Pensando a Fieracavalli: i Frisoni veri li troverete al padiglione nr.9, qui c’è la loro storia

Una delle razze più fascinose dell’Universo Equino la potrete incontrare  a Verona, ma intanto preparatevi con un po’ di teoria…

Milano, ottobre 2015 – Stiamo tutti pensando a Verona: quale padiglione visitare per primo, che cavalli andare a vedere da vero che mica ci si può accontentare di sognare sempre sulle pagine di una rivista (anche se è bella come la nostra!).

Molti dei nostri lettori più giovani, ma non solo, sono affascinati dai cavalli Frisoni: in attesa del pellegrinaggio al padiglione 9 di Fieracavalli vi mettiamo qui un bel video sui morelli olandesi (da Behind The Mask) e anche un articolo, comparso su Cavallo Magazine di febbraio 2012, che parla della razza.

 

La gemma dei Paesi Bassi: il Frisone.

Testo di Maria Cristina Magri

Che gli olandesi siano gente tenace è risaputo e proverbiale: costruirsi un paese strappandolo metro dopo metro al mare è qualcosa che forma davvero il carattere di un popolo. Ma sono anche grandi commercianti e lo spazio relativamente piccolo del loro paese stretto tra Belgio, Germania e Mare del Nord, non è mai bastato a contenere tanta propensione al business.

Così la Compagnia Olandese delle Indie Orientali, nata per commerciare spezie dall’Oriente all’Europa, favorì la nascita di uno dei più grandi imperi coloniali e influì fortemente sulla geopolitica di mezzo mondo per almeno quattro secoli. Eppure Indonesia e Sudafrica non sono stati gli ultimi territori di conquista degli olandesi, c’è un altro grande spazio che hanno fatto proprio: quello che, nell’immaginario collettivo contemporaneo, appartiene al cavallo delle leggende. Se lo è guadagnato la loro gemma nera, il cavallo Frisone: nero come la notte, criniera e coda fluentissime e ondulate, andature epiche sottolineate da quelle spazzole ai pastorali che gli danno un’aria da bohémien romantico e raffinato.

E’ la razza più cinematograficamente caratterizzata dei nostri tempi (chi ne sceglierà un altra per l’Eroe dopo Golia, il nobile corsiero di Navarre in «Ladyhawke»?) ma anche se sembra uscito da un quadro pre-raffaellita di Dante Gabriel Rossetti le sue qualità migliori, quelle che lo hanno fatto amare così tanto dagli olandesi prima e dal resto del mondo poi non hanno a che fare con l’estetica. Perché se il Frisone fosse accattivante solo dal punto di vista esteriore il fenomeno sarebbe stato molto più contenuto, invece lui è anche estremamente dolce, volenteroso e facile di carattere: una combinazione vincente.

Ovviamente una sintesi così perfetta tra look e talenti non è nata per caso e il pallino della zootecnia deve essere qualcosa di particolarmente diffuso lassù, tra i mulini a vento, se una nazione di appena 16.000.000 di persone ha diffuso per il mondo altre razze di universale successo come la vacca Frisona (sì, la madre di tutte le Lole) e il KWPN, il cavallo sportivo olandese riuscito nell’impresa di rubare scena e allori ai prodotti dell’allevamento germanico.

Certo clima dolce e temperato aiutano l’Olanda ad avere pascoli ideali per qualsiasi erbivoro, ma dietro questi successi c’è sicuramente qualcosa di ancora più importante: un obiettivo intelligente e ben definito perseguito con un’ottima organizzazione di progetti e lavoro. Il tutto esercitato su di un ceppo equino di origine molto antica e con forti legami storici sul territorio: già duemila anni fa si parlava di guerrieri Frisoni che, con i loro grandi e robusti cavalli, combattevano in Britannia come mercenari e di loro si troverà traccia per i successivi quattro secoli. Non c’è la prova del legame di sangue dei loro destrieri con i Frisoni attuali, ovviamente: ma molti autori danno per certa l’influenza dei Frisoni su razze britanniche come lo Shire e il pony Fell che, effettivamente, è una perfetta copia in scala ridotta del morello olandese. Nei secoli successivi le carte genetiche delle popolazioni equine europee si mescolarono parecchio: in quelli che venivano chiamati Paesi Bassi (Olanda e Belgio) si succedettero le case regnanti di Baviera, Borgogna e Austria. Attraverso Maria di Borgogna passarono al nipote Carlo V, l’Imperatore sul cui regno non calava mai il sole: e si dà il caso che la maggior parte delle razze equine famose del tempo fossero autoctone di qualcuno dei suoi possedimenti (Spagna ed Austria), o che corressero il rischio di diventarlo (tutti i piccoli stati italiani, compreso quello Pontificio).

