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Home | Etologia & Benessere | Pentathlon moderno: salviamo il soldato Schleu

Pentathlon moderno: salviamo il soldato Schleu

Annika Schleu non ha capito questa violenza verbale via social, esattamente come il cavallo Saint Boy non ha capito speronate e frustate

8 Settembre 2021
di
Pentathlon moderno: salviamo il soldato Schleu

Annika Schleu durante la finale dei Mondiali di Pentathlon Moderno al Kincsem Park di Budapest del 2019. EPA/TAMAS KOVACS

Bologna, 7 settembre 2021 – Una delle pochissime interviste che ha rilasciato ha un titolo molto significativo: “Non mi aspettavo tanto odio”.

Parliamo di Annika Schleu, sergente maggiore dell’esercito tedesco, che a causa di una contestata performance nella prova di salto ostacoli del Pentathlon Moderno a Tokyo 2020 è stata al centro di roventi polemiche.

La storia la conoscete tutti. Cavallo ingranato, lei era in prima posizione nella classifica generale fino a quel punto e gareggiava per l’oro olimpico, lo stress la manda nel panico e l’allenatrice le consiglia di picchiare il cavallo per deciderlo.

Tutto sotto gli occhi delle telecamere e dei fotografi: siamo alle Olimpiadi, mica a una normale gara di Pentathlon dove ad assistere ci sono (si e no) i genitori dei concorrenti.

Il conseguente crollo emotivo di Annika Schleu fa il resto, assieme alla chiara difficoltà del cavallo che monta che si è trovato palesemente paracadutato in una situazione più grande di lui.

Annika Schleu non si aspettava tanto odio, dice: ci ha colpito questa frase.

Perché probabilmente è lo stesso pensiero che ha avuto Saint Boy: non mi aspettavo quello strano posto, non mi aspettavo quegli strani ostacoli, non mi aspettavo di essere trattato in quel modo.

E che Saint Boy non fosse il cavallo giusto al posto giusto è palese: ma non gliene si può fare una colpa, per lo meno non  a lui, la responsabilità è di altri e va sicuramente chiarita.

Anche Annika si è trovata chiaramente in una situazione più grande di lei: ha 31 anni, una età matura per una atleta ed era una delle favorite della gara, in prima posizione fino a quel momento.

Vedere sfumare il coronamento di una vita di allenamenti e gare è duro, durissimo, e questa dolorosa consapevolezza ha fatto scoppiare Annika in lacrime, le ha fatto perdere la lucidità necessaria ad affrontare il problema.

Di qui il disastro: l’allenatrice poi ci ha messo il carico da 11, non consigliandole altro che speronare e frustare il cavallo.

Poi quel pugno stupido sulla groppa del cavallo – un modo per sfogare la frustrazione più che un intenzione di violenza, ci vuole altro per essere violenti – sanzionabile non perché cattivo, ma perché il cavallo è stato toccato da qualcuno che non è il cavaliere durante la gara.

E poi il mondo addosso alla Schleu, una vera tempesta di insulti e violente minacce, da tutto il mondo, cominciata che lei era ancora in sella e il suo smartwatch vibrava di messaggi dai social.

Annika non ha capito questa violenza verbale via social, esattamente come Saint Boy non ha capito speronate e frustate.

Nella sua intervista questa ragazza che i suoi social facevano conoscere (li ha bloccati) come la più classica delle sane e serene ragazze tedesche, tutta allenamenti e sport e guance rosse per l’aria frizzante non si è scusata una volta.

Ha detto che il cavallo aveva già fatto dei rifiuti, che probabilmente i regolamenti sono da rivedere, che sperava le dessero un cavallo sostitutivo, che in campo prova sembrava andasse abbastanza bene,

E che non ha usato realmente violenza sul cavallo: difatti lei è stata assolta dalla commissione sportiva che ha sospeso la sua allenatrice.

Ma non ha detto una volta qualcosa che somigliasse a compassione per la situazione di stress che ha vissuto (anche) quello che per 20 minuti e un percorso doveva essere il suo cavallo.

Questo non vuole dire che non abbia provato compassione per Saint Boy, sia chiaro: ma non l’ha detto.

Quindi più che di vera e propria cattiveria il soldato Schleu a noi sembra colpevole di scarsissima empatia: anche sociale e umana, non solo nei confronti del cavallo, perché un po’ di autocritica avrebbe sicuramente mitigato i toni delle critiche a lei mosse.

E qui torniamo alla similitudine tra lei e Saint Boy: Annika lo ha investito di azioni che gli hanno fatto male (più mentale che fisico, sia chiaro) e che lui non ha capito, e la gente ha investito Annika di azioni che le fanno male e che non capisce.

Risultato di questa equazione?

Noi pubblico virtuale siamo come Annika, le stiamo dando aiuti violenti che non capisce e la fanno stare male, per cui rifiuta di muoversi dalla sua posizione.

Come risolvere il problema?

Visto che siamo tutti etologi così bravi dovremmo saperlo: con la violenza non si ottiene nulla.

Occorre mettersi in connessione, capire cosa pensa l’altro, fargli sentire che non c’è bisogno di avere paura eccetera eccetera…ma non c’è bisogno di dirvelo, vero?

Ci piace fare i giochini da terra con i nostri cavalli.

Peccato che ci scordiamo un po’ troppo spesso di trasportare questo atteggiamento anche al di fuori del maneggio: ed è un peccato, perché funziona sempre e dappertutto.

Anche dietro la tastiera di un pc.

Ed è un peccato anche scordare che se qualcosa cambierà nelle regole della prova di salto ostacoli del Pentathlon – ed è veramente ora di cambiare – il merito sarà di Annika e Saint Boy.

 

 

Tags: Annika Schleu connessione empatia etologia pentathlon moderno tokyo 2020
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