Appleby… Da una parte il fascino romantico di un raduno gipsy. Un po’ Woodstock in declinazione cavalli. Senza regole o, in realtà, con regole diverse. Dall’altra il rigore del rispetto della proprietà come solo i britannici lo sanno esprimere. Con una cultura equestre raffinata e attenta alla forma oltre che alla sostanza.
Due universi che una volta all’anno si incontrano alla fiera di Appleby in un evento che si fa risalire a un editto di re Giacomo del 1685 e che si ripete spontaneamente da circa 200 anni. Dove i due mondi raramente trovano una condivisione senza recriminazioni.
Quest’anno non c’è stata eccezione.
Migliaia di persone – fonti ufficiali parlano di circa 15mila -, moltissime a cavallo o con i wagon trainati dai loro gipsy vanner si sono dati appuntamento nella cittadina del Cumbria e hanno dato vita a un evento strepitoso per alcuni. Una scellerata riunione per altri.
Il tema della cultura dei caminanti e dei tinkers è sicuramente un focus.
Il loro modo tradizionale di concepire i cavalli – con quella cultura fatta di passaparola di padre in figlio – è un altro punto.

In entrambi i casi, tutto contrasta con molti dei principi che governano la società britannica e la cultura più prettamente ‘estabishment’ della gestione moderna e del rispetto dei cavalli.
Secondo molti, il sapere equestre dei gipsy non sposa i più moderni criteri di benessere animale. Secondo altri rispecchia la natura più autentica e meno umanizzata dei cavalli. Quella cioè meno adulterata dall’uomo.
Ognuno ha a propria posizione ma ciò non derime il dibattito.
La fiera di Appleby è sicuramente un retaggio tradizionale importante per una comunità molto numerosa. I gipsy hanno una storia equestre antichissima. E indubbiamente l’evento crea – al di là del colore – un gran movimento nel piccolo paese britannico.
Però… accanto alle decine di cavalieri e amazzoni che fanno il tradizionale bagno con i cavalli nel fiume ci sono aspetti della fiera assai meno coreografici e difficili da argomentare.

Il raduno non-organizzato di Abbleby è la principale attività annuale per la polizia del luogo. Quest’anno ci sono stati 123 arresti per vari reati, tra i quali il classico drink&drug&drive e un caso di un pugno dato a un cavallo. Sono state elevate 370 multe. Requisiti 12 veicoli, tra rubati, privi di assicurazione e lasciati in luoghi pericolosi. E i vigili del fuoco hanno dovuto intervenire per spegnere il pericoloso incendio di un piccolo caravan proprio nel cuore del campo che avrebbe potuto trasformare la festa in tragedia.
La Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals (RSPCA), ente di tutela molto attivo in Gran Bretagna, ha eseguito 372 interventi durante la Fiera, dato migliore rispetto all’anno scorso, quando erano stati eseguiti 438 interventi.

Nei 372 interventi, l’RSPCA ha emesso 18 richiami ufficiali, prelevato, trattato e restituito ai proprietari 14 cavalli, due dei quali sono sotto monitoraggio. Altri 6 cavalli sono stati semplicemente abbandonati e presi in carico dall’associazione. Due cavalli, seppur con il consenso dei proprietari, hanno dovuto essere sottoposti a eutanasia in quanto la loro condizione di salute è risultata irrecuperabile.
E tutto ciò, francamente è davvero poco romantico…
1.307 roulotte e carri presenti sono sicuramente una massa critica da fronteggiare, ma una festa equestre tradizionale merita di lasciare dietro di sé qualcosa di diverso da quello che ha testimoniato la stampa britannica.
E forse è venuto anche il momento che l’antica tradizione gipsy faccia qualche aggiornamento. A beneficio dei cavalli.