Mongolia, la diplomazia dei cavallini

In pochi giorni, due cavalli Mongoli sono stati regalati dal governo del paese asiatico ad altrettanti cittadini americani: uno, Victory a Barron Trump, il figlio del presidente americano e l’altro, Marshall, al segretario della Difesa degli Stati Uniti

Ulan Bator, 13 agosto 2019 – I cavalli sono sempre stati scelti come dono speciale, e molto gradito, dai potenti di tutte le epoche: e anche ai nostrri giorni, così moderni e tecnologici, sembra che abbiano ancora un certo appeal.

Tant’é che in pochi giorni il governo della Mongolia ha fatto omaggio di due dei suoi famosi, piccoli ma tenaci  cavalli delle steppe ad altrettanti personaggi di spicco del governo degli Stati Uniti.

I fortunati sono stati Barron Trump, il figlio 13enne che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha avuto con l’attuale moglie, Melania, che ha ricevuto in dono Victory; e in seconda battuta il segretario della Difesa Usa, Mark Esper, cui è spettato Marshall.

Entrambi i cavalli rimarranno a vivere, comunque, in Mongolia ma i loro nuovi proprietari hanno avuto l’onore  di dare loro il nome: Barron ha scelto Victory, mentre Esper (cui il cavallo è stato consegnato dal suo omologo di Ulan Bator, il Ministro della Difesa Nyamaa Enkhbold) ha deciso per Marshall in ricordo del generale che guidò la ricostruzione dell’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale.

E intanto altri due cavalli Mongoli, Custode e Tgegheré, stanno portando a termine il loro lunghissimo viaggio con Paola Giacomini: ma questa è un’altra, bellissima,  storia…

I cavalli che fecero l’Impero.

“Un uomo senza cavallo è come un uccello senza ali”,  proverbio mongolo.

I Mongoli vivevano e morivano a cavallo e a cavallo conquistarono quasi tutto il mondo allora conosciuto in Occidente – oltre a una bella fetta d’Asia che non era ancora mai stata guardata da occhi europei.

Montavano per la maggior parte piccoli cavalli della loro steppa: molto robusti, resistentissimi, estremamente frugali e parchi di necessità o cure. Il tipo più antico vive ancora oggi nella parte meridionale della Mongolia e non è cambiato in nulla dai tempi di Gengis Khan, ma ne esistono di differenti varietà: quelli del deserto hanno zoccoli più larghi degli altri, la varietà delle montagne è più piccola e robusta, mentre quelli delle steppe sono i più alti e veloci.

Mediamente il cavallo (non pony: per quanto sotto misura è proprio un cavallo) Mongolo ha una altezza al garrese dai 124 ai 148 cm., riesce a sopravvivere in un clima che va dai + 40° ai -30° anche con quantità minime di cibo, può percorrere al galoppo dieci chilometri senza mai rallentare e ne copre 90 in una giornata anche su terreni montuosi ed accidentati.

Vengono allevati rigorosamente allo stato brado, le giumente vengono munte per ottenere il kumyss, una bevanda fermentata. I mongoli non identificano con un nome i loro cavalli ma hanno più di duecento vocaboli per descriverne il mantello e i segni particolari.

Da notare che, pratici e di buon senso com’erano, i mongoli man mano che passavano in terre ricche di cavalli ne prelevavano ed utilizzavano i migliori e i più adatti alle loro esigenze.

Derivano dal cavallo Mongolo le razze giapponesi di Misaki, Taishu, Tokara, Kiso, Yonaguni, Noma, Hokkaido e Myako e le analisi genetiche hanno rilevato un collegamento anche con i cavalli Islandesi e alcuni pony delle Isole Britanniche e dell’Europa centrale.

Alcuni commercianti svedesi poi, nei secoli passati, avevano acquistato soggetti della Mongolia tramite i russi che si pensa abbiano contribuito all’allevamento del pony Fjord e altre razze.