La battaglia di Pozzuolo del Friuli: un anniversario (quasi) dimenticato

Una data fondamentale nella nostra storia quella della carica di Pozzuolo del Friuli: per capirne le ragioni meglio fare un breve ripasso di quel tempo

Un reparto di cavalleria italiano nei dintorni di Pozzuolo del Friuli, nei giorni della carica - foto d'archivio
Bologna, 30 ottobre 2020 – Quasi lo avevo dimenticato questo anniversario anzi, sarò sincera: questa mattina proprio non avevo afferrato, vedendo un bel video sul sito dell’Esercito Italiano sull’arma di Cavalleria, a che festa si riferisse.

Prendo il cellulare, chiedo il permesso al comandante del centro ippico dell’Accademia di Modena, colonnello Giampaolo Cati, di essere disturbato da una domanda stupida e subito mi viene svelato l’arcano, cioè che oggi è il 103° anniversario della carica di Pozzuolo del Friuli.

Una data fondamentale nella nostra storia, molto amata in Cavalleria: per capirne le ragioni meglio fare un breve ripasso di quel tempo, e di quel giorno.

Il capitano Caprilli era ancora con i suoi Dragoni al galoppo nella brughiera di Gallarate, nel 1902: stava istruendo soldati che pochi anni dopo, assieme a tanti altri, andarono a morire sui campi di battaglia.

Nel 1915 la nostra cavalleria contava trenta reggimenti – il numero massimo mai raggiunto: ma il conflitto mondiale si caratterizzò subito per la micidiale guerra di posizione.

Gli italiani erano concentrati sul confine austriaco, trincee e fili spinati dettarono legge sulle modalità operative e la cavalleria aveva poche occasioni operative di prima linea.

Ma cosa ne fu di tutti quegli ufficiali e soldati, così accuratamente preparati tra salti, galoppi e Sistema Naturale di Equitazione?

Fecero piede a terra e lasciarono nelle retrovie il loro cavallo.

Molti diedero man forte a fanteria ed artiglieria nelle trincee, altri si riciclarono nella nuovissima arma per tanti versi simile alla loro: l’aviazione.

Dove potevano usare tutto il loro coraggio per domare quei trabiccoli volanti fatti di legno e tela che però avevano almeno in comune con i reparti a cavallo i compiti di esplorazione e attacco di sorpresa.

Nella guerra del ’15-’18 morirono alcuni tra i migliori allievi e seguaci di Caprilli: Solaroli, Acerbo, Bolla, Dentice di Frasso, Baracca.

E fu la II Brigata di cavalleria ad essere protagonista della resistenza di Pozzuolo del Friuli, da cui si rovesciarono le sorti della ritirata di Caporetto.

Nonostante la sproporzione tra la nostra cavalleria e gli avversari austriaci a favore di questi ultimi i mille lancieri riescono a resistere permettendo alla 3 Armata di passare il Tagliamento e mettersi al riparo, salvando poi i superstiti con la rottura dell’accerchiamento austriaco.

E’ la sera del 30 ottobre 1917, “..la voce corre per le interminabili colonne di truppe annichilite in ripiegamento: la cavalleria resiste, le teste e le spalle si raddrizzano”.

A Pozzuolo del Friuli, grazie alla cavalleria, “…nasce lo spirito che dieci giorni dopo arresta definitivamente il nemico sul Piave”: e chissà, magari tutta la cura che mettevano Caprilli e i suoi allievi a formare il carattere dei loro cavalieri non aveva effetti positivi soltanto sull’assetto in sella.

Importante quindi, nei momenti difficili, ricordare questa carica della cavalleria.

E quanto sia importante raddrizzare le spalle, alzare la testa per affrontare un nemico terribile, in una guerra che potrebbe sembrare impari: lo spirito positivo è una formidabile arma in più.