Le era stata comminata una sanzione durissima. Quattro anni di appiedamento e interdizione allo sport per non essersi resa reperibile per uno dei controlli casuali WADA Whereabouts a cui sono sottoposti tutti gli atleti che competono a livello internazionale. Ma ora, la giustizia della Court of Arbitration for Sport (CAS) ha ribaltato la sentenza e Vittoria Panizzon è stata completamente assolta da qualsiasi imputazione con sospensione immediata della pena.
Un atto doveroso nei confronti di un’atleta dall’etica cristallina, che fin dalle prime battute di questa incresciosa vicenda si era detta innocente e aveva spiegato con dovizia di particolari come tutto fosse frutto di un evidente errore.
In questi giorni, con la consueta misura che è propria della nostra completista, sui social di Vittoria è uscito un post in cui mette a disposizione ogni dettaglio della vicenda.
La Corte Arbitrale dello Sport (CAS), il più alto tribunale sportivo del mondo, ha annullato la squalifica di quattro anni imposta a Vittoria Panizzon (41 anni), tre volte olimpionica italiana, dall’autorità nazionale antidoping italiana (NADO Italia). La sentenza del CAS arriva dopo che la NADO ha riscontrato che la Panizzon non ha rispettato il WADA Athlete’s Whereabouts Scheme nel novembre 2023, quando la Panizzon era in vacanza in Italia dopo la fine della stagione agonistica 2023. In ogni fase, il team legale della signora Panizzon ha presentato prove schiaccianti del contrario.
La sentenza del CAS, emessa il 29 aprile a seguito di un appello in presenza a Lugano il 16 aprile, è rara in quanto offre all’atleta (Vittoria Panizzon) non una riduzione del periodo di eleggibilità, ma un completo esonero dell’atleta e ha lasciato la signora Panizzon libera di tornare allo sport con effetto immediato, essendo stata “ineleggibile” dal 3 luglio 2024.
Significa che le ragioni di Vittoria erano valide e che la sua squalifica è finita. Di più, significa che la sua immagine di sportiva viene completamente riabilitata da qualsiasi ombra. Evviva!
La dichiarazione di Vittoria
«Sono entusiasta, sollevata e molto, molto grata a tutti per il sostegno che ho ricevuto. Dai miei proprietari, dagli sponsor, dall’Aeronautica Militare, dagli amici, dallo staff e da tutta la comunità degli sport equestri. Nello stesso tempo sono anche esausta, frustrata e scoraggiata. Sono stata un’atleta FISE e FEI estremamente attiva per più di 20 anni. Con un record ineccepibile e decine di test negativi senza preavviso fuori competizione a mio nome – ha dichiarato la Panizzon -. Non bevo, non ho mai fumato e non prendo farmaci se non strettamente necessario. Nonostante una reputazione impeccabile, mi sono trovata a dover affrontare un processo confuso e poco amichevole.
Come tutti i miei colleghi cavalieri, sono una grande sostenitrice dello sport pulito e naturalmente capisco che la FEI e la FISE debbano essere viste come sostenitrici della campagna antidoping umana, oltre a gestire i loro programmi antidoping equini che sono vitali per il benessere dei nostri cavalli. Ma sicuramente la governance del nostro sport dovrebbero essere anche in grado di dare ai loro atleti umani un supporto su come navigare nel Whereabouts Scheme. Un progetto pensato per gli atleti di atletica leggera e non per quelli che come noi si trovano spessi seduti in un campo senza segnale internet. Le federazioni dovrebbero anche offrire consigli su come orientarsi nel processo di appello o anche su come trovare un avvocato. Fare ciò non significherebbe che le federazioni sono – a prescindere – a favore dell’atleta. Ma solo che riflettono il dovere di cura che hanno nei confronti degli atleti. Come dimostra questa decisione del CAS, non tutte le sentenze sono corrette e le reputazioni sono sempre più difficili da gestire. Ho dovuto lottare per riabilitare il mio nome, da sola, ogni giorno dal gennaio 2024. Spero sinceramente che la FEI riveda ora l’idoneità del programma Whereabouts per gli atleti equestri o almeno fornisca un livello di guida molto più elevato a coloro che ne fanno parte, perché al momento la FEI sta fallendo nell’assistenza ai propri atleti umani, lasciandoli senza alcun sostegno quando si ritiene che non rispettino le procedure».
Difficoltà oggetive e quotidiane
Durante il periodo di squalifica, Vittoria Panizzon non ha potuto “partecipare a nessuna attività legata a qualsiasi sport”. Ciò significa che non ha potuto allenarsi in strutture affiliate con un proprio cavallo o assistere altri atleti. La sentenza ha di fatto posto fine alla sua carriera da un giorno all’altro e lei è stata costretta a ripensare completamente la sua attività. Se non l’avesse fatto, avrebbe potuto perdere sia la casa sia la sua scuderia.
La prima ripercussione che la squalifica ha avuto su Vittoria, nel luglio 2024, è stata il ritiro dalla competizione per le Olimpiadi di Parigi, dopo aver supportato la squadra italiana nella qualifica.
DHI Jackpot, il cavallo di punta di sua proprietà e di un gruppo di proprietari che ne hanno sostenuto l’acquisto insieme a finanziatori, è stato montato da Susie Berry in due eventi questa primavera, mentre Vittoria attendeva la conclusione del processo di appello. Prima del divieto, DHI Jackpot era destinato ai Campionati e ora avrà invece bisogno di riqualificarsi.
Ma la tempra della completista non si smentisce mai…
«Sono assolutamente pronta per la sfida di tornare in squadra e Jack (DHI Jackpot) è al 100%. Sono molto grata a Susie per la sua comprensione e il suo sostegno, che ci ha permesso di rimanere entrambe in piena attività. Mentalmente è una sfida enorme. Il 28 aprile incrociavo le dita nella speranza di avere un futuro in questo sport. Il 29 aprile, dopo la sentenza, mi chiedovo invece quali occasioni mi ero persa. Per quanto sia felice di poter tornare allo sport che amo a testa alta, ho perso un intero anno della mia vita agonistica e non potrò mai più riavere indietro quel tempo».
Una questione di soldi e giustizia
A livello finanziario, Vittoria Panizzon ha dovuto sostenere tutte le spese legali (circa 70.000 sterline) personalmente, senza il supporto di alcuna organizzazione e l’appello al CAS del 16 aprile non sarebbe stato dibattuto se la signora Panizzon non avesse pagato, in anticipo, non solo le proprie spese ma anche quelle dell’accusa.
«Mi è stato detto dal CAS che la mia multa di 3.000 euro sarà interamente restituita e che dovrei essere in grado di recuperare le spese processuali (circa 20.000 sterline), ma non c’è alcun canale per recuperare le somme che ho pagato agli avvocati. Ho dovuto chiedere un prestito alla mia famiglia e senza il loro sostegno non sarei stata in grado di ripulire il mio nome. Se non fossi stata in grado di trovare i soldi, sare ancora squalificata. E questo è ingiusto».