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Home | Cultura equestre | Knabstrup: c’è del macchiato in Danimarca

Knabstrup: c’è del macchiato in Danimarca

Avevamo accennato ai Knabstrup parlando di Pippi Calzelunghe...qui approfondiamo il discorso, che questi cavalli da favola se lo meritano

18 Novembre 2020
di
Knabstrup: c’è del macchiato in Danimarca

Una delle stampe dai libri di Georg Simon Winter von Adlersflügel, immagine d'archivio

Bologna, 18 novembre 2020 – C’era una volta un regno antichissimo, dove vivevano cavalli tigrati….ma è una favola, direte voi.

E  invece no, è proprio la verità: e se avrete voglia di seguirci vi racconteremo la loro storia: protagonisti sono i Knabstrup, cavalli danesi caratterizzati da un mantello macchiato decisamente affascinante.

L’unico dettaglio non perfettamente realistico è l’aggettivo tigrato: usato normalmente per descrivere uno dei tanti disegni che può assumere il loro mantello che non somiglia per nulla a quello del grande felino asiatico, essendo a macchie di vari colori su fondo generalmente grigio.

Per quanto riguarda il trono di Danimarca è assolutamente certo, si tratta del regno più antico al mondo (solo l’Impero del Giappone può vantare ascendenze più antiche ma è per l’appunto un impero, non un regno).

E il Knabstrup era davvero un cavallo da favola: non solo per il suo aspetto così particolare, ma soprattutto per le sue caratteristiche interiori.

Si trattava di un cavallo estremamente dolce, intelligente e di buon carattere, resistente e flessibile mentalmente.

Il classico cavallo che una volta si diceva «a due mani», buono sia sotto la sella che attaccato e la sua storia è davvero nobile e antica.

Già nel XII secolo i danesi erano famosi per i loro cavalli “…superiori a quelli che io abbia mai visto…” come scriveva un sacerdote francese al suo re in patria.

E nella piccola chiesa di Skibby (non lontana dal castello di Knabstrup) un affresco medioevale mostra un corteo di nobili montati su soggetti maculati.

Da quelle parti i cavalli dai mantelli così particolari erano, per antonomasia, considerati di lusso e questa preferenza rimase costante in Danimarca per secoli, tanto che ancora nel 1671 esisteva un allevamento chiamato “Il Cavallo Tigrato”.

I soggetti di colore erano riservati ai reali e ai nobili e addestrati all’equitazione di scuola mentre quelli nati bianchi e senza macchie erano destinati agli attacchi, e avevano l’onore di portare il sovrano danese per la sua incoronazione.

La destinazione d’uso era quindi sempre altamente specializzata, a prescindere dalla variabilità dei mantelli che è connaturata all’origine genetica di questo aspetto esteriore.

Ma per quanto non fosse sempre possibile avere il mantello desiderato la base comune della razza era sempre caratterizzata da un modello solidamente elegante, derivato in gran parte dal costante apporto di sangue spagnolo.

I nobili cavalli macchiati di Danimarca prosperarono sino a tutto il 1750, e nella Reale Accademia di Equitazione di Christiansborg davano prova di tutte le loro capacità.

Ne ha lasciata una colta memoria Georg Simon Winter Von Adlersflügel (1629-1701), cavallerizzo maggiore alla corte danese oltre che veterinario e prolifico scrittore.

Specialmente nella sua opera “Nuovo trattato sui puledri o dell’allevamento” fa illustrare le sue parole da incisioni deliziosamente curate.

E che rappresentano, per la maggior parte, magnifici cavalli maculati colti in ogni momento della loro  privilegiata esistenza.

Nel castello di Christiansborg è ancora visibile  un famoso cavallo tigrato celebre saltatore del maneggio reale: dopo la sua morte, nel 1769, venne impagliato nell’atto di eseguire di una perfetta cabriole.

