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Home | People & Horses | Avorio, cavallo di Sedilo: che era dolce, veloce e coraggioso

Avorio, cavallo di Sedilo: che era dolce, veloce e coraggioso

Avorio era un cavallo Anglo-Arabo dal cuore dolce, la testa ferma, il galoppo veloce amato da tutti quelli che lo hanno conosciuto: e adesso anche noi possiamo dire di conoscerlo, almeno un po'

31 Dicembre 2021
di
Avorio, cavallo di Sedilo: che era dolce, veloce e coraggioso

Avorio nel momento cruciale della partenza a 'su Frontigheddu, foto per gentile concessione di Giuseppe Tamponi

Oristano, 31 dicembre 2021 – Tutti i cavalli sono creature speciali, dal primo all’ultimo.

Ma ce ne sono alcuni che riescono a far risplendere la loro luce in modo particolare: come Avorio, ad esempio.

Avorio era un cavallo Anglo Arabo sauro con una lista in fronte che partiva sottile tra gli occhi e si allargava a sfiorargli entrambe le froge, lo rendeva inconfondibile alla prima occhiata.

Era uno specialista dell’Ardia, la corsa che si tiene a Sedilo in onore di San Costantino ogni 6 luglio.

E’ morto nella notte di Natale a 25 anni Avorio:  in passato aveva già superato quasi  miracolosamente qualche problema ma questa volta non ce l’ha fatta.

Abbiamo letto la notizia su OrNews e quello che ci ha colpito era il fatto che tante persone – non solo il suo cavaliere, o proprietario o allevatore – lo ricordassero con tanto affetto.

Quando fece la sua prima discesa verso la chiesa di San Costantino era la fine degli anni ’90, lui ancora un puledro.

La prima volta nel terzetto di testa fu nel 2004 con Piergiuseppe Spada e nel 2006 la prima bandiera (il cavaliere in testa a tutti) fu proprio Salvatore Meloni, che lo aveva domato e addestrato, e lo volle come monta.

La prima volta di Avorio in quel ruolo così importante: ma Salvatore lo conosceva bene, sapeva di potersi fidare.

Era davvero il suo mestiere correre l’Ardia: per questo Avorio aveva saputo farsi amare da tante persone, tanti cavalieri, tutti innamorati di lui e della sua affidabilità, della sua dolcezza e della sua potenza.

Per capire meglio chi era questo cavallo abbiamo chiesto aiuto a Giuseppe Tamponi, fotografo autore di un bel libro sull’Ardia di Sedilo di cui avevamo fatta la recensione qualche tempo fa.

E Giuseppe ci ha messo in contatto con Renato, cognato di Antonio Puddu, proprietario di Avorio.

Renato ha saputo, con molta gentilezza, competenza e passione, farci capire  i punti fondamentali dell’Ardia e del legame che Avorio era riuscito a creare con le persone a lui vicine, oltre a fare da tramite per l’intervista ad Antonio Puddu.

“I cavalli che devono tenere la testa della corsa sono ben addestrati e devono avere caratteristiche di testa, non solo fisiche, ben precise”

“Vengono domati apposta per questo con la briglia e la sella sarda: perché li puoi guidare con una mano, mentre l’altra tiene la bandiera. Avorio negli ultimi anni, ormai in pensione, viveva al pascolo in un uliveto: era profendatu (cioè gli veniva quotidianamente somministrata la sua profenda di biada. n.d.a.), Puddu diceva che lui era nato libero e adesso si meritava di tornare libero. Ma è stato un grande cavallo da Ardia: lui non faceva scherzi, quando il suo cavaliere lo cercava  lo trovava subito, senza tentennamenti. Cavalli come lui sono importanti per chi ricopre il ruolo di prima bandiera, cioè di chi deve decidere e guidare l’Ardia: è un ruolo che si può ricoprire una sola volta nella vita, e si fa per esaudire un voto o chiedere una grazia. E’ il parroco di Sedilo che decide ogni anno chi sarà il ‘prima pandela’, c’è una lista di attesa di anni.. E tutti vogliono fare bella figura, il nostro è un mondo di cavalieri, addestratori e allevatori, chi si dimostra balente in sella si guadagna un prestigio particolare. La prima bandiera e il suo cavallo hanno un ruolo ben preciso: dall’alto della collina da cui parte l’Ardia di Sedilo, ‘su Frontigheddu, devono decidere la partenza di un gruppo di 90, 100 binomi pronti a lanciarsi al galoppo. Davanti e intorno a loro hanno anche  10.000 persone, ci sono macchine e poi i colpi di fucile tradizionali. Per quanto buoni, non tutti i cavalli sono capaci di affrontare una prova del genere. Quando hai l’onere e l’onore di fare la prima pandela, cioè portare la prima bandiera, sei con tutti ma sei solo, tutti guardano a te mentre aspetti che il parroco arrivi e quindi sarai libero di prendere il via: in quel momento scende un grande silenzio, sta solo a te capire quando è il momento giusto per partire”.

