«Se non mi fosse capitato quello che mi è capitato, probabilmente non sarei mai andato alle Olimpiadi. Vabbé Paralimpiadi…». Ferdinando Acerbi è stato questa cosa qui. Tenace, contro qualsiasi circostanza che si mettesse tra sé e la vita. A volte con rabbia, a volte con astuzia, a volte con pazienza. Mai arreso però. Perché dopo che hai attraversato tutto, arrendersi è qualcosa che diventa inconcepibile.
Anche di fronte alla malattia, l’ultima, quella che se l’è portato via ieri notte, ha guardato dritto in faccia quello che gli stava accadendo. Ancora una volta.
Raccontare Ferdinando Acerbi, Ferdi, non è facile perché ci vorrebbe tanto tempo. E anche volendo ‘stringere’ si deve fare molta attenzione alle parole. Quelle inutili – ce lo siamo detti più volte negli ultimi anni – vanno evitate. Qui non si vuole celebrare uno che non c’è più. Qui si vuole celebrare l’esistenza bella, piena, vissuta a sorsi grandi di una persona che ha avuto la forza di ripartire tante volte. Molte più di quelle che ci si aspetterebbe in una sola vita. A lui sarebbe piaciuto così…
C’è stato Acerbi dei tempi del completo, un ragazzo giovane, bravo, forte, bello e casinista, con un coraggio che sfiorava l’incoscienza e che sapeva fare gruppo. Indimenticabile per chi l’ha conosciuto in quegli anni… Poi c’è stato Ferdinando del mare e della vela, libero, lontano e capace di traslocare tutta la sua verve ovunque lo desiderasse. Ferdinando che ha combattuto come un leone per ritornare a vivere dopo l’incidente in immersione. Ferdinando che è tornato in sella accettandosi e facendosi accettare perché «I limiti sono quelli che decidiamo noi…». Ferdinando uomo di sport a bordo campo… Ferdinando agguerrito e polemico. Ferdinando capace di sfilarti un sorriso anche nei momenti più bui. Ferdinando capace di abbozzare, con gli occhietti furbi e un po’ sottili di quando doveva ‘digerire’ qualcosa e già stava studiando come reagire…
Tanti i suoi progetti, tante le aspirazioni. Con l’obiettivo di andare sempre avanti e farcela. Poi la malattia, il cancro, che ha affrontato con la chiara consapevolezza che sarebbe stato difficile. Un forse sì, forse no che però non l’ha piegato.
«Se in qualche modo ne esco, e non so per quanto, questa volta voglio solo non pensare più a niente. Prendere la barca e andare…». È stata questa una delle ultime cose che mi ha detto al telefono mesi fa. Quando ridendo – un modo banale per attenuare la tensione della notizia della malattia – avevamo detto che bisognava scrivere un libro sulla sua vita e su tutte le cose che ci aveva fatto entrare. Accidenti compresi!
«Uno vero però» si era raccomandato.
Non c’è stato tempo Ferdi. Troppo presto…
Alla sua famiglia, a tutti coloro che gli hanno voluto bene (e continueranno a volergliene), a tutti noi rimane un ricordo grande. Da custodire sempre e a cui ispirarsi, ricambiando con un sorriso. Adesso basta soffrire. Ciao Ferdi, riposa.