Manuela… Che storia!

Rommel a Parigi? Magari questa volta… perché no? Soprattutto se ‘la volpe del deserto’ sarà agli ordini di Manuela Pierattoni. La strada è tutta in salita ma è indispensabile provarci

Bologna, 8 maggio 2023 – Dal Comitato regionale Fise Friuli Venezia Giulia ci arriva una bella storia umana e sportiva. Si tratta di quella di cui è protagonista Manuela Pierattoni, commercialista innamorata dei cavalli con tanto di più da raccontare. Una over 40 con lo spirito e la passione di una ragazzina, che sicuramente è portatrice innanzi tutto di un messaggio positivo e importante. E questo a prescindere da quale sarà, da qui a qualche mese, la sua avventura nel paradressage. Con meno di un anno a disposizione per guadagnare la qualifica, non sappiano se Manuela ‘sarà della partita’ a Parigi 2024. In compenso sappiamo che ci proverà con tutte le sue forze. Perché la determinazione è parte non negoziabile della sua personalità e della sua storia personale. E mentre aspettiamo che ogni cosa faccia il proprio corso, proviamo a conoscerla un po’.

 

 

Vedere il bicchiere mezzo pieno è una scuola di vita. Anche quando proprio il ‘vedere’ è ciò che nella vita sembra opporsi a te. Con la retinite pigmentosa diagnosticata all’età di sei anni, Manuela Pierattoni lancia il proprio messaggio: «Se non fosse per quello che mi è accaduto, oggi non sarei qui».

“Qui e ora” per Manuela è la classificazione come atleta paralimpica ottenuta a Waregem la scorsa settimana e con essa si è aperta la prospettiva di una Paralimpiade nella disciplina del paradressage. Ma per quanto riguarda i suoi trascorsi… Ebbene, per quella storia ci sarebbe abbastanza per farne un libro.

Per inquadrare brevemente la sua storia, possiamo dire che per una lunga parte della sua vita, Manuela non ha palesato la difficoltà visiva. In primis perché è un disturbo oculare lentamente progressivo e quindi all’inizio poteva essere ‘celato’ al mondo. Poi perché, come racconta lei stessa, a lungo se ne è vergognata.

Così la vita è andata avanti. Normale, in una famiglia assolutamente normale. Dove la passione equestre non aveva grossi margini per poter essere espressa. Mamma impiegata, papà operaio, Manuela, classe 1977, deve attendere fino al 2011 perché la sua passione possa trovare la strada per sbocciare.

«Per lavoro stavo occupandomi della pratica per una copertura fotovoltaica ad un passo da casa. Fatalità, si trattava di una struttura ospitante una scuola di equitazione».

I casi della vita… Manuela e il marito Pierluigi nel marzo del 2012 iniziano a montare. E l’happy ending sembra a un passo ma non è così. Nel 2014, il 29 aprile, Manuela perde i sensi mentre è in sella al galoppo. Cadendo batte la testa e precipita in coma.

«Il mio ultimo ricordo è la mia mano con il frustino rosa vicino al collo del cavallo» racconta. E si affretta a spiegare: «Non è stata colpa di Rosielle. La cavalla ha fatto di tutto per sostenermi evitandomi una volta caduta a terra. Purtroppo, nemmeno le protezioni hanno potuto evitare una contusione cerebrale al lobo frontale».

Il primo a soccorrerla è il marito che, da medico, ha subito chiara la gravità della situazione. Una diagnosi tremenda se si pensa alle funzioni che risiedono proprio in questa area del cervello. Manuela rimane a lungo ‘addormentata’ e non senza complicazioni. Più di una volta le condizioni cliniche sono critiche ma con grandissima gioia di tutti, alla finestra neurologica del 16 maggio, quando la chiamano con il suo nome lei sorride.

«A quel punto, mi ha raccontato poi mio marito, ha capito che sarei tornata».

 

 

E così è stato. Il 6 giugno Manuela lascia l’ospedale. E di fronte a un evento del genere, il suo problema agli occhi pare davvero un dettaglio di secondo rilievo.

«Sono tornata con la consapevolezza del tempo e del suo valore» spiega sorridendo. «Appena possibile ho voluto andare a trovare Rosielle. Lei ha vissuto il trauma dell’incidente molto severamente. Mi ha visto stare male. Nelle settimane successive all’incidente si era mostrata apatica e solitaria, inaspettatamente per la sua natura affettiva». La ripresa è faticosa. A metà giugno Manuela ricomincia a giocare, spazzolare, a donare tutte le attenzioni possibili a Rosielle. Attenzioni che la stessa ricambia con l’espressività di un tempo.

Solo pochi mesi e il 14 settembre Manuela chiede all’istruttore di rimetterla in sella. Quel memorabile giorno, Manuela riabbraccia la vita e le emozioni di un tempo risalendo su Rosielle.

In un brevissimo periodo la vista però peggiora e nell’occasione di un ‘socialino’ si rende conto che anche un percorso non agonistico le è precluso.

«Ho dovuto rinunciare. Le condizioni di luce erano impossibili per i miei occhi. E soprattutto, una volta a casa, ho dovuto vuotare il sacco con il mio istruttore, raccontandogli del più recente aggravarsi della malattia».

Comprendendo gli enormi sforzi fatti negli anni da Manuela e sulla scorta dei buoni risultati conseguiti ‘nonostante tutto’, l’istruttore, divenuto grandissimo amico, le suggerisce di intraprendere l’iter per la classificazione paralimpica. Classificazione che Manuela ottiene con un grado 5 a Pontedera dove incrocia la strada di Laura Conz, tecnico per l’appunto della compagine ‘para’ Fise.

Ma l’evento più significativo della sua storia è l’incontro con Rommel, 30 maggio 2020. Per un’amazzone cosi speciale serve un cavallo magico, e Rommel incarna ogni meraviglioso desiderio di Manuela: carattere, bravura, dolcezza, protezione e la capacità di esprimere un legame tecnico ed emozionale unici. «Sono andata a provare Rommel ed è stato vero amore a prima ‘sella’. Nel 2022, armonizziamo la nostra intesa e affrontiamo la prima competizione. In breve ne seguono molte, fino all’argento nazionale dello scorso anno».

Manuela oggi continua nella sua professione di dottore commercialista. È anche revisore dei conti per il Comitato regionale Fise Friuli Venezia Giulia, si occupa di Rosebud Horse Club (la sua scuderia), segue Edera e Ercole, i suoi gatti Certosini, e monta Rommel con un obiettivo ben preciso: «Con un cavallo che si chiama Rommel non posso che avere Parigi nel mirino – scherza sorridendo –. Entrare nel rettangolo per una paralimpiade è un sogno. Ho 8 mesi per tentare la convocazione e intendo impegnarmi al massimo».

Mentre ringrazia il suo istruttore storico, Paula Dorgnach, Laura Conz, Francesco Zaza e Jean-Marc Poisson che l’hanno accompagnata sino a qui nella sua storia, con leggera e disarmante semplicità aggiunge: «E pensare che se non fosse stato per gli occhi e per l’incidente, io qui ad accarezzare il sogno paralimpico non ci sarei probabilmente mai arrivata…».

Capite il valore del bicchiere mezzo pieno?