E Avorio sapeva anche reggere questa tensione.

“Avorio era un cavallo fermo di testa, che tutti a Sedilo e altrove volevano montare per fare bella figura. Perché un buon cavallo per chi porta la bandiera deve essere sveglio e svelto, non troppo lungo per girare bene e in modo agile, poi veloce e  resistente: perché con un mezzo cavallo non si fa bella figura.  Avorio, a detta di chi lo ha montato, sembrava una macchinetta: gran galoppatore ma girava repentinamente con grande facilità,  e sempre maneggevole. Un anno che era la monta della   seconda bandiera ha fatto una cosa incredibile: all’incertezza del binomio di testa subito dopo la partenza è riuscito a fermarsi, a non superarli e poi ripartire quando loro si sono decisi”.

Perché l’Ardia non è una corsa a chi arriva primo, vero?

“Qui ci sono stati i bizantini, infatti l’Ardia, che vuol dire ‘guardia’, è dedicata a San Costantino: il senso della competizione ha più a che fare con la mentalità orientale che con quella occidentale. Quindi non è una corsa a chi arriva primo, ma a chi sa meglio rispettare e ricoprire il ruolo che gli spetta nella gerarchia e nella tradizione. E siccome non hai altre chance nella vita per fare fare la prima bandiera, devi giocarti al meglio quella che ti spetta. Avorio era riuscito a fermarsi e ripartire in un metro di spazio quella volta, è veramente una cosa molto difficile per un cavallo in quella situazione: ma lui c’è riuscito, come sempre riusciva a cogliere le indicazioni di chi lo montava e a fare quello che serviva. Solamente bisognava dargli tranquillità alla partenza, che è sempre un momento molto crudo. Ma deve venire bene, quindi chi lo fa si concentra, si mette in sintonia con il suo cavallo e con quello che lo circonda, con tutti gli altri cavalieri e coglie l’attimo, quando dà di sprone prende il via una sorta di pericolo controllato dove basta una fesseria per rovinare tutto”.

Diceva che anche il modo in cui era costruito Avorio era una parte importante del suo successo.

“Al di là della sua testa e della sua affidabilità, il fatto che fosse così corto di schiena lo rendeva particolarmente governabile in curva stretta, così invece di uscire troppo largo come può capitare ad altri cavalli lui girava in un metro. La seconda parte del percorso a Sedilo è molto impegnativa, tutta curve e controcurve: chi è davanti non può cincischiare. Qui come le dicevo chi va a cavallo bene è ben visto, ma se sbagli lo vedono tutti. E fare il primo pandela è davvero impegnativo, anche dal punto di vista economico: ma ci si prepara per anni, e con l’aiuto degli amici e mettendoci le proprie risorse si fa. Ed è una grandissima soddisfazione, quando va bene”.

Antonio Puddu e Avorio, foto di Daniele Petretto
Altre domande le abbiamo fatte ad Antonio Puddu, il proprietario e allevatore di Avorio: che era innamorato di questo cavallo.

“Devo fare una premessa importante:  ho allevato e mantenuto Avorio solo ed esclusivamente per la  passione per i cavalli e per l’Ardia, oltre che per tradizione di famiglia. A scopo amatoriale e mai per alcun interesse commerciale o di ritorno economico, anche se sua madre, Elisea, ha sempre dato ottimi prodotti che sulla piazza sono stati valutati molto bene, al di sopra della media”.

E’ importante la genealogia per i cavalli da Ardia?

“Si, è importante. i cavalli più adatti in assoluto sono gli Anglo-Arabi. Quelli della linea da sella sono principalmente da salto, e non da galoppo. Ovviamente esistono le eccezioni di qualche ‘sella’ che pure galoppa dignitosamente. Ma la regola generale è che, per l’Ardia, l’Anglo-Arabo è decisamente il più adatto”.

