L’EquiAltaVia delle Alpi Liguri: in viaggio tra le nuvole e il mare

Cinque giorni di sella, 140 km di sentieri, due amiche che sanno sognare forte e un progetto costruito passo dopo passo, assieme ai loro cavalli

L'EquiAltaVia dei Monti Liguri: il Monte Galero, foto archivio Borelli/Berton
Genova, 2 settembre 2022 – Chi l’ha detto che i social network servono solo a fare chiacchiere inutili?

Lara Borello e Serena Berton si sono incontrate proprio su un gruppo Facebook, il conosciutissimo ‘Trekking a cavallo’ di Thomas Abbondi: molto prima che nascesse davvero l’EquiAltaVia.

Lì hanno capito di avere tante cose in comune: tra cui sicuramente anche quella di saper tradurre in pratica idee, sogni e progetti.

Perché di bei sogni è pieno il web, ma loro sono donne di cavalli: pratiche, coi piedi per terra, abituate a cavarsela da sole nei momenti critici in sella come quelli in scuderia.

E il loro sogno di una EquiAltaVia delle Alpi Liguri, che portasse anche chi viaggia con il proprio cavallo a scoprire l’entroterra ligure di Ponente, loro lo hanno fatto diventare vero.

Prima tanti mesi passati a studiare la cartografia, parlare con le persone che conoscono i posti, in sella per accertarsi dell’itinerario un pezzo alla volta con i loro occhi: non si può improvvisare nulla quando si portano in quota su sentieri difficili tanti binomi.

L’organizzazione del viaggio, realizzato per tracciare in modo definitivo un itinerario che verrà inaugurato nel luglio 2022, ha richiesto molta attenzione.

Non era previsto l’appoggio logistico esterno ad ogni tappa, quindi tutti i materiali e le attrezzature necessari erano caricati sui cavalli o acquistate ai vari punti tappa.

Poi finalmente il trekking completo in compagnia di una decina di amici.

Ricorda Serena Berton della partenza: «Il 27 luglio 2021, dopo un lungo viaggio con il van, arriviamo alla ASD Equitrek di Rialto dove sistemiamo i cavalli in paddock elettrici preparati per il nostro arrivo. I cavalli sono tranquilli ma consapevoli che a breve partiranno per un viaggio. La notte prima di un grande trekking è sempre emozionante: le aspettative sono alte, ma non sappiamo davvero cosa ci aspetterà. Prepariamo tutta l’attrezzatura nel migliore dei modi per l’indomani mattina e posizioniamo le tende a fianco ai nostri cavalli, addormentandoci cullati dai loro rumori».

In cinque giorni l’EquiAltaVia delle Alpi Liguri porterà Lara, Serena e i loro compagni a incrociare persone, sentieri, animali, paesaggi e anche la storia. Perché quando si cammina in qualche modo si fanno rivivere anche i passi di chi è già stato lì, magari secoli fa.

Come succede alla prima tappa con la Strada Beretta, che prende il nome dall’ingegnere militare che nel 1666 la progettò e costruì a tempo di record per collegare in modo più veloce il Mediterraneo ai possedimenti spagnoli dell’Italia settentrionale.

Gaspare Beretta faceva parte dell’esercito del Ducato di Milano, allora sotto il dominio spagnolo: a inaugurare la sua opera fu la giovanissima sposa di Leopoldo I d’Austria, Margherita Teresa d’Asburgo, durante il viaggio che dopo il matrimonio avvenuto per procura la portò dalla Spagna a Vienna. Margherita quando passò di qui aveva solo 15 anni, sino a quel momento era vissuta sempre chiusa nel Cuarto de la Reina all’Alcazar di Madrid: passando sulle stesse pietre e guardando gli stessi panorami chissà se i pensieri dei viaggiatori di oggi sono così diversi da quelli della fragile imperatrice.

E questo è soltanto una delle pagine di storia che si sfogliano in sella sulle Alpi Liguri, disseminate come sono di fortificazioni militari di ogni epoca: «Al valico alpino del Colle del Melogno c’è una fortificazione in corrispondenza del valico» racconta Serena. «Quando siamo passati da lì il rumore amplificato, quasi assordante dei ferri sull’asfalto ci ha fatto immaginare come poteva essere il frastuono sviluppato dal transito di un intero reparto di cavalleria tra quelle mura».