Questo favorì l’apporto di sangue spagnolo anche nei cavalli olandesi, che non c’è niente come uno stretto rapporto politico e amministrativo per far mischiare le razze equine: i viaggi necessari agli uomini portavano i cavalli lontano dal loro luogo di nascita, e tra i regali più apprezzati tra potenti c’erano sempre loro, i destrieri preziosi scelti tra i più belli e i meglio addestrati. Un bel cavallo era qualcosa che capivano tutti, e tutti ammiravano: lo stesso Carlo V, che nel 1544 alla Dieta di Spiers aveva notato lo stallone Frisone dell’elettore Giovanni Federico di Sassonia lo riconobbe tre anni dopo, durante la battaglia di Mühlberg che li vedeva avversari. Da notare che lo stallone di Giovanni Federico fu il primo cavallo ad essere definito «frisone» su un documento scritto ufficiale. Sempre dalla casa d’Asburgo viene un altro importante documento su questa razza: lo stallone Phryso, di proprietà di Don Giovanni d’Austria è ritratto nel 1568 dal pittore Jan van der Straat. E questa acquaforte canta più di qualsiasi carta perché il morello ritratto, con una piccola stella in fronte e l’azione alta degli anteriori, sembra davvero un Frisone moderno.

Ancora nel ‘700 si parlava dei cavalli frisoni sui testi di equitazione accademica, gli ultimi riflessi dopo il Secolo d’Oro olandese: poi cominciò il XIX secolo, un periodo di decadenza per il loro allevamento. Domenico Vallada nel suo «Abbozzo di ippologia» del 1864 scrive che «I cavalli d’Olanda più rinomati sono quelli di Frisia, che è la sua provincia più settentrionale ed è singolare come tra questi se ne allevassero nei tempi andati di quelli a forme un po’ meno grossolane che appellavansi HART-DRAVERS, ossia forti trottatori, molto ricercati per la loro forte andatura». Altri autori europei del tempo li citano come un poco decaduti dai passati fasti (anche morfologici: spesso se ne lamentava, all’epoca, la scarsa finezza di conformazione), ma tutti sottolineano invariabilmente il loro carattere mite e le andature particolarmente enfatiche. Spesso morelli, sempre dolci come agnelli, leali, gentili e con in più quel che di piacevolmente superfluo dato dai movimenti lussuosamente rilevati: anche quando erano diventati ormai cavalli da agricoltori venivano da questi particolarmente appezzati proprio per il loro «ballare» davanti all’aratro – cosa poco ragionevole per un cavallo da lavoro, richiedendo un dispendio di energia del tutto inutile per lo scopo. Ma era molto bello da vedere, il che assieme al carattere gentile ha garantito loro un posto nel cuore (e nei famosi pascoli) dei coltivatori olandesi. Così lentamente il vecchio cavallo da guerra divenne un generoso cavallo da attacchi: il suo trotto spettacolare era perfetto per i legni dalle alte ruote che i ricchi proprietari terrieri amavano sfoggiare andando alla funzione domenicale, il suo petto largo e le spalle forti ideali per i finimenti col collare e gli stessi cavalli staccati dalle carrozze venivano anche montati dai ragazzi in gare di trotto…regolarmente improvvisate, senza sella ma soltanto con una copertina (tradizionalmente di colore arancione) buttata sulla loro schiena per proteggere il fondo dei pantaloni dei giovani cavalieri.

