Paolo Angioni era un uomo complesso. Un uomo che involontariamente (a volte anche volontariamente… ) costringeva il proprio interlocutore – chiunque egli fosse – a dare sempre il massimo di sé stesso nella relazione con lui. Paolo Angioni infatti era una persona estremamente intelligente, enormemente intelligente: e a questa intelligenza abbinava una cultura smisurata e una capacità di ragionamento acuta e diretta. Stargli vicino anche solo per una conversazione non particolarmente elaborata richiedeva comunque impegno, attenzione, concentrazione, rapidità di mente e lucidità di ragionamento.
Paolo Angioni è stato un magnifico cavaliere in salto ostacoli e in completo, ma principalmente è stato un grande uomo di cavalli, del tutto a prescindere dalla ‘categorizzazione’ della disciplina praticata. Nato il 22 gennaio 1938, cresciuto sportivamente alla Società Ippica Torinese insieme ad altri due ‘nomi’ destinati a diventare grandiosi protagonisti dello sport equestre italiano come Stefano Angioni (suo fratello minore) e Lalla Novo, il giovane Paolo si mette in evidenza prestissimo vincendo in salto ostacoli, in completo e in corsa: il tutto praticando un’equitazione stilisticamente perfetta.
Naturalmente quando si parla di lui si pensa a Tokyo 1964, quell’Olimpiade che ha visto il trionfo della squadra azzurra in completo e della quale lui faceva parte insieme a Mauro Checcoli, Alessandro Argenton e Giuseppe Ravano sotto la guida di quello straordinario tecnico e uomo di cavalli che è stato il marchese Fabio Mangilli. Un trionfo, certo, ma sarebbe perfino riduttivo circoscrivere la dimensione di Paolo Angioni a quella pur meravigliosa impresa. Ciò che infatti di Paolo Angioni rappresenta il valore è il suo esempio di cavaliere, di tecnico, di insegnante e di maestro, il suo pensiero di uomo di cultura e di intellettuale – oltre che atleta – dello sport, la sua calma forza nel difendere e diffondere i principi di un’equitazione che ha reso grande l’Italia nel mondo e della quale lui è stato un’interprete sublime.