Viaggiare è una specie di ginnastica anche per la mente: specialmente con un cavallo, che ti permette di guardarti intorno e avere il tempo di pensare a cosa stai osservando.

A cosa l’ha creato, perché il paesaggio è sempre frutto dell’intervento dell’uomo sulla natura: specialmente in quella difficile di Liguria, dove le generazioni passate hanno dovuto rubare alle rocce e al vento salmastro ogni palmo di terra coltivata.

Ogni muretto a secco, ogni terrazzamento, ogni bosco raccontano la pazienza di gente che sapeva investire sul futuro, confidando nel fatto che chi sarebbe venuto dopo di loro avrebbe fatto lo stesso. Anche questo è un patrimonio di cultura da onorare quando si passa di lì: riconoscendolo, uniti anche da quel formidabile mediatore che è il cavallo.

La lista di tappe dei cinque giorni di viaggio sembra una collana di piccole perle: come la foresta demaniale della Barbottina, una delle faggete più belle d’Italia, dove i nostri incontrano l’Alta Via delle Alpi Liguri, il castello di Calizzano e la Via Alpina che aggira il Monte Galero (1708 m s.l.m.).

Appena sotto la sua vetta il sentiero diventa impervio e costringe ad effettuare alcuni passaggi molto tecnici con i cavalli a mano fino al crinale: lì c’è il premio di un panorama mozzafiato, che spazia dalle Alpi al mare e ripaga di tutta la salita.

Scriviamo sulla scorta degli appunti di Serena Berton, e il suo diario di viaggio ci fa davvero sentire con loro sulla strada.

Come quando osserva quanto sia stato importante il momento dell’abbeverata comune per lasciar familiarizzare i cavalli tra loro, o descrive la sensazione che offre il panorama dal rifugio La Terza, sul nodo del Monte Saccarello. Da lì gli occhi abbracciano tutta la catena alpina e nelle giornate limpide arrivano sino alla Corsica.

La tappa è nella quarta giornata di viaggio, quella più tecnica e delicata: è necessario lasciare ai cavalli la calma necessaria a scegliersi ogni passo e valutare con attenzione se dare loro indicazioni oppure e meglio lasciarli decidere da soli, condizionati come sono dal peso dell’affardellamento e del cavaliere.

Le perle della collana sfilano una a una, i giorni scorrono e il gruppo arriva alla frazione di Piaggia, il centro abitato più meridionale del Piemonte: oggi quasi disabitato, ma i pochissimi residenti sono tutti in strada per salutare i viandanti al loro passaggio.

L’EquiAltaVia termina poco dopo, a Monesi di Triora e rubiamo a Serena la chiusura del suo diario.

Le Alpi liguri sono un paesaggio fatto di contrasti, dove la flora e la fauna alpina si mescolano a quella mediterranea. Abbiamo attraversato boschi, foreste di conifere, abetaie e pinete, tagliato pascoli e alpeggi e ci siamo arrampicati su mulattiere fino a passare le cime più alte. Ci siamo spinti sin dove abbiamo potuto, per ammirare panorami che solo i grandi rapaci posso considerare casa. Queste strade portano ancora oggi il segno della storia e del passaggio di pastori, viandanti e soldati nelle guerre di tutte le epoche. I nostri cavalli ci hanno permesso, in così pochi giorni, di percorrere quasi 140 chilometri in un territorio aspro e insidioso: ma che se visitato con rispetto non può fare altro che rubarci un pezzo di cuore”.

L’inaugurazione ufficiale dell’EquiAltaVia è avvenuta il 30 luglio 2022,  qui la notizia

Il meteo

Una delle difficoltà previste era la variabilità del tempo: pur essendo luglio avanzato alcune notti le temperature sono andate sotto lo zero, e i venti spesso e volentieri erano molto forti. Indispensabile quindi l’equipaggiamento adatto, sia per i cavalieri che per i cavalli: compresa la coperta per gli equini, perché non è sempre detto che anche per loro si riesca a trovare una posizione veramente protetta da correnti e precipitazioni.

