Gianni Negro: vi racconto il mio Lorenzo de Luca

Parla il tecnico e istruttore che ha cresciuto il campione azzurro dai dieci ai diciotto anni, formandolo come cavaliere e come uomo di cavalli

Bologna, 19 novembre 2018 – «Lorenzo? È come se fosse mio figlio. E quando lui parla con me è come se stesse parlando a suo padre. Ci sentiamo ogni settimana, quando lui viene in Italia in concorso io lo raggiungo sempre, una o due volte all’anno lo vado a trovare in Belgio, se posso lo vado a vedere nei concorsi all’estero… ».

Quando Gianni Negro parla di Lorenzo de Luca nella sua voce si sente proprio la gioia e il bene. L’affetto che sta dentro il cuore. Perché dopo mamma e papà, Gianni Negro è la persona più importante nella vita di Lorenzo de Luca: l’uomo grazie al quale è cominciato tutto.

Quando ha incontrato Lorenzo la prima volta?

«È successo quando lui aveva dieci anni. Io gestivo un centro ippico in provincia di Lecce e un giorno mi si presentano loro due: lui e sua mamma».

Per prendere le prime lezioni?

«No, non esattamente. Lorenzo aveva già cominciato a montare in una scuoletta lì vicino. Aveva anche un cavallo, appena comperato, che però lo scaricava sempre a terra. Lo avevano preso per fare qualche passeggiata ma Lorenzo voleva saltare gli ostacoli, non fare le passeggiate, solo che questo cavallo era un purosanguetto un po’ caldo, molto poco adatto a un bambino: lo faceva impazzire, povero Lorenzo… ».

In quel momento Lorenzo che… tipo era?

«Guardi, so che potrebbe sembrare facile dirlo adesso, eppure glielo assicuro: che in lui ci fosse qualcosa di particolare era chiaro già in quei primi momenti. Per il resto, beh… era un ragazzino dal carattere meraviglioso: simpatico, bravo, aperto, in breve si è fatto voler bene da tutti».

Quindi cosa è successo dal momento in cui lui è arrivato da lei?

«Abbiamo cominciato a lavorare. Appena è stato possibile quel suo primo cavalluccio lo abbiamo cambiato con uno molto più adatto alla situazione, un cavallo bravo con il quale Lorenzo è arrivato a prendere i brevetti e poi il primo grado».

Ed è stato facile averlo come allievo?

«Come ho detto, appena l’ho visto in sella mi sono reso conto che Lorenzo aveva una predisposizione evidente, come se per lui fosse naturale stare su un cavallo. Ben presto me lo sono proprio preso in scuderia con me: a quel tempo oltre a fare l’istruttore avevo anche una piccola attività di commercio e così Lorenzo mi dava una mano a montare tutti i cavalli, tutti, di qualsiasi genere, dai più giovani ai più maturi, dai pony ai cavalli di statura… tutto».

E se la cavava bene?

«Bene… ? Guardi che stiamo parlando di un ragazzino prodigio: non solo non diceva mai di no e qualsiasi cavallo gli dessi da montare lui lo montava senza fiatare, ma qualsiasi cavallo gli dessi da montare lui lo migliorava regolarmente! Pensi che in breve è stato al centro dell’attenzione di tutti: i suoi compagni chiedevano a lui consiglio, a volte addirittura lo pregavano di montare i loro cavalli. Lui era sempre un passo più avanti, gli piaceva fare sempre più di quello che poteva o che doveva. Voleva trasmettere sempre qualcosa in più, mettere sempre qualcosa di suo nelle cose, non si limitava mai a fare il minimo indispensabile».

Senza mai un momento di crisi, di difficoltà…

«Le uniche crisi le ha avute con quel primo cavallo che lo faceva cadere così di frequente: allora lui piangeva disperato ma non per il male che pure qualche volta si faceva, bensì per la rabbia, la rabbia per non riuscire a fare quello che avrebbe voluto fare. Quelle sono state le uniche volte in cui l’ho visto davvero in difficoltà, ma era un ragazzino, quasi un bambino… Poi in seguito qualunque problema l’ha sempre affrontato e superato grazie a un carattere forte e determinato».

Lorenzo è stato a lungo con lei, no?

«Da quando aveva dieci anni e fino ai diciotto».

Caspita: il periodo della formazione di una persona!

«Eh sì, in un certo senso si può dire che Lorenzo l’abbia cresciuto anche io, insieme ai suoi genitori. Lo portavo sempre con me in concorso, era un periodo in cui io montavo molto, avevo i puledri e quindi andavo a fare tutte le tappe dei circuiti in Sicilia, in Sardegna, ovunque in Italia, e Lorenzo mi aiutava tantissimo sia con i puledri sia con i cavalli».

I suoi genitori erano contenti di questa dedizione totale ai cavalli?

«Sì perché era evidente che per Lorenzo si trattava di una passione essenziale. E poi andava bene a scuola: appena finite le lezioni si precipitava in maneggio a montare, poi però la sera tornava a casa e si dedicava allo studio. Non ha mai avuto problemi, con la scuola, sia perché lui è un tipo molto sveglio e intelligente sia perché è stato molto bravo nel coordinare tutti i suoi impegni».

