Con Sergio Francesco Forapani in Egitto, per gli asini e i cavalli

Sergio Francesco Forapani ci racconta la sua esperienza in Egitto con alcune associazioni, egiziane e internazionali, che si occupano di diffondere la cultura del benessere animale

L'ospedale veterinari oper equidi dell'associazione Prince Fluffy Kareem, in Egitto
Bologna, 15 settembre 2021 – Curiosando nelle bacheche social di amici e conoscenti rimaniamo aggiornati, anche se in modo freddamente virtuale, sulla loro vita.

Sulla pagina Facebook di Sergio Francesco Forapani, medico veterinario specializzato in podologia equina, ultimamente abbiamo visto molte fotografie di un suo soggiorno in Egitto presso la Al Sorat Farm.

Si capiva bene , da quelle immagini, che il dottor Forapani stava insegnando e spiegando a persone che si occupano di cavalli e asini: ma curiosi come siamo, ci siamo fatti raccontare qualcosa di più preciso.

“E’ la quinta volta che vado in Egitto: ho iniziato con due maniscalchi, volevamo aiutare le persone più povere a curare i loro animali da lavoro. Mi sono accorto che è utile e interessa alle gente del posto e si possono fare molto cose, quindi ho continuato. Questa volta con Bernard Duvernay della Flying Anvil Foundation, che ho conosciuto 35 anni fa negli Usa”.

L’obiettivo della Flying Anvil Foundation è rispondere alla mancanza di conoscenza e formazione nella mascalcia nelle regioni in cui le esigenze sono maggiori.

Quelle dove la popolazione dipende ancora dalla trazione animale per l’agricoltura, l’approvvigionamento idrico e il trasporto di cibo, persone e materiali.

Continua Forapani: “C’è un fortissimo interesse su questa materia laggiù da parte delle comunità rurali. La signora Maryanne Stroud Gabbani ha creato una sorta di scuola di mascalcia e una clinica veterinaria mobile per equidi. Poco prima del Covid ha costruito anche una struttura ricettiva molto valida, con molte stanze per ospitare i turisti e una azienda agricola, Al Sorat Farm, per aiutare la popolazione locale. Collabora con l’Università del Cairo e con associazioni benefiche locali. Che è importante conoscere bene, dal vivo: in questo settore girano moltissimi soldi, e c’è sempre il marpione di turno che riesce ad approfittarsene. Come del resto succede in ogni parte del mondo”.

Come sono le persone del posto con cui lavorate?

“Dove vado io è piacevolissimo avere rapporti con la gente del luogo: sono persone squisite, non possiedono niente ma ti danno tutto, anche quello che non hanno”.

Come si svolge il vostro servizio?

“L’educazione è la cosa primaria: facciamo corsi con una parte teorica servendoci delle slide, c’è  sempre una veterinaria che traduce dall’inglese all’arabo. Adattandosi ai loro ritmi: uno parte organizzando tutta la settimana con orari precisi di inizio e fine delle vari elezioni, poi ti accorgi che se dici che si comincia alle 9 per loro è normale arrivare tranquillamente alle 11.  Ma sono molto interessati ad apprendere, molte volte includiamo nelle lezioni sia chi ha intenzione di fare il maniscalco, quindi ferrare e pareggiare i cavalli che  medici veterinari. Che non vogliono lasciarsi sfuggire l’occasione di seguire  un collega europeo. E poi il discorso della collaborazione tra veterinario e maniscalco è importante anche per loro.  E’ una esperienza che sarebbe utile anche ai nostri studenti di veterinaria: per le lezioni teoriche usiamo asini e cavalli locali, quindi c’è la possibilità di vedere una quantità di patologie molto superiore a quella che si può riscontrare da noi. Se in Italia un giovane veterinario vede 10 casi di laminite in un anno, qui li osserva in un giorno”.

Dove si trova questa struttura?

“Saqqara,  dove hanno trovato da poco tempo quella fantastica tomba, a sud di Giza. Una volta c’erano 500 navi da crociera sul Nilo, ora ne funzionano solo 7: c’è una forte crisi economica dovuta all’assenza di turismo”.

Ultimamente fa un po’ paura pensare di andare in Egitto per turismo.

“Quello che frequento là è un ambiente calmo, tranquillo. Questa volta non mi sono mosso granché per via del Covid, ma in passato era venuto mio figlio con me, girava in metro e tornava anche alle due di notte ma non ha mai avuto problemi. Ora poi se vuoi girare anche per turismo devi sempre avere la scorta della Polizia: siamo andati a visitare un sito archeologico bellissimo, la Valle delle Balene e abbiamo sempre avuto con noi 4 poliziotti. Ma alla fine è anche una sicurezza, magari saperlo aiuta i turisti a tornare là”.

Cosa insegnate, a chi?

“Il nostro obiettivo è  migliorare la qualità della vita di asini e cavalli, insegnare alle persone che li possiedono a occuparsi del loro benessere nel modo migliore e soprattutto ai maniscalchi.  Perché là i cavalli dei poveri non hanno veterinario, se non quello gratuito quando lo trovano ed è disponibile. Chi viene ai nostri corsi spesso è una persona che non ha un altro lavoro e vuole impararlo, c’è stata anche una ragazza all’ultimo corso”.

