Il ritiro di Ian Millar: una vita nello sport e nell’amore

Il campione canadese oggi settantaduenne lascia l’attività agonistica: una carriera formidabile e romanzesca, ricca di record e vissuta nella forza dei sentimenti

Bologna, giovedì 2 maggio 2019 – Ian Millar ha annunciato il suo ritiro dalle scene agonistiche. Dopo una vita intera vissuta da grande protagonista sui campi ostacoli di tutto il mondo. Una vita caratterizzata da una serie di numeri grandi. Sono tutti numeri che raccontano cose belle. Tranne uno, che invece racconta una cosa tremenda: trentanove. Trentanove sono gli anni che Ian Millar ha condiviso con Lynn, sua moglie e compagna di vita fino al 2008. Poi il numero trentanove nel 2008 si è interrotto: quando Lynn è morta di cancro. «Avevo un angelo insieme a me»: queste sono le parole che Ian Millar ha pronunciato per dedicare a Lynn la medaglia d’argento che con lui in squadra il Canada ha vinto alle Olimpiadi di Pechino/Hong Kong in quello stesso 2008, pochi mesi dopo la morte di Lynn. La prima medaglia conquistata alle Olimpiadi da Ian in assoluto, e la prima medaglia conquistata alle Olimpiadi dal Canada dopo quella vinta a Città del Messico nel 1968, trentanove anni prima: esatto, trentanove, come gli anni della vita di Ian insieme a Lynn.

Può sembrare indelicato, inopportuno o quanto meno incongruo legare i drammi della vita alle gioie dello sport? No, se lo sport è vita. La vita di Lynn e la vita di Ian. La vita di Lynn e di Ian è stata vissuta dentro lo sport: con i cavalli, sempre. Quelle di Rio de Janeiro nel 2016 sono state le prime Olimpiadi dal 1972 in cui il Canada non ha avuto Ian in squadra: ma c’era Amy al suo debutto olimpico, la figlia di Lynn e la figlia di Ian. Figlia: frutto e conseguenza dell’unione nell’amore.

Numeri grandi. Ian Millar detiene due record formidabili. È l’atleta con il maggior numero di partecipazioni olimpiche: dieci. Non il cavaliere: l’atleta. Nessun atleta di nessuna disciplina sportiva del pianeta intero ha partecipato a dieci Olimpiadi: solo lui, solo Ian Millar. È il cavaliere che ha conquistato una medaglia olimpica in più tarda età: sessantun anni, appunto a Pechino/Hong Kong. Sessantun anni: quando la maggioranza degli esseri umani comincia a pensare come organizzare l’ormai prossima pensione. Dieci Olimpiadi: da Monaco 1972 a Londra 2012. Quando il Canada ha ospitato i Giochi Olimpici a Montreal/Bromont nel 1976, Ian Millar ha ammirato i fratelli d’Inzeo stabilire quello che in futuro sarebbe stato il suo record: e ha guardato Piero e Raimondo con sbalordita ammirazione per la loro bravura di cavalieri e per la loro longevità di sportivi nel raggiungere la loro ottava Olimpiade. Otto Olimpiadi: nessuno come loro. Senza immaginare che un giorno…

Ian Millar detiene un’altra… particolarità diciamo, forse record forse no, ma in ogni caso fatto comunque straordinario: quando ha partecipato a uno Csio è sempre stato schierato come titolare nella squadra di Coppa delle Nazioni. Sempre. In poche parole; non è mai stato utilizzato in qualità di riserva o inserito nel gruppo dei cavalieri in gara ma esclusi dal quintetto di Coppa. Il che potrebbe anche sembrare non così eccezionale come cosa in sé: eccezionale lo diventa se si considera che il debutto in Csio di Ian Millar è datato 1971… e dunque tutto questo è accaduto regolarmente in quarantasette anni. Per un totale di più di duecento presenze in Coppa delle Nazioni… Più di duecento!

Settantadue. Gli anni di Ian Millar oggi, essendo nato il 6 gennaio 1947. Fino a ieri – giorno in cui ha annunciato ufficialmente il suo ritiro – Ian Millar ha continuato a togliersi soddisfazioni con l’entusiasmo di un ragazzino. Il 18 febbraio 2018 il Canada ha vinto la Coppa delle Nazioni dello Csio di Ocala, negli Stati Uniti: lui in sella a Dixson ha firmato un favoloso doppio netto, decisivo insieme a quello di Eric Lamaze su Coco Bongo per dare il successo alla squadra. Vincere una Coppa delle Nazioni a settantun anni terminando la gara con due percorsi netti è certamente qualcosa di eccezionale. Ma lo è ancor più se si pensa non tanto all’azione sportiva in sé stessa nel momento della gara, quanto piuttosto a tutto quello che è necessario ‘prima’ di quel momento. A quello che è necessario fare ogni minuto, ogni ora, ogni giorno, ogni settimana, ogni mese e ogni anno… per poter arrivare a ottenere quel singolo risultato quel singolo giorno. E Ian Millar tutto ciò lo ha fatto per più di quarant’anni. Ogni giorno. Ogni ora. Senza mai perdere entusiasmo, passione, voglia, prospettive. Senza mai perdere forza: nemmeno il giorno della morte di Lynn. Un dolore devastante, ma Lynn è comunque dentro questa vita, la vita di Ian Millar. E di Jonathon e Amy, i loro figli, entrambi cavalieri di alto livello internazionale.

Ian, Amy, Jonathon con la moglie Kelly fanno base alla Millar Brooke Farm nelle campagne di Perth, in Ontario, non lontano da Ottawa. Oggi una vasta tenuta perfettamente organizzata all’interno della quale sorgono le abitazioni di ciascuno, le scuderie, i campi di lavoro, ma che nel 1972 quando venne acquistata da Ian e Lynn era in ben altre condizioni… Tuttavia fin dal primo giorno marito e moglie hanno costruito qualcosa, aggiunto qualcosa, migliorato qualcosa… per arrivare alla meraviglia odierna. Il sogno di una vita che si realizza. Certo: manca Lynn. Ma la sua presenza si percepisce ovunque: nelle cose, anche, però soprattutto nella vita delle persone. Ian, Amy e Jonathon non sarebbero quello che sono oggi se in loro non ci fosse lei.

Ian Millar ovviamente non smette di montare: continuerà a farlo per addestrare e allenare i cavalli giovani. E continuerà a fare il trainer di amazzoni e cavalieri che vogliano imparare insieme a lui. L’unica cosa che non farà più sarà indossare la sua gloriosa giacca rossa: «Rappresentare il Canada così di frequente nella mia carriera è stato il più grande onore della mia vita. Ogni volta che ho indossato la giacca della nostra squadra nazionale è stato qualcosa di speciale per me. Adesso però desidero dedicare tutto me stesso all’insegnamento: voglio condividere le mie conoscenze e soprattutto la mia passione con le nuove generazioni».