Loris Abate, quando la passione si fa stile di vita

Paolo Manili ci racconta la vita, la passione, gli amici e i cavalli di Loris Abate, il patron del Baroncio

Loris Abate, a sinistra, sua moglie Carla e Beppe Grillo, allora comico di successo, premiano i vincitori di una gara per giovani cavalli: Gianluca Lupinetti su Betsy del Baroncio, a sinistra, e due giovani amazzoni dello stesso team - foto archivio Lupinetti
Milano, 3 dicembre 2020 – Quando scompare un personaggio dal forte carisma come Loris Abate, genio della moda e grande amico dei cavalli, quello che possiamo fare per elaborare il lutto e il dolore che ci pervade è quello di ricordarne la figura, magari anche tramite il ricordo che ne hanno altre persone.

Una di queste è Uberto Lupinetti, grande campione azzurro del salto ostacoli, poi per cinque quadrienni presidente del Comitato regionale lombardo della Fise, che da cavaliere prima e da dirigente sportivo poi ha collaborato con lo scomparso Loris Abate strettamente e a lungo.

«Loris è stato un personaggio molto importante per me -ci racconta Lupinetti- perché al di là del carattere a volte ruvido era persona che sapeva farsi voler bene. Brillante, dotato di una intelligenza fuori dal comune e grande acume, “era avanti” come si dice in gergo, nel senso che riusciva a vedere il futuro. Mi ha dato lezioni di vita, cose che mi sono rimaste e delle quali gli sarò sempre grato. In fatto di cavalli, quando istituì il Team Baroncio, ossia una squadra di cavalieri in sella a suoi cavalli, fui io a segnalargli una giumenta in Francia: ebbene lui mi mostrò tanta fiducia da ritenere di non doverla vedere preventivamente di persona, gli bastò il mio giudizio. Acquistò la cavalla che ribattezzammo Betsy del Baroncio: con lei mio figlio Gianluca vinse l’argento al campionato italiano juniores, due ori ai campionati italiani young riders, poi debuttò a Piazza di Siena, dove Loris veniva ogni anno. Vedeva le gare, si interessava di tutto, compresa la politica federale, poi la sera ci portava tutti al ristorante “Il Matriciano”, dove il discorso era sempre acceso ma divertente, mai banale. Furono anni straordinari. Quand’era a Milano invitava spesso me e mia moglie a cena a casa sua. Loris Abate è stato una persona molto importante per me e la mia famiglia. La sua scomparsa mi provoca un grande dolore, come fosse mancato, con tutto il rispetto, un mio famigliare».

L’altro personaggio-chiave nel mondo equestre di Loris Abate è Daniele Dionisi, origini umbre, direttore tecnico dell’Elefantino, il mega centro ippico presso Milano dove venivano addestrati i cavalli allevati al Baroncio, istruttore federale e direttore di campo.

«Ho iniziato a lavorare con il signor Abate nel 1989 -ci ha spiegato Dionisi- e pian piano mi ha affidato la gestione dei cavalli e quindi del centro ippico. Non mi ricordo tutti i puledri che ho montato in addestramento e in gara, però alcuni li rammento benissimo: April Queen del Baroncio con la quale partecipai ai Mondiali dei Giovani Cavalli di 6 anni a Lanaken, indi Greenfield del Baroncio sotto la sella di Filippo Moyersoen, poi la femmina Pole Position del Baroncio, vincente nelle categorie di 145. E ancora voglio ricordare Amore del Baroncio, che portai alle finali di salto ostacoli alla Fieracavalli di Verona. Quanto sia stato importante Loris Abate nella mia vita e presto detto: sono andato via di casa a 19 anni per lavorare con lui, ho vissuto più con lui che con i mio padre, per me è stato un secondo papà. Un modello di vita».

La domenica dopo pranzo Loris Abate arrivava nella piccola club-house del maneggio che chi scrive frequenta ancor’oggi, in una cascina lombarda alle porte di Milano, a un prato di distanza dal suo imponente Elefantino.

