Winkler: un oro tra sofferenza e miracolo

Stoccolma 1956: ecco il racconto di un’impresa davvero epica che ha condotto il campione tedesco al titolo olimpico individuale grazie alla straordinaria Halla, nonostante la sua quasi impossibilità di rimanerle in sella…

Bologna, 9 luglio 2018 Nel giorno della scomparsa di Hans Guenter Winkler ci sembra quanto mai opportuno proporre questo brano tratto dal libro “D’Inzeo: due fratelli, una leggenda” (Ed. Grafiche Zanini per Fondazione Vittorio Orlandi, Bologna 2017): qui si racconta l’accaduto del giorno in cui sono state assegnate le medaglie individuali e a squadre alle Olimpiadi di Stoccolma 1956.

Arriva il giorno del Gran Premio delle Nazioni, il 17 giugno 1956. (…) Piove. Terreno – ovviamente in erba – molto scivoloso. Categoria a due percorsi tipo Coppa delle Nazioni dalla quale si formerà la classifica sia individuale sia di squadra. Il direttore di campo svedese Greger Lewenhaupt propone un tracciato di 775 metri per una velocità di 400 m/m. Il percorso – sviluppato su due linee longitudinali e due linee diagonali – si fa piuttosto difficile a partire dall’ostacolo numero 6, un verticale di 1.50 posto al bordo terminale di un fosso largo 2.15 (fin lì altezze e larghezze abbastanza contenute e linee ‘tranquille’). Poi una dirittura in diagonale: oxer 1.50×1.60×2.00, quindi verticale di tavole di 1.60, infine un arginello largo 2.20 alla base e sormontato da tre barriere a 1.56. Segue un’altra dirittura in linea longitudinale sul lato esterno del campo con riviera di 5.00, muro di 1.52, poi la doppia gabbia: oxer 1.40×1.45×1.60, cancello con barriera a 1.55, passaggio di sentiero 1.40×1.45×1.70. Quindi gli ultimi due ostacoli in dirittura sulla linea longitudinale opposta: muro di fascine a 1.60 e un muro sormontato da cancelli alto ugualmente 1.60.

Partecipano sessantasei concorrenti. I fuoriclasse più famosi, quelli che in sede di pronostico si pensano destinati alla contesa delle medaglie, sono i tedeschi Winkler e Thiedemann, naturalmente i fratelli d’Inzeo, il francese d’Oriola, lo spagnolo Goyoaga. Poi c’è un gruppo di campioni in fase di affermazione e che diventeranno di lì a poco grandi protagonisti internazionali: gli statunitensi William Steinkraus (già alla seconda Olimpiade, a dire il vero) e Frank Chapot, l’irlandese William Ringrose, l’argentino Carlos Delia, naturalmente Pat Smythe. C’è anche un ragazzo brasiliano ventenne che sta compiendo i primi passi sulla via di un formidabile futuro mondiale: Nelson Pessoa. Ma c’è anche un grande numero di concorrenti del tutto impreparati e inadeguati a un impegno del genere, evidenza che a Giochi ultimati farà molto discutere circa l’opportunità di creare o meno una selezione pre-Olimpiadi: ma il timore che una selezione o una qualifica che dir si voglia possa togliere speranze ai meno forti, allontanandoli quindi dal sogno di poter partecipare alle Olimpiadi, prevale sul desiderio di vedere in campo ostacoli solo atleti perfettamente a loro agio. In ogni caso al termine del solo primo percorso gli eliminati saranno diciotto (ai quali si aggiungono i sette del secondo), mentre al termine dei due percorsi i concorrenti compresi tra le 30 e le 101 penalità sono ben ventinove…

Alle nove della mattina del 17 giugno 1956 entra in campo il primo concorrente, il tedesco Alfons Luetke Westhues su Ala. Naturalmente tutti gli altri cavalieri sono lì a guardare, con l’emozione che cresce nel cervello e nello stomaco: alle sette di mattina tutti avevano effettuato la ricognizione del percorso, ma altro conto è vedere un cavallo saltare veramente su quelle difficoltà. Raimondo durante la visita del tracciato era rimasto impressionato dall’unico commento che aveva sentito produrre dalle affilate labbra di suo fratello Piero: «Madonna mia… ».

