Nato per il Trotto, prima puntata: un cavallo che si dà poche arie

La storia a puntate del meraviglioso cavallo nato per trottare, un tempo così amato e veramente di famiglia in Emilia -Romagna e dintorni: per festeggiare San Geminiano, patrono di Modena

Un appassionato di Trotto a Modena negli anni '30, nella pista di Piazza d'armi; alle spalle la struttura del Foro Boario - Collezione Maria Cristina Magri
Modena, 31 gennaio 2024 – Come fare a festeggiare il patrono della tua città, Modena, senza darlo troppo a vedere?

Semplice: parlando del cavallo più amato della tua terra, che è quello nato per il Trotto.

“Trotta trotta cavallino, che stasera vien papà…”.

Una filastrocca comune all’infanzia di tutti noi, una delle prime che ti vengono in mente quando hai in braccio un bambino piccolo da far divertire.

Lo metti sulle ginocchia tenendolo per le manine, e poi lo fai saltare su e giù ad un ritmo regolare, simmetrico, copiando a orecchio la scansione dei tempi di trotto di un cavallo attaccato.

Un ta-tta-tta-tta ripetuto all’infinito e sostenuto con precisione, energia e in crescendo.

Una musica che fino a quattro, cinque decenni fa tutti conoscevano perfettamente.

Scandiva le scappate in paese dei capoccia di casa quando avevano affari da sistemare e attaccavano il cavallo al biroccio, per arrivare in ordine e con un certo stile.

Era quella che accompagnava gli aspiranti fidanzati alla conquista di qualche bella ragazza, che sgominavi la concorrenza a presentarti per farle la corte con un cavallino vispo e ben attaccato.

Quel ritmo così regolare era la colonna sonora di un tipo equino diffusissimo sino agli anni cinquanta del secolo scorso in tutte le campagne dell’Emilia Romagna, della Lombardia e del Veneto: il cavallo da trotto.

Che accorciava le distanze in quelle pianure infinite senza apprezzabili dislivelli. E offriva una scusa per divertirsi a gente che ha sempre avuto nel sangue la voglia capricciosa di distinguersi dagli altri per quel qualcosina in più di personale che può metter nelle cose.

E ci sarebbe parecchio da speculare sulla somiglianza tra un bel trotto e la musica che fa un motore ben costruito, altra passione regionale che riteniamo strettamente apparentata a quella ippica.

Le gare di paese erano frequentissime, ogni sagra ne contava almeno una.

E in alcuni centri più popolosi avevano una vera e propria stagione regolare di corse, che si tenevano magari nella strada principale del borgo piuttosto che alla pista di Piazza d’Armi a Modena.

Ma per chi era nato da queste parti scaldavano gli animi tanto quanto un Derby di Epsom, in Gran Bretagna.

E non c’erano santi, se appena appena si poteva nello stallino ci mettevi un Trottatore (o ancora meglio una trottatrice, che così poteva fare puledri).

Era comunque giustificabile come cavallo da lavoro agricolo leggero, che la domenica potevi attaccare per fare qualche bella trottata di semplicissimo divertimento.

Una estrazione molto più popolare rispetto al cavallo da galoppo, quindi: quest’ultimo era sempre un nobile figlio nato da nobilissime stirpi, roba da signori o da stranieri.

Mentre lui, il Trottatore, non si è mai dato eccessive arie pur nell’eleganza sobria della sua andatura preferita, più utile che scapestrata.

Anche nel carattere è decisamente più mite e sereno del cugino “convenientemente allevato“, come dicono gli inglesi, quasi sapesse di non avere i documenti in regola per aspirare ai suoi quarti di sangue blu.

O forse semplicemente non gliene è mai importato nulla?…

Continua mercoledì 7 febbraio 2024, semrpe qui su Cavallo Magazine!