India: polizia a cavallo per informare sul Coronavirus

Paese che vai, informazione sanitaria che trovi: qui una versione di Zietto ai tempi della pandemia da Covid-19

Pattuglia a cavallo anti-Coronavirus in India, Photo by STR / AFP

Amaravati, 2 aprile 2020 – In India è in atto un esodo epocale a causa del Covid-19: grandissima parte degli abitanti delle città sta migrando verso le campagne, in una ricerca disperata di salvezza dal nemico invisibile che, inutile dirlo, li seguirà da vicino.

La Polizia indiana è coinvolta in prima linea non soltanto per garantire l’ordine pubblico, ma anche nell’istruire la popolazione sui comportamenti igienici corretti da tenere: e per attirare l’attenzione dei cittadini non trascura veramente nulla.

Gli agenti improvvisano lungo le strade divertenti siparietti con canti e danze, completi di caschi che simulano l’ormai famoso capocchione del Covid-19: poi prendono in mano il megafono e ripetono le raccomandazioni utili.

Per coinvolgere la gente e convincerla a fermarsi una pattuglia di Peapally Mandal, un villaggio che si trova nel distretto di  Kurnool ( stato di Andra Pardesh) ha dipinto uno dei suoi candidi cavalli con tanti simboli del Coronavirus, a mo’ di Zietto di Pippi Calzelunghe in versione pandemica, e mimato poi una scena con tanto di personaggi del poliziotto cattivo e del poliziotto buono, nel migliore stile Bollywood.

Ma quando c’è da fare sul serio gli agenti indiani non si tirano indietro: subito dopo queste scene hanno attuato un’azione di forza verso persone che non avevano rispettato un blocco stradale.

C’è da dire che è da ammirare il loro impegno: la Polizia indiana è comunque riuscita a mantenere deserte la maggior parte delle strade nazionali per una intera settimana, dopo il blocco del governo: e non è una cosa da poco, in un paese che conta un miliardo e tre milioni di persone notoriamente non troppo ligie alle autorità e che hanno già in partenza fortissime difficoltà economiche, sociali e logistiche.

E ci viene in mente il povero Shaktiman…ma quella era un’altra storia.