I cavalli di Leonardo: la vita è nel movimento

Inaugurate al Museo della scienza e della tecnica di Milano le Gallerie di Leonardo, la più grande mostra permanente sul genio toscano che era, tra le altre cose, un ottimo cavaliere

Studi di Leonardo da Vinci per la battaglia di Anghiari, da Wikipedia

Milano, 11 dicembre 2019 – Il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano ha inaugurato nei giorni scorsi la più grande mostra permanente dedicata al genio toscano di cui quest’anno ricorrono i 500 anni dalla morte: le Gallerie  Leonardo da Vinci.

E noi ne approfittiamo per condividere con voi un altro brano del nostro inserto speciale uscito in occasione della 121° Fieracavalli Verona dedicato ai cavalli di Leonardo.

Gli studi sui cavalli di Leonardo da Vinci pervenuti sino a noi sono numerosi, e sappiamo che altri da lui dedicati allo stesso, nobile argomento sono andati perduti: un interesse logico, visto che il cavallo era un soggetto di estrema importanza nel mondo di allora.

Ma forse il multiforme ingegno leonardesco era anche affascinato dalla parallela capacità del cavallo di esprimersi in campi tanto diversi: così, da ingegnere militare Leonardo lo pensò come forza motrice di macchine belliche che avrebbero falciato i nemici mosse dal suo galoppo sfrenato; da architetto disegnò scuderie modernissime, le “stalle polite”, che vennero realizzate su suo progetto sia per i Medici a Firenze che per Ludovico il Moro in Lombardia.

E da uomo attratto dai dettagli disegnò finimenti per attacchi che tradiscono la sua curiosità di approfondire i particolari più minuti.

Ma è l’artista Leonardo, sia come disegnatore che scultore, a trasmetterci la sensazione più vibrante di questa relazione tra lui e il cavallo, forse il suo modello più amato: dato fondamentale da tenere presente il fatto che, anche nei momenti di crisi economica più nera,

Da Vinci non rinunciò mai ad avere cavalli in scuderia.

Ottimo atleta, Leonardo era considerato un cavaliere brillante anche se l’equitazione non era l’esercizio fisico dove eccelleva maggiormente: logico quindi che fosse profondamente consapevole dell’importanza del movimento del cavallo non solo dal punto di vista meccanico e funzionale, ma anche da quello dell’espressività dell’animale vivo, che studiò meticolosamente per tutta la sua vita provando a catturarne l’essenza e il fascino in proporzioni matematicamente definite.

Lui aveva strumenti espressivi che ben pochi di noi possiedono ma se guardiamo i suoi disegni, percepiamo ancora oggi con chiarezza che, dallo studio teorico, traspare quello che provava davvero di fronte ad un bel cavallo: e che sentiamo nello stesso modo anche noi, oggi.

Il ginnetto grosso di messer Galeazzo, e altri cavalli

Questo portare nella teoria artistica la vita pulsante è più evidente nei disegni del genio vinciano che includono informazioni dei soggetti raffigurati. Il ritratto dal vero del ginnetto grosso di Galeazzo Sanseverino, dall’occhio gentile. O gli schizzi che raffigurano il Siciliano della stessa scuderia, più volte soggetto dei suoi studi o il Frisone (diverso da quelli odierni) che conosciamo perché copiato da Carlo Urbino nel codice Huygens: tra l’altro, questi tre tipi equini sono gli unici espressamente citati da Leonardo.

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