Luetke Westhues termina il percorso con quattro errori: tanti o pochi? «Il risultato di Ala sembrò deludente alla più gran parte degli spettatori, ma noi cavalieri sapevamo che probabilmente alla fine della giornata sarebbe stato considerato positivo… », riflette Hans Guenter Winkler raccontando di questa Olimpiade nel suo “Halla, my horses and I” (FNverlag, Warendorf, 2007).

(…) In effetti le barriere saltano come birilli. Fino al momento di Hans Guenter Winkler e della sua prodigiosa Halla. Il campione del mondo dovrà fare il campione del mondo, pensano gli spettatori, gli addetti ai lavori, gli avversari, i giornalisti… tutti, insomma. E in realtà succede proprio questo: Halla non tocca una sola barriera pilotata da Winkler con la consueta maestria, dimostrazione di una intesa e di una comprensione reciproca assolute e profonde. Fino all’ostacolo numero 14. Il penultimo ostacolo. Il muro di fascine alto 1.60. Lì l’avvicinamento non è perfetto, Halla arriva un po’ troppo al piede dell’ostacolo ed esplode una parabola in verticale al culmine della quale con una specie di secca contorsione della schiena, della groppa e degli arti posteriori riesce a evitare di toccare il limite superiore dell’ostacolo. Winkler si trova in una situazione quasi acrobatica e istintivamente e istantaneamente serra la stretta delle ginocchia per non perdere equilibrio e posizione in sella. Ma in quell’esatto momento sente improvvisamente mille lame d’acciaio che gli trapassano l’inguine da parte a parte togliendogli all’istante fiato e forza e vista… Halla si riceve dall’ostacolo e Winkler crolla su di lei completamente stordito da un dolore devastante che lo acceca e lo rende del tutto impotente. Per fortuna l’ostacolo successivo è in dirittura, ma il pubblico guarda attonito una scena lì per lì incomprensibile: il campione del mondo ha perso le redini, ha perso le staffe, galoppa sballottato sulla sella come un sacco inerte e inanimato piegato su sé stesso con le spalle ricurve e il volto stravolto da una smorfia orribile… cosa diavolo sta succedendo? Halla senza più controllo si precipita verso quell’ultimo ostacolo, quel muro che sostiene i due cancelli, e ovviamente salta ma andando a finire letteralmente dentro il cancello di sinistra che viene sradicato dai sostegni… Poi il traguardo e Winkler che tenta in qualche modo di rimettere la cavalla al passo ma continuando a rimanere rannicchiato su sé stesso come se gli fosse impossibile sollevare le spalle. Sono trascorsi solo pochi secondi e il risultato è il migliore dell’intera gara fino a questo momento, solo quelle 4 penalità che in condizioni normali non ci sarebbero state, ma nessuno applaude: tutti seguono in silenzio e con apprensione il passo di Halla raggiunta dagli uomini di campo che accorrono per aiutare Winkler. Ma il campione tedesco sa bene che se avesse fatto in qualche modo piede a terra sarebbe stato eliminato: ogni singolo movimento delle gambe di Halla provoca la torsione dei mille coltelli dentro le sue carni, ma lui riesce a resistere fino a che la cavalla non è completamente all’esterno dell’arena. Una volta lì Winkler si lascia finalmente andare alle braccia dei soldati svedesi che lo fanno scivolare giù di sella.

(…) Pausa per il pranzo, si riprende alle 16. Intanto si diffondono notizie allarmanti circa lo stato di salute di Winkler, anche se non del tutto precise: un’ernia inguinale, uno strappo addominale, una lesione di muscoli e legamenti… Il campione tedesco è frastornato dal dolore ma non tanto da non capire quello che dovrà fare di lì a poco: montare a cavallo a qualunque costo. Per il momento non è nemmeno da prendere in considerazione l’idea di allontanarsi dallo Stadio Olimpico per andare in ospedale: prima si finisce quello che si deve finire e poi si vedrà. Winkler è seduto con alle sue spalle Alfons Luetke Westhues che gli sostiene la schiena con le sue ginocchia, mentre la sua compagna Inge Fellgiebel gli toglie dai pantaloni la cintura con cui il dottor Willy Buesing – il veterinario della squadra tedesca – gli lega le ginocchia strettamente una contro l’altra. In questo modo Winkler riesce a trovare un leggero sollievo e quindi a riposare un po’. «Sapevo bene che evitare di farmi vedere da un dottore sarebbe stato l’unico modo per poter montare nel secondo e decisivo percorso. Dovevo montare a qualunque costo per evitare l’eliminazione della squadra. Ero ovviamente consapevole del fatto che il solo salire in sella sarebbe stato terribilmente doloroso e che affrontare un percorso come quello praticamente impossibile nelle mie condizioni. Ma la situazione era del tutto eccezionale. Per la prima volta la Germania nel salto ostacoli aveva la possibilità di vincere una medaglia d’oro. Pensare a una medaglia individuale ormai sarebbe stato solo ridicolo: il punto era capire se sarei stato in grado di entrare in campo e finire con il minor numero di errori possibile», racconta lo stesso Winkler nel suo libro autobiografico.