Nonostante tutto però la concorrenza dei cavalli da lavoro più specializzati faceva sentire il suo peso: l’efficienza garantita da soggetti più potenti era preziosa anche per gli olandesi, che cominciarono a incrociare il loro cavallo con razze a sangue freddo più pesanti. Fu un disastro ovviamente, il Frisone tradizionale era praticamente scomparso all’inizio della Prima Guerra Mondiale – nel 1913 c’erano solo tre stalloni iscritti al vecchio Stud-Book disponibili per la monta. Fortunatamente il pericolo di perderli per sempre decise un gruppo di allevatori ad organizzarsi: acquistarono le migliori fattrici e puledri rimasti e studiarono un piano di incroci ponderato, che permise loro di ottenere un buon numero di soggetti con le caratteristiche tipiche da sempre amate nella razza. Non si trattava più dell’antico, lussuoso Frisone dei tempi d’oro: era diventato un po’ più piccolo di statura, un po’ più robusto di conformazione – doveva pur sempre tenere il passo coi cavalli da lavoro più pesanti, o i suoi proprietari avrebbero avuto solo un delizioso ma poco utile lavoratore a disposizione per le necessità quotidiane. Ma si trattava comunque di una cassaforte genetica che ha permesso di fare arrivare fino a noi il DNA dei gentili cavalli di Frisia che si muovevano in modo così magico, e con la selezione più moderna gli allevatori olandesi stanno riportando la razza sui canoni di leggerezza più simili a quello del tipo originale. Sta tornando la leggenda, la sentite anche voi? Ha un trotto inconfondibile.

Per saperne di più:

Races chevallines, di Paul Diffloth – Paris 1916

http://www.kfps.nl/

La Reale Società del Cavallo Frisone

La casa reale olandese ha avuto un ruolo importante nel salvataggio del Frisone Occidentale (chiamato così per distinguerlo dal Frisone Orientale, un cavallo sportivo sul tipo dell’Oldenburg) e le scuderie reali di Borculo sono state uno dei poli più importanti per la selezione negli ultimi due secoli. Lo Stud-Book del cavallo Frisone registra ogni soggetto riconosciuto dal 1879: attualmente sono più di 60.000 in tutto il mondo.

Un versatile carrozziere.

Qualunque fosse la sua attitudine nel periodo Barocco, è innegabile che il Frisone moderno sia un carrozziere nato: gli attacchi erano il suo lavoro quotidiano e la morfologia è stata naturalmente indirizzata verso questo scopo. La testa è lunga e sottile, lo sguardo vivace e le orecchie piccole, attente, spesso delicatamente curvate verso l’interno; l’incollatura è lunga ed arcuata, i crini abbondantissimi non vanno mai accorciati nei soggetti che devono essere presentati alle rassegne morfologiche ( ma chi taglierebbe tanta scenografica grazia di Dio?) e richiedono qualche particolare attenzione gli abbondanti peli sui pastorali che, se non regolarmente toelettati, possono favorire l’insorgenza delle ragadi. Il mantello è sempre e soltanto nero zaino: è ammessa una piccola stella in fronte, ma nessuna balzana. Nascono a volte soggetti bai oscuri, che però non vengono mai ammessi alla riproduzione. La spettacolarità innata delle sue andature e la piacevolezza del carattere ne fanno anche un richiestissimo cavallo da sella con buone attitudini al dressage, specialmente nelle linee di selezione più recente. Inutile sottolineare quanto poi sia apprezzato per ogni tipo di spettacolo: dal circo al cinema fantasy, dalle fiction in costume alle rievocazioni storiche non c’è soggetto più utilizzato o desiderato del nero olandese. Ma vale la pena sottolineare, una volta di più, quanto sia importante il suo carattere in queste diverse interpretazioni: sono la sua disponibilità e il suo cuore gentile a farne davvero il protagonista di tanti sogni.

Marketing a fin di bene.

L’anima del commercio è la pubblicità, figuriamo ci se non lo sanno in Olanda: e dopo aver ricostruito il Frisone nella primavera del 1967 gli allevatori e appassionati della razza organizzarono un tour di tre giorni in cui i soggetti più belli e fascinosi si fecero ammirare e conoscere da tutti: quasi duecento chilometri attraversando tutta la regione della Frisia con attacchi e cavalli montati, un successo incredibile che riportò nella vita degli olandesi l’amore per lo splendido morello.

20 ottobre 2015