Una volta terminata la scuola per Lorenzo si è presentato un momento molto delicato…

«Eh sì, quello delle decisioni da prendere. Andare all’università oppure dedicarsi definitivamente al lavoro con i cavalli: momento difficile, oltre che delicato».

Ne avete parlato insieme?

«Ovvio. Certo. Anche con i suoi genitori. Io gli ho detto molto chiaramente ciò che pensavo: quello che hai potuto fare fino a ora l’hai fatto molto bene ma se vuoi andare avanti qui al sud possibilità non ce ne sono, bisogna muoversi, andare al nord, magari anche lasciare l’Italia… ».

I genitori cosa dicevano?

«Ne abbiamo parlato soprattutto con la mamma, dato che era lei che seguiva Lorenzo più da vicino nei suoi impegni a cavallo. Lei come tutti i genitori tra studio e sport… sì, insomma, in un primo momento avrebbe forse preferito che Lorenzo continuasse gli studi andando all’università, ma poi è stato così evidente per tutti quale doveva essere la sua strada… ».

E lui, Lorenzo, in quei giorni di grandi e difficili scelte cosa diceva, come si poneva di fronte al problema?

«Lui era molto attaccato ai suoi genitori, a casa sua e anche a me, e se da un lato la sua passione e le sue qualità lo spingevano a fare il grande passo dall’altro non era per niente semplice prendere la decisione. Oggi a cose fatte potrebbe sembrare che tutto sia stato facile, ma in quel momento non lo era per niente. Ci abbiamo ragionato per diversi giorni, c’è voluto un po’ di tempo, e poi le cose sono andate come tutti sappiamo… ».

Lorenzo quindi parlava e si confidava molto con lei. Lo fa ancora?

«Certamente. L’unica differenza è che una volta ero io a dare consigli a lui, adesso spesso è lui che li dà a me… con l’esperienza che si è fatto!».

Dopo aver lasciato la Puglia e prima di arrivare in Belgio il percorso non è stato sempre facile per Lorenzo…

«Sì, ma con il carattere che ha lui… Lui ha sempre cercato di ottenere quello che voleva in tutte le cose che faceva: è un ragazzo veramente veramente veramente bravo, bravo, bravo. C’è poco da fare o da dire. Ci sa fare e poi soprattutto si fa voler bene da tutti: e questa è una qualità di grande aiuto. Io poi ho sempre cercato di aiutarlo a fortificare la fiducia in sé stesso: quando andavamo in giro per i concorsi assieme e lui rimaneva incantato a guardare i grandi cavalieri, i cavalieri più bravi, io gli dicevo sempre guarda che tu diventerai uno di loro… Ci abbiamo creduto entrambi, e alla fine Lorenzo è arrivato dove lui, la sua famiglia e io volevamo che arrivasse».

Durante gli anni trascorsi con lei chissà quante cose significative e importanti saranno accadute…

«Tante, tantissime. Se ne dovessi ricordare una in particolare direi quella volta in cui sono stato capo équipe della squadra della Puglia nella Coppa delle Regioni a Verona. Siamo arrivati non mi ricordo più se al quarto o quinto posto, comunque un risultato per noi e per la nostra regione molto importante: essere tra le prime… bello, molto bello. E in squadra c’erano sia Lorenzo sia Emanuele».

Emanuele?

«Gaudiano, sì! Lui è della Basilicata ma montava tesserato per la Puglia».

Caspita: lei ha diretto una squadra da Coppa delle Nazioni… !

«Si vedeva chiaramente che Lorenzo ed Emanuele erano due ragazzini speciali. Ma Emanuele non ha mai montato con me: l’ho solo avuto in squadra a Verona».

Personaggi diversi, poi.

«Sì: Emanuele più timido e riservato, Lorenzo più estroverso e comunicativo».

Ecco, il carattere.

«Lorenzo ha un carattere forte e ben definito. È allegro ed estroverso, ma non bisogna disturbarlo subito dopo una gara se qualcosa è andato storto o comunque in modo differente dalle sue aspettative. È sempre stato così, fin da ragazzino, fin dalle primissime volte. Può fare una super gara e montare benissimo, ma se c’è un errore… beh, per qualche ora subito dopo è meglio lasciarlo in pace, si deve disintossicare, si deve rilassare mentalmente, altrimenti si arrabbia ancora di più. Quando era ragazzino e io gli dicevo qualcosa dopo una gara andata male si inferociva proprio… Adesso dopo le gare non lo chiamo mai, lascio passare sempre almeno due giorni: allora è più tranquillo, mi dice, mi racconta, parliamo… Perché Lorenzo è uno che tiene da morire alle cose che fa».

Comunque è proprio bello questo rapporto che c’è tra voi…

«Ci vogliamo bene. Lorenzo puntualmente a Natale mi viene a trovare. Tutti gli anni. Non c’è stata volta che non sia venuto, anche quando ha avuto solo il tempo di fare una scappata rapidissima per salutare i suoi genitori è riuscito a venirmi a trovare. Sempre».

Quindi adesso vi rivedrete tra poco, visto che non manca molto a Natale.

«Spero prima. Vorrei andare a vederlo a Praga per il grande concorso del Global. Non so se ce la faccio: ma farò il possibile per riuscirci. Per andare a vedere Lorenzo».