Per anni la preparazione fisica del cavaliere è stata considerata un dettaglio marginale, quasi un’aggiunta facoltativa all’allenamento in sella. Oggi però questo tema sta assumendo un ruolo sempre più centrale nella formazione degli istruttori e dei nuovi atleti. La preparazione fisica non è più un’opzione: sta cambiando il modo di formare i cavalieri. Ce ne parla Edoardo Bossi, incaricato delle docenze sulla preparazione fisica al corso istruttori di primo livello attualmente in svolgimento presso il Centro Equestre Federale dei Pratoni del Vivaro (CEF), dove per la prima volta la Federazione ha introdotto un modulo dedicato.
Da cavaliere a tecnico del movimento
Bossi arriva alla docenza dopo un percorso che intreccia esperienza sportiva e formazione scientifica, anni di lavoro sul campo con squadre nazionali e progetti federali orientati alla prevenzione e allo sviluppo della performance.
Partito dal completo, si è poi specializzato nei Mounted Games, mentre parallelamente portava avanti il suo percorso accademico, laureandosi in Scienze Motorie e formandosi nel campo della Fisioterapia con un orientamento specifico verso le esigenze del cavaliere. Un bagaglio che gli permette oggi di leggere il gesto equestre da una doppia prospettiva (dell’atleta e del professionista del movimento): una prospettiva integrata, ancora poco diffusa nel settore, che permette di collegare in modo diretto ciò che accade in sella con ciò che accade nel corpo del cavaliere.
L’ingresso nella docenza federale nasce da una forte curiosità per la formazione, ambito in cui negli anni ha consolidato il suo ruolo. Accanto all’attività didattica, è istruttore di 1° livello e ricopre diversi incarichi come ufficiale di gara, tra cui giudice, starter e classificatore per gli atleti para.
Un programma che unisce teoria, pratica e consapevolezza
Il modulo di preparazione fisica (ad un gesto tecnico) proposto da Bossi prevede una base imprescindibile: una conoscenza di base del corpo umano e del suo metabolismo. Anatomia, fisiologia, muscolatura, articolazioni, capacità fisiche e coordinative, resistenza, differenza tra lavoro aerobico e anaerobico, ruolo dell’ossigeno nella performance, come il consumo di energia negli sforzi brevi e intensi differisca rispetto a quelli prolungati.
L’obiettivo è condividere queste nozioni in modo chiaro, evitando tecnicismi che creino barriere linguistiche, ma privilegiando invece un linguaggio condiviso; e contribuire a costruire una cultura tecnica comune che renda la preparazione fisica una componente naturale del percorso di ogni istruttore e atleta.
Da questa base si passa alla pratica. Ogni concetto trova riscontro in esercizi mirati alla postura, alla propriocezione (capacità di percepire il corpo nello spazio), alla capacità del corpo di equilibrarsi su un “supporto vivo” come il cavallo.
Bossi insiste su un aspetto: l’equitazione ha un valore terapeutico, per i normodotati come per gli atleti para; l’azione ritmica del cavallo obbliga il sistema nervoso a costruire adattamenti utili alla postura, alla stabilità e alla gestione del corpo nello spazio. L’istruttore di equitazione pur non essendo un professionista sanitario, è parte integrante di un percorso multidisciplinare che genera salute.
Prevenzione e performance: le due macro aree della preparazione fisica
Secondo Bossi, le finalità della preparazione fisica possono dividersi in due macro aree: prevenzione del rischio e miglioramento della performance.
La prevenzione, intesa come limitare l’abuso del proprio corpo che può portare ad un sovraccarico.
Il nostro sport è classificato come tecnico combinatorio ed ad alto rischio al pari degli sport estremi, ma gli imprevisti come la caduta non sono preventivabili.
Non è prevedibile il rischio di caduta, ma la preparazione fisica atta ad insegnare come dissipare le forze di impatto, per esempio i rotolamenti o le capovolte (che sono i corretti schemi motori) posso scongiurare l’infortunio. A tal fine la FISE (Federazione Italiana Sport Equestri) e la FIJLKAM (Federazione Italiana Judo, Lotta, Karate e Arti Marziali) hanno avviato una collaborazione dedicata alla tutela degli atleti equestri, introducendo nell’ambito sportivo le tecniche di caduta del judo (ukemi).
Quindi con prevenzione ci riferiamo agli infortuni al netto della caduta senza schiacciamento, riguarda soprattutto i dolori tipici del cavaliere (ginocchia e schiena) che dipendono dal modo in cui il corpo si adatta nel tempo a un gesto tecnico (non naturale) sempre uguale. L’articolazione, se usata solo in un certo range di movimento, lasciando l’altro spettro deficitario (in disequilibrio), produce un sovraccarico, che porta poi alla comparsa del dolore.
Da qui il progetto su cui Bossi sta lavorando, una statistica e analisi di prevenzione dell’infortunio del cavaliere per valutare i rischi individuali e abbatterne l’incidenza da overreaching È un progetto che potrebbe rappresentare un concreto strumento strutturato dedicato alla prevenzione specifica del cavaliere.
Sul fronte della performance, l’obiettivo è permettere al cavaliere di esprimere al meglio le richieste della propria disciplina: resistenza, forza funzionale, coordinazione, capacità di assorbire e generare movimento.