Quando è ormai evidente per tutti che Winkler non avrebbe inteso ragioni circa una possibile visita in ospedale, e che nemmeno avrebbe voluto farsi vedere dal personale sanitario e dai medici in servizio allo Stadio Olimpico se non dopo aver portato a termine in qualche modo il suo secondo percorso, il dottor Buesing decide il da farsi. Chiede a tutto il gruppo tedesco di farsi intorno a Winkler a guisa di paravento: poi inietta al campione del mondo una fialetta di morfina…

(…) Quindi arriva il momento decisivo. Winkler e Raimondo uno dopo l’altro. Il tedesco sta malissimo. Il capo équipe della Germania, Harald Momm, tenta il tutto per tutto e chiede ufficialmente al presidente di giuria, il colonnello Cavanillas, di poter ritardare l’ingresso in campo di Winkler o in alternativa di interrompere la gara per un breve intervallo nella speranza che le condizioni del campione del mondo possano anche solo lievemente migliorare: ma la risposta è ovviamente negativa in tutti i casi, inevitabilmente. Intanto però le condizioni di Winkler sono addirittura peggiorate; l’antidolorifico non solo non ha alleviato il dolore, ma ha sortito un effetto imprevisto e sconcertante: Winkler non ci vede più… non riesce più a distinguere il profilo delle cose e delle persone, davanti a lui solo delle masse scure che si muovono. Allora il dottor Buesing ordina che gli venga immediatamente somministrato del caffè forte e nero. Subito dopo Winkler viene issato in sella a una Halla che nel frattempo era stata mossa – ma senza fare un solo salto – dal suo groom. Arriva il momento. Winkler entra in campo al passo. Va verso la tribuna reale per salutare il re di Svezia. «La campana della giuria viene suonata e i minuti successivi diventano vera e propria leggenda», racconta il campione tedesco in “Halla, my horses and I”. «Con le redini lunghe ho preso un galoppo raccolto per dirigermi verso il primo ostacolo proprio come se stessi facendo un esercizio elementare. Ancora oggi non riesco a darmi spiegazione di come possa essere successo, eppure Halla ha avvertito che qualcosa in me non stava funzionando a dovere. Con la sua intelligenza quasi umana lei ha subito colto l’occasione: io ero in grado solo di indicarle la direzione, e tutto il resto lo ha fatto lei da sola». Lo spettacolo è terrificante: subito dopo il primo ostacolo Winkler viene aggredito dal dolore lancinante e così da quel momento in poi ogni salto gli strappa dalla gola un urlo incontenibile che nel silenzio dello stadio ammutolito risuona ancor più amplificato e quindi drammatico e angosciante. Nessuno parla e tutti non vedono l’ora che quell’agonia abbia termine. Winkler è trasportato da Halla, è sballottato in sella come chi in sella non ci è salito mai. Non guarda nemmeno, non ce la fa, con la vista annebbiata dal dolore e dai medicinali inutili: riesce ad avere quel minimo di lucidità necessaria per indicare a Halla la direzione e basta. Ed è così che Halla salto dopo salto e ostacolo dopo ostacolo porta a termine l’intero percorso senza toccare una sola barriera… Una magia? Un miracolo? Cosa è accaduto tra il suono della campana della giuria e il momento in cui Halla ha attraversato la linea del traguardo? Sia come sia, il risultato è il primo percorso netto fino a questo momento in entrambe le manches, il che vuol dire matematicamente due cose: Hans Guenter Winkler medaglia d’oro individuale, Germania medaglia d’oro a squadre!