Veniva per giocare a scopa con il nostro presidente e un paio di altri soci. Spesso il tavolo si infervorava.

Una di queste domeniche dalla macchina scese insieme a lui nientemeno che Piero D’Inzeo, il quale , appena mi vide, sbottò: «E no, anche qui no! Oggi non ho tempo per le interviste».

«Ma no colonnello – rispondo – mica son qui per intervistarla, questo è il maneggio che frequento abitualmente».

«Già, una volta mi aveva detto di avere un cavallo».

«Una cavalla, una femmina baia»

«E che tipo di cavalla?»

«Olandese, brutto carattere ma salta bene»

«Beh, spesso i cavalli-atleti sono caratteriali, in bocca al lupo…»

«Grazie colonnello, in bocca al lupo anche a lei!»

E intanto Loris rideva sotto i baffi, osservando le facce annichilite di noi cavalieri della domenica nel trovarci di fronte, inaspettata, una leggenda dell’equitazione come Piero D’Inzeo.

Quando invece andavo io nel centro ippico di Loris Abate, che incombeva gigantesco a soli due prati di distanza dal nostro, con l’enorme maneggio coperto, la serra e la splendida villa dove Loris abitava, potevi trovarci Filippo Moyersoen che provava qualche cavallo.

Se invece entravo nella villa, a bere il caffè che sua moglie Carla mi faceva preparare immancabilmente -servito dalla una domestica su un prezioso vassoio e tazzine di rara porcellana cinese- ebbene lì a casa capitava spesso di fare qualche incontro “hollywwoodiano”.

Una volta mi trovai davanti Franco Nero, altissimo e bello come dev’essere un attore del cinema, e anche molto simpatico.

«Ah, lei è un giornalista che scrive di cavalli…Sa che io ho sempre voluto girare di persona le scene a cavallo? Credo di saper montare abbastanza bene e così ho sempre rifiutato di essere sostituito dagli “stuntman”. E spesso mi sono anche procurato delle belle ammaccature! Mi piace molto andare a cavallo» mi disse.

A casa Abate, che fosse il maneggio o la villa, oppure il Baroncio a Grosseto, ci potevi trovare personaggi come Adriana Mulassano, celebre “firma” della moda sul Corriere della Sera Anni ’80 e ’90 – un suo articolo poteva stroncare sul nascere una collezione o decretarne il successo – Beppe Grillo quando faceva ancora il comico, o Corrado Tedeschi, e molti altri personaggi noti, non solo della moda e dello spettacolo ma anche dell’imprenditoria.

Però, come detto sopra, Abate amava anche giocare a scopa con i vicini di casa in una piccola club-house che non avrebbe occupato nemmeno un quarto del suo studio.

In questo mi ricordava molto Graziano Mancinelli, che in campo ringhiava con i suoi allievi, spesso imprenditori e dirigenti d’azienda, e poi fuori dal maneggio accendeva il toscano e giocava a carte con gli amici.

Abate si circondava di grandi personaggi perché pensava e agiva in grande.

O forse erano loro che amavano frequentarlo, confrontarsi con lui, perché aveva sempre una visone lucida e acuta delle cose, quasi spietata, anche delle cose complicate.

Soprattutto aveva una fortissima personalità e la sua impronta era inconfondibile in tutto quello cui metteva mano: che fosse una collezione di moda, con i colori chiari della raffinatezza e della Haute Couture, o il parco ostacoli del Baroncio, con pilieri e barriere riproducenti l’arte etrusca e la tradizione storica degli antichi -Vetulonia con il suo sito archeologico è lì a due passi- fatti disegnare da Pietro Bascialla, per anni Art Director di una notissima casa editrice.

Portati a Milano, per il concorso ippico internazionale che Abate organizzò all’Elefantino per molti anni, costituivano, nel vastissimo campo ostacoli in erba, un banco di prova di caratura internazionale.

