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Home | People & Horses | Custodi silenziosi: Artur, uomo di cavalli e di scuderia

Custodi silenziosi: Artur, uomo di cavalli e di scuderia

Lasciando la parola a chi, forse, i cavalli li vive più intensamente di chiunque altro: come Artur Pasek, intervistato qui da Laura Boscolo Contadin

5 Aprile 2023
di Maria Cristina Magri
Custodi silenziosi: Artur, uomo di cavalli e di scuderia

Artur Pasek con uno dei cavalli affidati alle sue cure

Bologna, 5 aprile 2023 – Laura Boscolo Contadin la conosciamo perché ha scritto un bel romanzo, Il Tulipano Rosso, che parla di una storia d’amore a due voci, nata e cresciuta in mezzo ai cavalli.

Quindi abbiamo letto volentieri questo suo scritto, una intervista: il protagonista è un uomo di scuderia polacco che lavora da molti anni in Italia, Artur Pasek.

Abbiamo pensato che potesse piacere anche a voi: buona lettura!

Artur Pasek ha compiuto da poco cinquant’anni, alto, fisico atletico, pelle chiara ed è un uomo di scuderia.

Lo incontriamo al lavoro, sempre in movimento e indaffarato, è responsabile del buon andamento della scuderia, della salute dei cavalli, della pulizia e dell’ordine.

Preciso ed efficiente, Artur rappresenta una categoria di lavoratori e persone di cavalli di cui spesso ci si dimentica. Non ci si accorge di come queste figure siano essenziali per il funzionamento della scuderia. Anzi, sono coloro con i quali i cavalli stringono un legame più profondo, di reciproca conoscenza e rispetto.

Artur, parlaci di te. A quando risale il tuo primo ricordo legato ai cavalli?

“In realtà ho solo ricordi con i cavalli. Sono nato a Trzebiatow, in Polonia, una cittadina vicinissima a un centro ippico costruito per l’esercito prussiano nel 1822. Dopo il ’45 sono cambiati i confini ed è divento polacco. Già all’età di tre anni lo frequentavo insieme a mio padre che mi portò a fare un giro in carrozza per la festa del Primo Maggio.  Da ragazzino imparai a montare e iniziai subito a lavorare in scuderia. I cavalli fanno parte della mia vita da sempre.”

Perché hai deciso di venire in Italia e qual è stata la tua prima impressione dell’Italia e degli italiani?

“A venticinque anni, il 22 marzo 1998 lo ricordo ancora come fosse ieri, arrivai in Italia, in Toscana, grazie anche a mio fratello. In Polonia le cose erano difficili e non c’era lavoro. Cercavo la mia fortuna e la mia strada. Pieno di entusiasmo, ma anche spaventato, trovai un clima sereno e alla mano.

Scelsi l’Italia perché durante le lezioni di geografia a scuola mi innamorai delle sue città: Roma, Milano, Venezia, Firenze. Appena posso faccio qualche gita fuori porta, non c’è posto migliore dell’Italia per una amante della Storia come me.

Gli Italiani mi sono parsi subito brava gente, ospitali e amichevoli.”

Cosa ci dici del tuo lavoro? Quali sono gli aspetti migliori e quali invece i peggiori?

“Faccio questo mestiere da sempre, semplicemente perché amo i cavalli. Sono animali buoni, empatici, molto più di tante persone. Difficilmente si trovano cavalli cattivi, credo che non esistano, cosa che invece non si può dire della gente. Ogni giorno mi stupisco ancora a guardarli con ammirazione. A me piacciono tutti gli animali, ma per i cavalli ho una predilezione speciale e prendermi cura di loro mi dà una grande soddisfazione. Sono fortunato perché ho trovato il mio posto nel mondo.

Per quanto riguarda gli aspetti negativi, ormai non riesco neppure a vederli. Sicuramente è un lavoro che ti assorbe completamente, lasciando poco tempo libero.”

Artur, hai un cavallo del cuore?

“È difficile a dirsi. Sono talmente tanti. Però posso dire che Jigolò Courcelle è un cavallo che mi rimarrà sempre nell’animo. Arrivato in scuderia con poche speranze agonistiche, tutti credevano fosse ormai finito, invece con il giusto lavoro e la giusta cura, ha dato alla sua amazzone e a me, che me ne occupavo, enormi soddisfazioni sportive. Campionati Nazionali, Fieracavalli, Piazza di Siena, è stato un bel periodo e io mi sono sentito parte della squadra.”

C’è una persona con la quale hai collaborato e che ritieni importante?

“Senza dubbio Salvatore Licheri con il quale lavoro ancora. Un istruttore eccellente, di grande competenza ed esperienza, che mi ha insegnato molto e ha creduto in me. Ci conosciamo da ben diciotto anni e ne abbiamo vissute tante insieme. La nostra è una bella amicizia, ci fidiamo l’uno dell’altro.”

Spesso la figura dell’uomo di scuderia viene data per scontata e non valorizzata quanto merita. Cosa ne pensi?

“Purtroppo, a volte ci si dimentica che, perché funzioni bene una scuderia, è necessario che ci sia un bravo uomo di scuderia, un artiere, un groom, chiamatelo come volete. Bravo significa competente e professionale perché questo è un mestiere che richiede studio e formazione, ma specialmente passione. Oggi invece spesso ci si inventa il lavoro, i gestori dei maneggi cercano di risparmiare laddove dovrebbero investire sul personale. Non si può improvvisare.

C’è invece chi è preparato, ma purtroppo non è valorizzato come merita, perché il nostro lavoro a volte viene sottovalutato e considerato umile. Io penso che il mio sia un mestiere nobile e se fatto con dedizione può rendere orgogliosi.”

Artur ci ricorda come a volte non si dia la giusta attenzione alle cose e alle persone che davvero contano.

Ci si dimentica del vero valore di ciò che si ha di fronte, rischiando di essere superficiali e irriconoscenti.

Nella semplicità delle sue parole troviamo un forte coinvolgimento e trasporto.

Custode dei nostri amati cavalli, senza dare troppo nell’occhio, Artur è il simbolo di ciò di cui non si può fare a meno, ma di cui spesso ci si dimentica.

Qui potete trovare Il Tulipano Rosso, il romanzo di Laura Boscolo Contadin.

Tags: artiere artur pacek groom laura boscolo contadin Polonia uomo di scuderia
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