La performance non nasce da esercizi complessi, ma dalla capacità di rendere il corpo efficiente nel dialogo con il cavallo, riducendo gli sprechi e aumentando la qualità del gesto atletico.
L’età conta: ciò che si impara da piccoli dura tutta la vita
Questo modulo, rivolto a potenziali istruttori, evidenzia la particolare attenzione che deve essere rivolta alla formazione dei giovani cavalieri. Sappiamo che gli schemi motori appresi prima dei 12 anni restano come automatismi per tutta la vita. Rotolare, correre, saltare, scavalcare, fare capovolte: sono abilità che permettono, anche da adulti, di reagire meglio a una caduta, un inciampo, una perdita di equilibrio, o qualsiasi altra situazione inaspettata che richiede una risposta immediata.
Oggi però tanti bambini arrivano a 8, 10, persino 12 anni con una base motoria povera. Tecnologie e sedentarietà hanno ridotto una parte dell’esperienza corporea che un tempo era spontanea. Il ruolo dell’istruttore diventa decisivo: è lui il primo garante della qualità motoria dei giovani cavalieri e della loro sicurezza futura. Per questo, dice Bossi, è fondamentale che l’istruttore sia consapevole della potenzialità della proposta di attività varie: a terra e in sella.
Preparazione sì, ma adattata all’allievo e al contesto
Non esiste una sola modalità per inserire la preparazione fisica nell’allenamento del cavaliere.
Anche le fasce d’età come abbiamo visto sono una discriminante: nell’insegnamento rivolto ai più giovani le basi motorie sono da costruire, mentre nell’adulto bisogna lavorare su una verticalizzazione tecnica specifica già precostituita.
La struttura stessa influisce: non tutti i centri hanno una palestra o uno spazio adeguato, ma già con tappetini, elastici e piccoli pesi si può fare moltissimo. La vera differenza non la fa la quantità di attrezzi, ma la chiarezza dello stimolo allenante proposto. Anche con strumenti minimi si possono ottenere risultati concreti, se si rispettano i principi corretti.
Ci sono degli schemi sportivi di massima da seguire: una fase di warm up, una fase centrale dinamica (che può essere un lavoro di forza specifico, o esercizi di coordinazione, o circuiti mirati al rinforzo e prevenzione) e poi una fase di defaticamento (stretching). Studi scientifici hanno dimostrato che lo stretching statico all’inizio dell’allenamento abbassa la performance.
L’importante è che l’esercizio sia coerente con la disciplina, l’età, il livello tecnico e gli obiettivi dell’allievo. E soprattutto che sia percepito come utile.
Qui entra in gioco il ruolo del docente: rendere i concetti comprensibili, evitare il “medichese”, trasformare la teoria in strumenti concreti che l’aspirante istruttore può sperimentare su se stesso prima di trasferirli ai propri allievi. Quando i ragazzi, escono dall’aula sapendo distinguere, per esempio, un esercizio utile alla prevenzione, da uno utile alla performance, e quale può essere d’aiuto in una situazione pratica che si trovano ad affrontare con gli allievi in campo, il risultato è raggiunto.
Una cultura nuova che sta prendendo piede
Bossi osserva che oggi, più che in passato, sono proprio i genitori, con grande sensibilità, a chiedere preparazione fisica per i loro ragazzi. Ne comprendono il valore, la necessità e l’impatto sulla salute nel lungo periodo.
La difficoltà maggiore non è convincere dell’utilità, ma integrare questa parte nella quotidianità dei centri equestri, spesso abituati a concentrarsi solo sul lavoro in sella.
La federazione si sta muovendo per offrire strumenti, modulare programmi e costruire una cultura condivisa. Quello che si sta impostando oggi è un primo passo verso un approccio più maturo e strutturato alla preparazione fisica all’interno del sistema equestre federale.
Nelle attività di avviamento all’equitazione con i pony questo aspetto è già curato, essendo più facile inserire degli esercizi atti a sviluppare l’atleticità, tra quelli di base rivolti ai giovanissimi.
Bossi segue già da tre anni la nazionale Mounted Games (disciplina con una forte componente atletica come le salite e le discese dal pony in velocità) come preparatore atletico, e da quest’anno (grazie alla Federazione) il percorso includerà anche prevenzione e lavoro programmato, con un approccio sempre più lungimirante.
Equilibrio: un concetto chiave
Se si volesse riassume l’intero apparato della preparazione fisica del cavaliere in una parola, equilibrio è il termine più adatto.
Equilibrio in senso posturale, equilibrio tra gruppi muscolari, equilibrio tra stabilità e mobilità, equilibrio nella gestione del corpo e della mente, equilibrio tra lavoro a terra e in sella.
È un concetto semplice da dire ma complesso da costruire, ed è proprio per questo che merita spazio, studio e attenzione.
La preparazione fisica non è un di più: è parte integrante dell’equitazione. Migliora la salute, riduce gli infortuni e permette al cavaliere di dialogare con il cavallo con un corpo più pronto, e un atteggiamento più consapevole.
La preparazione fisica non è un accessorio dell’equitazione: è la base invisibile che permette al cavaliere di diventare un atleta completo, capace di ottimizzare davvero il lavoro del cavallo.