Per questo nel mese di aprile venivano a gareggiare campioni di mezzo mondo, come il campione iridato Franke Sloothaak e l’oro olimpico di Beijing Eric Lamaze, o come Gilles Bertrand de Balanda, John Whitaker e molti altri.

Tra gli azzurri più assidui Arioldi, Moyersoen, una giovane smagliante e già telentuosa come Giulia Martinengo Marquet e via dicendo.

All’Elefantino Loris Abate ospitò anche concorsi ippici nazionali, spesso in collaborazione con il Comitato regionale lombardo della Fise, allora presieduto da Lupinetti, per permetter ai cavalieri “coming-up” e ai più giovani di esercitare i propri cavalli in una struttura sportiva di alto livello. Loris credeva molto nei giovani e aveva sempre un occhio di riguardo per loro.

Il Team Baroncio era nato per quello.
Nella sua show-room, in Via Montenapoleone a Milano, un intero piano sopra il celebre Bar Cova, teneva appesa dietro la scrivania una gigantografia che lo ritraeva in età già matura, circondato da un gruppo di ragazzi. Qualcuno si riconosceva subito: Versace, Gigli, Ferrè, e via dicendo.

Nel 1996 Abate venne eletto consigliere della Fise Nazionale, il suo sogno neanche tanto segreto era quello di ridare slancio all’equitazione italiana, in quegli anni senza risultati di rilievo.

In particolare mi aveva confidato di pensare al Csio di Piazza di Siena, a un format nuovo per rilanciarlo tra i migliori e più spettacolari eventi al mondo.

Lui che a Roma aveva saputo trasformare la scalinata di Trinità dei Monti nella “…passerella del fashion made in Italy per serate in mondovisione…” avrebbe voluto portare la moda e il pret-à-porter a sfilare sul campo ostacoli, con celebri top-models a bordo di elegantissime carrozze -di cui possedeva una collezione- guidate dai drivers più famosi come il pluricampione italiano Carlo Mascheroni e via dicendo, e attirare sullo storico concorso capitolino i riflettori del mondo intero, non solo di quello equestre.

Ma dal Consiglio federale di allora Loris Abate diede presto le dimissioni: la gestione Fise dell’epoca era assai autoreferenziale, arroccata su dogmi interni e probabilmente terrorizzata dalle novità, tesa più a difendere orticelli che a sviluppare progetti.

Da quel consiglio federale di dimisero in più d’uno, e la Federazione rischiò di cadere e di dover tornare alle elezioni. Forse da allora iniziò a serpeggiargli nell’animo una certa la disaffezione nei confronti delle istituzioni equestri, che progressivamente lo portò a staccarsi dalla politica federale.

Mai però dai cavalli, ché la passione gli è sempre rimasta fortissima, forse anche più di prima. Nel 2011 decise di non organizzare più il Csi di Pioltello, l’Elefantino rimase un Club ippico essenzialmente privato.

E anche al Baroncio rallentò l’attività dell’allevamento, fino a chiuderla. Oggi la splendida tenuta maremmana è stata “ripensata” dalla figlia Maria Sole, che l’ha trasformata in un agriturismo di lusso, assai gettonato.

Mentre l’Elefantino non è più “privato” ma ospita ben due Club ippici con tanto di cavalli a pensione, che possono allenarsi in una struttura superaccessoriata, retaggio del glorioso passato agonistico.

La mano di Loris Abate è sempre riconoscibile dappertutto: nella grandiosità della tenuta dove aveva scelto di vivere a due passi da Milano, nella meticolosa ristrutturazione dell’antica cascina intorno alla quale è sorto il maneggio: ciotoli originali, pietra, recinti, alberi, pare di vederlo girare nei viali, a bordo della sua macchinina amaranto, a controllare se tutto è a posto, come per lanciarci un messaggio, un esempio.

Ci mancherà davvero moltissimo, servirà molto tempo per abituarci.