Come sono i cavalli e gli asini che hai incontrato in Egitto?

“I cavalli sono di due tipologie: quelli dei ricchi, sia da concorso che Purosangue Arabi magari da morfologia e quelli chiamati Baladi, il tipo indigeno locale attaccati ai carretti o utilizzati per il basto Gli asini sono tutti animali da lavoro, con una resistenza incredibile alle sofferenze e alla fatica: li vedi camminare carichi di una soma che è dieci volte il loro peso, magari con ferite terribili sul naso dovute a capezze infernali e mal messe. Ma vanno avanti, sempre”.

Riuscite ad aiutarli?

“Sì, perché i proprietari vengono redarguiti, richiamati. In Egitto c’è uno sforzo educativo molto capillare da parte di questi gruppi e associazioni animaliste, sia egiziane che straniere. Se un cavallo viene trovato con un morso cattivo, l‘imboccatura è sequestrata e al proprietario ne viene regalata una adatta, dolce. Solo che   deve succedere che asino o cavallo abbiano davvero bisogno di aiuto, e soprattutto che riescano ad arrivare a chi può darglielo”.

Che cos’è Prince Fluffy Kareem?

“Una associazione no  profit che, adesso, sta lavorando molto bene per il benessere di cavalli, asini e dromedari nell’area delle piramidi del Cairo. In passato ha sofferto della mala gestione di due responsabili (un egiziano e una svedese). Ora svolge un lavoro molto importante, hanno circa 300 cavalli ricoverati anche in box dotati di ventilatore, dove occorre. Collaboro spesso con un medico veterinario egiziano a capo della loro clinica veterinaria, il dottor Sameh Zayad: una persona molto seria e competente che segue tutta l’attività dell’associazione . Utilizzano anche un apparecchio radiologico digitale diretto, un bel salto di qualità per la zona in cui operano”.

Il dottor Sameh Zayed, medico veterinario della Prince Fluffy Kareem
Come si comportano gli egiziani con il loro cavallo, o il loro asino?

“Come dappertutto si suddividono in persone empatiche che hanno un rapporto corretto con il proprio animale e altri che, esattamente come succede da noi, lo considerano solo un mezzo. Magari da noi alcuni lo trattano come uno strumento sportivo, una racchetta da tennis: là è uno strumento di lavoro, un Tir, un furgone, E’ un mezzo in un posto dove c’è molta fame anche tra gli uomini, e il mezzo deve lavorare per produrre anche se sta male. Molta gente in Egitto non è ancora entrata nella civiltà moderna, ma vive fianco a fianco di altre persone bravissime, normalissime”.

Deve essere molto duro sopportare di vedere certe sofferenze.

“C’è da pensare che sono veterinario da 40 anni, quindi abituato a vedere cose assurde. Dopo tanti anni ti fa ancora impressione, però è talmente forte l’abitudine a dover risolvere il problema che quando sei lì guardi il soggetto sotto un profilo tecnico”.

 

“In ambito lavorativo il medico come il veterinario devono esser avulsi da tutti gli aspetti che non siano tecnici, se no ti manca la lucidità. E’ importante riuscire a separare le due cose, quando lavori devi badare soltanto a ottenere il meglio per il soggetto, in modo che anche la situazione più orribile sia più facilmente sopportabile. E’ una questione prima di tutto di carattere, chi è troppo sensibile non riesce a fare questo lavoro in maniera valida.  Se ti metti a dire ‘oh, poverino’ e ti soffermi lì, senza studiare una soluzione sei completamente inutile. Si impara con il tempo e l’esperienza a essere sufficientemente distaccati in modo positivo”.

Ci sono momenti in cui anche tu ti lasci prendere dalle emozioni?

“Per quanto mi riguarda,  riesco a piangere ancora per la nascita e per la morte: sono momenti che mi commuovono comunque, perché lì non posso fare molto. Per tutto il resto pensi a intervenire. Quando vedo un cavallo disastrato per prima cosa penso alla diagnosi differenziale,  quali possono essere le cause del problema. Il secondo pensiero è la statistica,  che mi dice quale può essere la causa più probabile.  Poi se ci sono casi particolari vai a leggere, ci sono milioni di persone nel mondo che studiano cose specifiche, tanti studi specialistici: e se non studi continuamente muori, rimani fuori dal lavoro”.

Non è semplice fare il veterinario, e non solo in Egitto.

“Un amico egiziano mi ha detto una cosa che mi ha fatto tanto ridere: in Egitto possono accedere alle facoltà di medicina, veterinaria e ingegneria solamente gli studenti che hanno ottenuto i voti più alti alle superiori. Quelli con una valutazione intermedia possono iscriversi a tutte le altre facoltà, da biologia a economia e commercio o farmacia per esempio. Quelli che hanno ottenuto i voti più bassi…beh, possono iscriversi solamente a legge”.

Tanto di guadagnato per i cavalli e gli asini egiziani, allora.

Ma intanto: buon lavoro a Sergio Francesco Forapani, alla Flying Anvil Foundation, a Al Sorat Farm e Prince Fluffy Kareem.