Passaggi delicati: la preparazione all’imprevisto

Nonostante tutta la preparazione dei mesi precedenti, qualche passaggio difficile ha fatto benedire una volta di più il fatto che i cavalli del gruppo fossero davvero ottimi cavalli da turismo equestre: già dopo l’abitato di Calizzano il sentiero mette subito alla prova la loro affidabilità. Il primo tratto infatti è risultato molto difficile da affrontare col cavallo affardellato con basto e bisacce sporgenti: il sentiero era largo esattamente quanto il cavallo someggiato. Le borse sono rimaste agganciate a un ramo ed è stata di fondamentale importanza una buona conduzione a mano e un buon addestramento del cavallo a fermarsi ed arretrare, così da spostarsi lateralmente quel poco che gli ha permesso di liberarsi e proseguire.

Prima di partire per un lungo viaggio…

…e anche prima di ogni tappa quotidiana: pulire meticolosamente tutti i finimenti. Sottopancia, sottosella, pettorale, testiera, sottocoda e groppiera del cavallo da basto: tutto deve essere liberato di terra, sabbia o quant’altro possa provocare attrito sulla pelle del cavallo. Al momento dell’insellaggio, si controllano i pesi di affardellamento sia per i cavalli sellati che per quello da basto. É una fase molto delicata: ogni attrezzatura deve essere posizionata in maniera perfetta per evitare qualsiasi tipo di problema o fastidio all’equino. Dobbiamo sempre ricordarci che il cavallo da trekking è un atleta, un agonista a tutti gli effetti anche se non compete nelle arene.

L’itinerario

Mai più di 35 km al giorno, visti i dislivelli importanti e le difficoltà di tanti passaggi: in 5 giorni il gruppo ha però percorso 140 km di sentieri impegnativi senza problemi per i cavalli. Fondamentale l’apporto dei gruppi di bikers per acquisire in fase dei preparazione i possibili tracciati: gli appassionati delle mountain-bike sono molto attivi in queste zone e hanno collaborato con generosità mettendo a disposizione molte informazioni utili.

L’emergenza

Appena giunti sul punto più alto del viaggio, poco prima del Rifugio La Terza, Lara si è sentita male. Molto male: una vecchia endometriosi con aderenze le ha causato un blocco intestinale gravissimo, il ritorno di Roberto Porro al rifugio durante la notte e la coordinazione con l’ambulanza del 118 al paese più vicino hanno permesso di portarla in ospedale appena in tempo per l’intervento: ancora sei ore e non ce l’avrebbe fatta. «Sono stata molto fortunata» ci ha raccontato Lara, «e quello che ha funzionato è stato il gruppo: mi hanno dato la sicurezza di sapere il mio cavallo in buone mani, mi hanno convinta a chiamare i soccorsi e a scendere a valle, hanno organizzato tutto in modo da portare sano e salvo nella scuderia il mio Antares. E ho capito, una volta di più, che è inutile scappare dalle proprie paure: se lo fai finiscono per saltarti addosso. Tentavo di scordare di avere quel problema e per poco non mi ha uccisa: ora vivo di più, faccio più cose che rimandavo da sempre e sono più felice».

Quando ti raggiungono gli amici: logistica, ma non solo

E’ bello quando lungo la strada si aggiungono nuovi amici, ma può essere più complicato trovare una adeguata sistemazione serale per i cavalli in alta quota, dove gli spazi spesso non sono così generosi e nemmeno tanto in piano. Un motivo in più per essere sicuri di portare solamente cavalli che non hanno problemi a stare legati ovunque, e che sanno stare tranquillamente vicini a colleghi equini anche sconosciuti senza tirare indietro, o incordarsi e andare nel panico. Anche il miglior amico dell’uomo per antonomasia, il cane, in trekking deve sapersi comportare bene: deve avere assoluto rispetto del cavallo e dare completo ascolto ai comandi del proprietario, evitando di ostacolare in qualsiasi modo la progressione e rimanendo sempre affiancato al gruppo. Nelle occasioni di incontro con altre persone non deve mai interagire e allontanarsi; in prossimità di strade carrozzabili deve restare sempre in fila, allineato a bordo strada.

Chi è Serena Berton

Nata a La Spezia vive in campagna sul confine tra Liguria e Toscana proprio sull’Alta Via dei Monti Liguri. Istruttore western 1°livello e accompagnatore equestre riconosciuto Anew e Fitetrec-Ante, appassionata di horsemanship e da più di dieci anni segue le tradizioni, le tecniche e la filosofia della Monta Califoniana che si basa su un addestramento nel pieno rispetto delle tempistiche di apprendimento dei cavalli. Quando posso mi dedico al ranch roping e alla cultura del cavallo sommeggiato.

