian Millar, è partita la coraggiosa petizione di Jack Goldberg che vuole fare salto ostacoli. Jack è un sedicenne che, ancora nel grembo materno, ha sofferto di un ictus. A 10 mesi gli è stata diagnosticata una paralisi cerebrale infantile e ancora oggi convive con epilessia, grave scoliosi e una emiplegia che inibisce il movimento sul lato destro del suo corpo. Però, oltre a tutto ciò Jack ha anche un sogno. E una volontà di ferro nel perseguirlo. «Jack è un cavaliere migliore rispetto a molti tra quelli che ho seguito nella mia carriera» afferma Amy Millar, che insieme al marito Ian, icona storica dell’equitazione olimpica canadese, si occupa del suo addestramento. «Non si arrende mai e lavora come un matto».
Una petizione per l'inclusione
E torniamo quindi alla petizione di Jack. Lui chiede che il salto ostacoli venga incluso nelle specialità paralimpiche perché, come tutti gli atleti, il suo sogno è a cinque cerchi. «A 11 anni (Jack monta da quando ne aveva 6, ndr) ha preso parte al Campionato Provinciale concorrendo con i normodotati e ha vinto. Dieci tappe su dieci…» racconta Whitney, la mamma di Jack. Oggi Jack si allena e monta a livello internazionale in Florida e in Kentucky, ed è Ian Millar, aka Capitan Canada, a dare un responso che non lascia dubbi. «È un cavaliere che ha un dono. I cavalli lo amano e lavorano volentieri per lui. In sella è stabile e fermo. Sa esattamente cosa sta facendo e ha un buon tempismo. Ha un equilibrio impeccabile. È un piacere guardarlo». Nonostante le lusinghiere parole del suo olimpionico coach, la strada per la petizione di Jack non è breve. In prima istanza dovrà passare attraverso le federazioni di Canada e Stati Uniti. Quindi essere raccolta dal Comitato Paralimpico internazionale. Potrebbero volerci degli anni, ma per Jack, non fa differenza. Per lui è una questione di inclusione, di eguali possibilità per affermarsi nel ‘suo’ sport. E dalla sua ha tutto il mondo equestre. Para e normo.