Milano: ma il monumento a Vittorio Emanuele II che storia ha?…

Qualche curiosità sulla statua equestre a Vittorio Emanuele II, al centro della cronaca recente per atti di vandalismo

Il monumento a Vittorio Emanuele II in una foto da Wiki Commons di Giovanni dall'Orto
Milano, 10 marzo 2023 – A volte i fatti di cronaca tirano per la giacchetta la storia: come nel caso dell’ultimo imbrattamento di opere d’arte, questa volta ai danni del monumento equestre a Vittorio Emanuele II al centro della piazza del Duomo a Milano.

Probabilmente il più simpatico rappresentante di tutta la storia sabauda, Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso di Savoia.

Affettuoso con la moglie ma donnaiolo impenitente, simpatico e alla mano col popolo. Ma consapevole della propria dignità dinastica quando (davvero) serviva, ragazzino iperattivo e somaro impenitente da scolaro ma buon soldato nella pratica.

E per di più sinceramente amante dell‘equitazione e dei cavalli. Montare era tra i suoi passatempi preferiti sin da bambino, aveva una passione particolare per i Purosangue Arabi che trasmise anche al figlio Umberto I.

A cavallo cacciava anche su per gli impervi sentieri dell’arco alpino, dalla Valle Gesso alla Valtournenche.

Il monumento di Milano, opera dello scultore Ettore Rosa e inaugurato nel 1896, raffigura Vittorio Emanuele appena prima della battaglia di San Martino.

E’ il 1859, sarà l’ultimo scontro della seconda guerra d’indipendenza e l’allora “semplice” re di Sardegna frena con mano ferma il suo focoso cavallo e si gira sulla sella per incitare i suoi.

Chissà, magari stava davvero facendo quella battuta di spirito in piemontese poi passata alla storia: “Fieuj, o i pioma San Martin o j’àuti an fan fé San Martin a noi!”.

Che tradotta dal piemontese in italiano suona come “Ragazzi, o prendiamo San Martino o gli altri fanno fare San Martino a noi!”.

L’11 novembre, giorno di San Martino, nell’ambiente rurale era infatti per tradizione riservato al cambio di lavoro e ai traslochi.

Perfettamente in linea col personaggio quindi, così a suo agio quando poteva comportarsi quasi come un suddito qualunque. E perfettamente felice con la sua Rosina, moglie morganatica e figlia di un cocchiere che fu tamburino maggiore in gioventù.

Peccato solamente che questo re cavaliere avesse poco fiuto per quello che riguarda l’ippica. Infatti rimandò Vandalo, poi diventato uno dei cavalli più celebri dei tempi eroici del trotto, al suo allevatore perché era stato giudicato troppo problematico di carattere.

Vandalo poi vinse fino a 23 anni e si portò in scuderia più di 200 vittorie…ma questa è un’altra storia, e in fondo è bello che non tutti i lieto fine abbiano per protagonista un principe più o meno azzurro, no?

Il re Vittorio Emanuele II davanti ad una tenda durante una battuta di caccia sul Gran Paradiso, circa 1860: lo stalliere gli sta portando il suo cavallo – da uno scritto del dottor Marco Cima.

Qui la recente notizia dell’imbrattamento.