Chi è Lara Borello

Una genovese di 36 anni nata in periferia, trasferita controvoglia in città e che adesso fa la manger commerciale oltre ad essere il delegato per la Liguria di Fitetrec-Ante: ama i cavalli da quando ha visto il primo, a tre anni. Anni di paghette risparmiate da ragazzina per prendere lezioni in maneggio, poi l’incontro con un amico che l’ha guidata verso una equitazione più consapevole. E l’incontro con Antares, mamma Sella Italiano x Arabo e papà Bardigiano x Spagnolo: «Lui aveva 4 anni, l’ho pagato 1.000 Euro e ci siamo scelti per la vita: mi ha insegnato tutto anche se era poco più di un puledro, non si è mai approfittato di nulla ». Con lui ha percorso prima i sentieri più vicini, poi tutta la Liguria. La sua soddisfazione più grande? Far conoscere il territorio, permettere ad altre persone di scoprirlo, come ho fatto io».

Chi è Roberto Porro

Appassionato di turismo equestre, brevetto Fitetrec-Ante di Accompagnatore Escursionista, proprietario dell’omonimo pastificio oltre e soprattutto proprietario del Rifugio La Terza presso Cima della Valletta a oltre 2000 metri, sopra a Monesi, a due passi dalla cima del Monte Saccarello. Ha una passione immensa per il suo territorio di cui ha profonda conoscenza ed è stato il tassello più prezioso, indispensabile per la realizzazione di questo progetto.

Cavalieri & Cavalli che hanno partecipato al viaggio

Serena Berton e Mr. Clovis OLena, al basto GS Call Me Calamity, , Lara Borello e Antares , Marco Vannini e M. Graziosa, Iacopo Celano e Kefir, Enrico Ceresoli e Spirit D’Arabelle,Maria Chiara Rizzardi e Ruby of Fire, Gino Muzzolon e Skizzo con il cane Athena, Anila Qosja e Dektra. Ilio Luca Pedemonte della ASD Equitrek Rialto, proprietario del maneggio punto di partenza di questo trekking. Ha deciso di partecipare con noi a questa fantastica avventura con i suoi fidati cavalli Miroska, Dadino, Dan Gio, Bacao, Rais e gli allievi: Giulia Orlandini, Tatiana Santangelo, Eleonora Zuffo, Walter Brunetto, Federico Cinquegrana, Asia Veirana, Giulietta De Cia, Emilia Stoppioni. Il numero di cavalieri è inferiore al numero dei cavalli in quanto i ragazzi dell’ASD hanno deciso di suddividere il percorso in due parti, la seconda sera ci hanno raggiunto in macchina a Pian dell’Arma i ragazzi del secondo gruppo, al rifugio abbiamo cenato e dormito tutti, la mattina successiva ha proseguito il viaggio il secondo gruppo con i medesimi cavalli. Preziosissimi Dmaiano Pompeo, che ha accompagnato il gruppo vicino Calizzano, e Gianni Parodi che non ha potuto partecipare in sella ma ha garantito appoggio logistico con il fuoristrada.

Il cavallo a basto

Uno dei due cavalli di Serena portava un basto di tipo Sawbuck, costituito da due barre di legno incrociate a formare una X. Possiede un pettorale e un’imbragatura posteriore che lo trattengono quando tende a traslare indietro, in salita, o in avanti, in discesa, e due sottopancia che garantiscono stabilità al carico. Fondamentale il procedimento di sellaggio e affardellamento poiché improvvisazione ed errori potrebbero causare dolore, fiaccature o danni più seri dovuti all’assetto sbilanciato o alla pericolosa compressione su regioni anatomiche delicate. La scelta dell’equino someggiato non può essere casuale: deve essere un soggetto ampiamente abituato a lavorare con l’attrezzatura completa su ogni tipo di terreno e in qualsiasi situazione. Non deve essere frettoloso e non deve prendere iniziative se non avanzate dal conduttore ma saper cedere alle pressioni richieste ed eseguire i comandi senza nessuna esitazione. Il conduttore deve riuscire a gestire due cavalli contemporaneamente e deve avere sicuramente più attenzione rispetto agli altri cavalieri: ma avere un cavallo someggiato ci permette di avere autonomia più elevata soprattutto in territori poco abitati e di alleggerire notevolmente il cavallo montato, risparmiandolo soprattutto sui terreni con alto dislivello.