Non inganni il nome: Scoiattolo non era un cavallo piccolino, coccolino, carino… tutt’altro. «Di statura piuttosto elevata, con larghi diametri, una buona incollatura ben sortita e regolarmente attaccata alla testa, con una groppa ampia e doppia. (…) Un tipo che oggi non c’è quasi più; ma che sarebbe desiderabile ci fosse»: così viene descritto nel 1933 sulle pagine del Cavallo Italiano, nell’articolo che lo celebra nel momento in cui il suo proprietario e cavaliere ne annuncia il ritiro dalle scene agonistiche.
Un proprietario cavaliere molto importante e famoso, poiché si tratta di Alessandro Bettoni, il più grande vincitore azzurro in salto ostacoli tra le due guerre mondiali. Proprio Scoiattolo è stato uno dei primi grandi compagni di vittorie di Bettoni (tra le tante, anche quelle in Coppa delle Nazioni a Roma nel 1926 e nel 1927), il quale per l’appunto nel 1933 decide di ritirarlo dallo sport a un’età (del cavallo) indefinita – poiché ne è sempre stato sconosciuto l’anno di nascita – ma certamente compresa tra i 18 e i 22 anni.
«Scoiattolo se ne è andato a riposo. La riconoscenza del suo padrone ha voluto che egli potesse finir la sua vita tranquillo dopo i tanti servizi che gli aveva reso. (…) Ma il pubblico non dimenticherà tanto presto questo campione che per dieci anni ha tenuto validamente il campo contro i migliori», scrive il Cavallo Italiano. «Scoiattolo in realtà non era un gran galoppatore, ma aveva un’azione piuttosto corta e ripetuta che insieme con la spalla e con l’omero ben diretti gli permetteva di conservarsi equilibrato anche vicino al massimo della sua velocità. I 500 metri al minuto erano vicini al limite entro il quale poteva render di più; ma in questi confini che poderoso concorrente egli è stato! In ragione della sua azione non era nemmeno uno specialista dell’ostacolo largo che però riusciva a superare ugualmente grazie alla precisione della sua ultima battuta che sapeva prendere assai da vicino in modo da sfruttare tutta l’ampiezza del suo scatto. Preciso anche a costo di un ultimo tempo più corto – e di qui anche il suo frequente obliquare – era un ottimo misuratore dello sforzo occorrente a passare al di là di un ostacolo sfiorandolo magari con il ventre ma senza abbatterlo, grazie a una perfetta ginnastica degli arti. Per dieci anni egli è stato così uno dei più temibili concorrenti su qualsiasi percorso di ostacoli seri. (…) Ci eravamo tanto abituati a vederlo che lo ritenevamo davvero eterno e indistruttibile e non senza meraviglia e rincrescimento apprendemmo pochi giorni fa che la sua vita di combattente era finita. Meglio del resto così. La sua onorata carriera nella quale oltre a innumeri premi d’onore ha potuto vincere oltre 150.000 lire gli dava diritto a quel tranquillo riposo che Sandro e Francesco Bettoni con riconoscente spirito cavaliere hanno voluto dargli».
Ma ciò che rende Scoiattolo un cavallo davvero particolare non sono tanto le sue pur illustri e numerose vittorie, quanto la sua storia: ciò che è accaduto nella sua vita prima di diventare compagno di gare di Alessandro Bettoni. Ce la racconta l’impareggiabile Luigi Gianoli (giornalista e scrittore, oltre che ufficiale del reggimento Savoia Cavalleria protagonista della famosa carica di Isbuschenskij il 24 agosto del 1942 agli ordini proprio di Alessandro Bettoni, descritta nel suo romanzo “Savoye Bonnes Nouvelles – L’ultima epopea della cavalleria italiana” uscito nel 1988 per le Edizioni Equestri di Milano) in un suo articolo pubblicato sulle pagine della rivista mensile Lo Sperone nell’aprile del 1988: «Il suo primo grande cavallo, quello che lo rese famoso in tutta Europa (Gianoli sta parlando ovviamente di Bettoni, n.d.r.), fu Scoiattolo. Era un cavallo di truppa, un irlandese giunto in Italia per le rimonte dei reggimenti di cavalleria, aveva partecipato alla prima guerra mondiale montato da un ufficiale con i colori del reggimento Lancieri Vittorio Emanuele II. Durante un bombardamento aveva riportato una ferita, gravissima, da scheggia di granata. Ricoverato in un’infermeria, vi restò sei mesi sollevato da cinghie in quanto non poteva reggersi in piedi. Miracolosamente guarito, alla fine del conflitto venne messo all’asta e Alessandro, insieme con il fratello Francesco, pure abilissimo cavaliere, lo comperò. In breve si rese conto di aver acquistato un campione. Per dieci anni Scoiattolo lo portò a vincere in tutta Europa. Era di quei cavalli obbedienti, sempre pronti a dare il cuore, intelligente. Aveva fiducia negli uomini, probabilmente perché lo avevano curato e guarito, e quindi si prodigava per favorire colui che lo montava – uno di questi uomini».