Un cavallo per Saper Essere

Al di là della passione per gli animali o meno, il rapporto con il cavallo insegna agli adolescenti che esiste un mondo concreto al di fuori del cumulo di nubi tempestose in cui loro oggi spesso sono immersi

(ph. AFP)

Roma, venerdì 11 dicembre 2020 – Un sabato pomeriggio di dicembre, vorrei dire ‘un normale sabato pomeriggio di dicembre’, ma non è possibile per via dell’emergenza sanitaria in corso che, volenti o nolenti, ci impone dei limiti nello svolgimento della nostra vita quotidiana.

Per cui, è un tranquillo sabato pomeriggio di dicembre: l’inverno ha portato con sé il maltempo, il Natale è alle porte, le persone iniziano a fare i regali e le case vengono addobbate. Così è e così dovrebbe essere. Ma non lo è per loro: per tutti quei ragazzi poco più che preadolescenti o giù di lì che hanno l’ormai sempre più tristemente diffusa e incombente necessità di trovare un senso alla propria vita attraverso l’esibizione di una finta ed impacciata violenza ed illegalità; che hanno bisogno di sentirsi scorrere sulla pelle quella malavita imitata attraverso le serie tv, o al massimo qualche film, con cui sentono di dover competere.

Il bisogno di appartenere, la necessità di essere e la disperata ricerca di autorità sono un richiamo muto di una generazione che si ritrova da sola a cercare di capire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, cosa la faccia star bene e cosa, invece, male. I tanti fatti di cronaca che sempre più ci sconvolgono, quattordicenni che uccidono i propri compagni, dodicenni morti di overdose e quant’altro ci dimostrano come, immersa fino al collo nella società del benessere, stia crescendo una generazione sofferente e sconvolta: alla continua, e giusta, ricerca, della propria legittimazione che però trova, o pensa di trovare, in modelli che sono stati ingiustamente legittimati per fini meramente consumistici e commerciali.

Sarebbe però un errore pensare che sia solo un periodo adolescenziale che passerà con il tempo. Perché i 400 ragazzi che si sono radunati in centro a Roma, infrangendo apertamente e orgogliosamente i divieti derivanti dall’emergenza sanitaria, per poi dare inizio a una rissa, continuata in più parti del centro storico, dimostra, dai vari video fatti durante l’accaduto, come il confine tra onestà e disonestà, legalità e illegalità, o peggio, tra indifferenza e dignità personale o tra coraggio e viltà si sia ormai assottigliato in modo seriamente preoccupante.

Coraggio o viltà, sì, perché per poter esercitare il diritto alla propria identità nella realtà in cui ci troviamo a vivere, ci vuole coraggio. Ci vuole coraggio a confrontarsi con l’altro per quello che siamo realmente e non per quello che ci raccontiamo o fingiamo di essere. Epicuro, che non può che continuare a insegnarci a distanza di migliaia di anni (341 a.C), soleva dire: “Non abbiamo bisogno di apparire sani, ma di esserlo veramente”. E questi ragazzi chi può costringerli a scendere dalla giostra e ascoltare le parole di Epicuro? La scuola deve istruire e non educare, la famiglia è spesso, e per i più svariati motivi che non staremo qui a esaminare, assente o semi assente. E quindi?

Sarà un cavallo. Un cavallo, e non un cane che si può prendere in braccio o tirare per il guinzaglio, ma un cavallo, con la sua stazza, il suo peso e la sua indifferenza in fatto di onore, droga e presunto ‘potere sociale’; sarà lui a mettere il ragazzo di fronte a quello che è e costringerlo, per la prima volta, ad essere.

Sembra uno scherzo, ma non lo è. Oggigiorno la funzione educativa è sempre più delegata allo sport e alla scuola. Ma né professori e né istruttori, di qualsiasi sport, potranno mai avere quella totale onestà e indelicatezza con cui un cavallo può dire: “Stai sbagliando e io non ci sto”, “Non è questo il modo di volere le cose, io non collaboro”, “Se non lo vuoi veramente, io non lo faccio”, “Se vuoi giocare con la forza, vinco io”. E se un cavallo di almeno 400 kg dice di no: è NO.

Al di là della passione per gli animali o meno, il rapporto con il cavallo insegna all’adolescente che esiste un mondo concreto al di fuori del proprio cumulo di nubi tempestose in cui è immerso. Senza andare sul piano scientifico e psichiatrico, si può semplicemente affermare che anche solo il contatto fisico con l’animale, la carezza, sia un bisogno evolutivo spesso celato e nascosto da una rabbia muta. Inoltre, non scordiamoci, è stato più volte comprovato che il contatto con il cavallo favorisce la produzione di endorfina, e solo i genitori di un adolescente arrabbiato possono sapere quanto sia preziosa e necessaria. Ma non solo, cosa più importante, che pare mancare totalmente nei ragazzi che riprendevano ridendo con orgoglio la feroce rissa di sabato pomeriggio a Roma, è il comprendere che il cavallo respira, ha un cuore che batte, e che si ha noi, in quanto esseri umani, la piena responsabilità della sua salute o del suo dolore. Un dolore che, comune a tutti gli esseri viventi, provoca esclusivamente una sofferenza concreta, non portando ad alcuna sottomissione.

Infine, ma non per importanza, un cavallo ha quella coerenza che è sempre molto rara, nel premiare prima con la collaborazione e poi, se tutto va bene, con la fiducia reciproca. E l’importanza della creazione del binomio sta proprio nel suo modo di realizzarsi: non per l’abbigliamento, o per il modo di parlare, droga da condividere o imposizione violenta, ma solo e unicamente attraverso il saper fare e, soprattutto, il saper essere del singolo ragazzo. Vengono così completamente a mancare le basi del finto mondo malavitoso in cui si raccontano di vivere, e in cui poi malauguratamente rischiano anche di finire, essendo costretti a uscire allo scoperto e a essere.

La domanda che ora sorge spontanea è perché sono ancora pochi i ragazzi che oggi montano a cavallo? Perché purtroppo è ancora largamente diffusa in Italia l’idea che gli sport equestri siano un settore solo per i ricchi o per famiglie estremamente benestanti, ma non è così, o almeno non più. Non solo i prezzi si sono notevolmente abbassati, per varie ed ovvie ragioni, ma esistono molti progetti con le scuole secondarie di I e II grado che aprono le porte all’equitazione.

Lo sport è un diritto di tutti e anche gli sport equestri devono esserlo. Un progetto molto interessante da prendere in considerazione per il concreto coinvolgimento degli adolescenti e preadolescenti è l’avviso pubblico che ogni anno il Coni, adesso Sport e Salute Spa, emana e che è intitolato: “Sport di Tutti”. Questo progetto, nato con l’intento di aprire le porte degli sport gratuitamente a tutti, prevede la possibilità per le Asd o Ssd di partecipare a un percorso di avviamento allo sport (in questo caso equestri) per i ragazzi che frequentano le scuole convenzionate, sia durante le ore di lezione mattutine sia nel pomeriggio, ricevendo supporto (vi è incluso anche il servizio di navetta tra la scuola e il Circolo), attrezzature sportive e copertura assicurative.

L’apertura degli sport equestri verso il ‘grande pubblico’ deve essere un dovere sociale: tutti i ragazzi devono avere il diritto di avvicinarsi a un cavallo e beneficiare, chi più e chi meno, ma certamente ognuno ne trarrà il proprio beneficio, dell’emozione e del benessere psicofisico dato dall’instaurarsi di questo legame che è tra i più antichi della storia dell’umanità.