Ma non era facile conservare e riprodurre tutte assieme attitudine, qualità morfologica e colore: nella seconda metà del XVIII secolo quest’ultima caratteristica scomparì, letteralmente cancellata dalla predominanza del gene grigio.

Eppure, proprio come succederebbe in una favola, i cavalli macchiati tornarono nel regno di Danimarca: un bel giorno del 1812 il maggiore Villars Lunn, proprietario del castello di Knabstrup, vede la bellissima cavalla di un macellaio, il signor Flaebe e la compra.

Era una cavalla dal mantello sauro bruciato con criniera e coda bianche, piccole macchie bianche sparse su tutto il corpo e altre scure sulla groppa: inoltre era di bel modello, distinta e forte come un buon cavallo da caccia inglese.

Probabilmente era di origine spagnola e sembra fosse arrivata sino in Danimarca con le truppe napoleoniche; Lunn la chiamò Flaebehoppen (la cavalla di Flaebe, in danese) e la adibì ai lavori leggeri della fattoria.

Sino a quando un brutto giorno Lunn si ruppe una gamba ed ebbe bisogno del medico: fece attaccare una pariglia e mandò a cercarlo.

Per trovarlo e portarlo da Lunn i due cavalli percorsero 30 km. in 105 minuti, uno dei due non si rimise mai più dalla fatica e fu rovinato per sempre.

L’altra era la bella Flaebehoppen che non fece un plissé nonostante avesse 15 anni suonati, e il giorno dopo tornò anche a lavorare nei campi come se niente fosse.

Una prova del genere dava ulteriore valore al notevole modello della fattrice, e Lunn ne fece la pietra d’angolo del suo allevamento.

Flaebehoppen aveva già prodotto un ottimo puledro nel 1813, quando era stata coperta da un qualitativo stallone Fredericksborg: lo chiamarono Flaebehingsten.

Aveva un mantello di particolare lucentezza metallica con più di 20 colori diversi.

Flaebehoppen continuò a dare ottimi puledri per tutta la vita: erano tutti colorati in modo eccellente ed ereditavano dalla madre anche le qualità atletiche, di stamina e resistenza.

Come Mikkel, nato nel 1818 che perse solo una corsa in tutta la sua vita e soltanto perché si era infortunato la mattina stessa.

Lunn continuò a lavorare sulla sua razza i cui soggetti si affermavano sempre più come particolarmente veloci, resistenti ed energici.

I cavalli provenienti dall’allevamento di Knabstrup erano ricercati e Lunn nelle sue scuderie ne aveva sempre una cinquantina, ma presto si manifestò il problema della consanguineità.

Tutti i Knabstrup erano discendenti dalla stessa fattrice,  e con un inbreeding così stretto e ripetuto sia i colori che la vitalità della razza cominciarono a deteriorarsi.

Come se non bastasse nel 1891 un incendio devastò le scuderie di Lunn e morirono 22 cavalli: era cominciata un’altra fine per i cavalli tigrati.

I discendenti di Flaebenhoppen si mischiarono ai Frederiksborg (cui erano comunque molto affini), e quasi scomparvero.

Seppur creati da alchimie genetiche differenti oggi tornano a crescere di numero i cavalli registrati alla associazione di Razza Knabstrup.

E’ ammessa una varietà di tipi sicuramente maggiore rispetto al passato (sono previste anche sezioni riservate ai pony e ai miniature horse) ma si ricercano le stesse solide virtù che appartenevano alla fattrice di Lunn.

Belle macchie, ottimo carattere, grande versatilità e tempra fisica a tutta prova, capace di prestazioni atletiche notevoli e senza debolezze: pur cambiato  «dentro» il cavallo tigrato è ancora lì, nel più antico regno del mondo.

E se deve le sue macchie più ad un Appaloosa che alla mitica Flaebehoppen, come diceva Andersen…questa è un’altra storia.

Tags: allevamento appaloosa danimarca fredericksborg ippologia knabstrup mantelli stamina storia
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