Com’era Avorio con lei?

“Avorio di suo naturale ha sempre avuto un carattere buono e docile, e con me ha sempre mostrato doti di intelligenza e di affettuosità; ci comprendevamo subito…e mi leccava (cumprendiat derettu…e mi linghìat).   Il lavoro di allenamento (su manìzu) e di  preparazione, era in funzione degli impegni in programma: la prima uscita per le corse di Carnevale, poi le processioni dei Santi locali, fino alla Festa di San Costantino; poi in estate le pariglie e le feste dei paesi vicini. Quindi tranne il periodo invernale era sempre in forma, e grazie al suo carattere, oltre che alla domatura (fut perfettu!) e alla continua preparazione, si presentava sempre disponibile e pronto a qualsiasi situazione.  Ma soprattutto per l’Ardia, dove non puoi sbagliare, Avorio era una garanzìa“.

Avorio in sei aggettivi.

“Aveva la caratteristica decisiva: era affidabile.  Poi era intelligente perché capiva subito chi lo montava, e sensibile perché ti metteva a tuo agio, non ha mai disarcionato nessuno. Era precisu, elegante nei movimenti e misurato nelle traiettorie, e cumpostu nel portamento, mai una bizza mai un rifiuto, e generosu perchè dava il massimo, gli speroni gli bastava di vederli”.

E, se in situazioni di riposo appariva fin troppo mansueto, appena sentiva gli spari e l’atmosfera della Festa de Santu Antinu si trasformava, e a Su Frontigheddu bisognava avere mano ferma per trattenerlo!

Un episodio che ricorda in modo particolare.

“Riguardo il momento o l’episodio che possa spiegare bene che cavallo è stato, è meglio sentire quelli che hanno avuto l’onore di prenderlo. Ma soprattutto la misura  di chi fosse Avorio, è data dalla constatazione della continua richiesta di poterlo avere in prestito, durata per oltre 15 anni, non soltanto per gli appuntamenti di Sedilo, ma anche per le Feste di numerosi paesi da mezza Sardegna. Senza necessità di alcun annuncio, evidentemente le capacità e le caratteristiche di Avorio hanno circolato negli ambienti competenti, quelli che si davano appuntamento il 6 luglio a San Costantino,  dove Avorio ha sempre avuto modo di mettersi in mostra nel ruolo di primattore. E così è successo che il poter ottenere quel cavallo famoso per la propria Festa, dava grande prestigio anche a chi lo montava”.

A  Pattada, per la festa di Santa Sabina, capitò un episodio che aiuta a capire come veniva considerato: il Priore, a capo della solenne processione con un’ottantina di cavalli bardati a festa, viene osservato da un ragazzino di 12-15 anni che gli dice  “Tue bi deves tenner santos in corte, po nd’haer battidu a Avorio a innoghe”. ‘Tu devi avere dei Santi in Paradiso, se sei riuscito a montare Avorio”.

“Lui la a sua popolarità se l’è guadagnata da solo”, continua Puddu. “Il mio compito era solo quello di filtrare le richieste, che pervenivano solitamente tramite amicizie influenti che fungevano da garanzia. E mi è dispiaciuto assai per l’occasione in cui mi era stato richiesto Avorio come monta per il Componidori della Sartiglia di Oristano, e per la quale ho dovuto rifiutare in quanto lo avevo già promesso dai giorni di Sant’Antonio per fare la Pandela dell’Ardia”.

Avorio sapeva ricoprire ruoli importanti, aveva un cuore dolce e la testa ferma: per questo lo hanno amato tutti, per questo a Sedilo e in Sardegna lo ricorderanno tutti.

E non solo in Sardegna: perché ora anche noi conosciamo la sua storia, il suo carattere, quello che c’era dietro gli occhi così limpidi e sereni di Avorio.

Qui da la Nuova Sardegna per saperne di più sull’Ardia di Sedilo e altri uomini legati alla sua storia.

Avorio nel 2006, subito dopo una Ardia a Sedilo – Foto di Daniele Petretto

 

Tags: anglo arabo antonio puddu ardia di sedilo avorio giuseppe tamponi renato nieddu rip salvatore meloni
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