Giampiero Garofalo: Roma, un’emozione indescrivibile

Parla il cavaliere azzurro dopo la formidabile prestazione prodotta in sella a Gaspahr nel Rolex Gran Premio Roma a Piazza di Siena

Giampiero Garofalo e Gaspahr durante la loro spettacolare prestazione nel Rolex Gran Premio Roma (ph. UM)

Bologna, martedì 1 giugno 2021 – Sono le ore 14.09 di domenica 30 maggio. Piazza di Siena è stupenda. C’è il sole. Sta finendo la prima manche del Rolex Gran Premio Roma. Un percorso molto difficile: nessun cavaliere azzurro l’ha terminato con meno di 8 penalità… Ma anche molti formidabili campioni stranieri non ce l’hanno fatta: Penelope Leprevost, Scott Brash, Marcus Ehning, Steve Guerdat, Kevin Staut, Rodrigo Pessoa, Kent Farrington, McLain Ward, Eric Lamaze… tutti con due o più errori!

Ecco, entra l’ultimo della prima manche. Veste la divisa dell’Aeronautica Militare. È l’ultimo della prima manche, dunque è anche l’ultimo degli italiani. È Giampiero Garofalo, 27 anni, napoletano. Prima di lui, come tredicesimo, è partito suo fratello Antonio, 31 anni. Due fratelli e un padre, dunque: Paolo Garofalo, 61 anni, cavaliere che con Ei delle Folle e Julius a metà degli anni Novanta è stato a sua volta protagonista in Piazza di Siena. Ma non in Gran Premio Roma: gara Rolex in cui adesso ci sono i suoi due figli. E ci sono grazie a lui, a Paolo: perché è da Paolo che per loro tutto è cominciato. Antonio e Giampiero: erano due bambini, sono due cavalieri.

Giampiero Garofalo parte. Gaspahr impressiona subito per la qualità del suo galoppo e dei suoi salti. Giampiero Garofalo monta con fredda regolarità e con millimetrica precisione. È tutto molto difficile, in campo: ma non per loro. Ostacolo dopo ostacolo l’attenzione di chi li osserva si ravviva sempre più: sta forse succedendo qualcosa? Sì, sta succedendo, e succede: Giampiero Garofalo e Gaspahr tagliano il traguardo del percorso della prima manche del Rolex Gran Premio Roma senza errori, e solo con un punto di penalità per il superamento del tempo massimo di tre decimi di secondo. Un’esplosione di gioia!

«È stato emozionante, sì. Non posso dire che sia stato un evento… inaspettato, perché alla fin fine tutti noi lavoriamo per ottenere possibilmente proprio questi risultati, però è ovvio che tra il desiderare una cosa e ottenerla… beh, c’è differenza. Ci sono tanti fattori con i quali bisogna fare i conti. Io ho cercato di montare al meglio, il mio cavallo era in gran forma, aveva saltato molto bene anche giovedì e venerdì, quindi mi rimaneva da fare solo una cosa: montare bene, quanto meno il meglio possibile».

Obiettivo centrato, in effetti! La sua gioia a fine prima manche è stata uno spettacolo quasi simile a quello offerto dal suo percorso…

«Emozione enorme. Ultimo a entrare, non c’erano zeri per noi italiani… un’emozione indescrivibile».

Aspetti emotivi a parte, si trattava anche di un percorso molto difficile tecnicamente parlando.

«Sì, molto difficile ma bellissimo, un percorso disegnato e costruito magnificamente bene, con una parte finale molto delicata… ma alla fine il mio cavallo ha dimostrato di essere in gran forma».

Altroché: Gaspahr ha saltato in modo spettacolare!

«Sì, è vero, nonostante quella fosse un’altezza un po’ nuova per lui perché Gran Premi del genere non ne aveva mai fatti prima nella sua vita. Ma anche io, in un certo senso: l’ultimo di questo livello lo avevo affrontato proprio a Roma nel 2018, quindi… ».

Cosa ha pensato dopo aver visto il percorso e prima di entrare in campo?

«Diciamo che il mio piano ha funzionato bene: sono riuscito a fare tutto quello che mi ero riproposto. Ma grazie anche alle persone che mi sono state vicino e che mi hanno enormemente aiutato: mio fratello Antonio, che è partito prima di me e dopo aver fatto il suo percorso mi ha dato un po’ di consigli su dove dovevo mettere la massima attenzione; poi c’era Lisa (Nooren, nd.r.), la mia fidanzata, che come sempre mi ha dato una grandissima mano; e poi come ciliegina sulla torta c’era Henk (Nooren, n.d.r.) che… beh, avere una persona come lui al proprio fianco in situazioni del genere è il massimo che si possa desiderare. Tutto questo dimostra l’importanza della squadra e della condivisione, l’essere tutti uniti verso un obiettivo. E a proposito di squadra e di condivisione, parlando in senso più generale: sono infinitamente grato all’Aeronautica Militare, per me è un onore andare in gara vestendo questa divisa; e grande gratitudine la devo anche al progetto della Young Riders Academy, che mi ha enormemente aiutato nella mia crescita di cavaliere».

A Roma c’era anche suo papà, poi…

«Certo. Però anche per lui c’era un po’ di tensione. Perché mio papà è un grande uomo di cavalli, e come tale ben consapevole del fatto che non avrebbe potuto darmi consigli utili dal momento che i miei cavalli non li conosce. Mio padre conosce a fondo me, ovviamente: ma se non conosci il cavallo e se non conosci il binomio, è difficile dire cose che servano effettivamente».

Passando a temi più generali, come è organizzata la sua vita in questo momento?

«Lo scorso aprile ho cominciato a lavorare nella scuderia di Karel Cox (cavaliere e commerciante belga, n.d.r.) dopo due anni trascorsi da Henk Nooren. Ma con Henk non ho smesso, assolutamente, anzi: quando mi è arrivata la proposta di Karel proprio con Henk ho pensato e riflettuto, e che io prendessi questa strada lo abbiamo deciso insieme. Ho poi portato con me tre cavalli di proprietà di Henk, e quando lui può viene a seguirmi, compatibilmente con i suoi impegni. Quindi il nostro rapporto non si è affatto interrotto».

I progetti di Karel Cox sono interessanti?

«Molto, sì. La sua è una scuderia di ottimo livello e lui è un commerciante molto richiesto. Il fatto è che ha avuto un problema a un muscolo adduttore che lo ha tenuto fuori dallo sport per quasi un anno e adesso monta molto meno rispetto a un tempo. Però vuole avere un cavaliere che mantenga con continuità la presenza dei suoi cavalli a un certo livello: è naturale, un commerciante che ha cavalli nei cinque stelle offre di sé un’immagine diversa rispetto a quella che avrebbe con i cavalli nei soli due stelle. È una questione di visibilità. Avendo un cavaliere che faccia non dico tutte le settimane ma almeno una volta al mese un cinque stelle si riesce ad avere una clientela diversa. Quindi questa è una situazione che soddisfa al meglio le esigenze di entrambi».

Anche Gaspahr è di proprietà di Karel Cox?

«No, lui è di proprietà di Emile e Paul Hendrix: loro me l’hanno affidato lo scorso settembre e io di questo gli sono enormemente grato. Gaspahr (stallone Kwpn nato nel 2011 da Berlin x Otangelo, n.d.r.) è un cavallo che ha sempre dimostrato grandi qualità ma aveva bisogno di lavoro. Con pazienza e grazie alle grandi capacità di Henk Nooren siamo riusciti a ottenere da lui quello che si sperava. Gaspahr ha tutte le potenzialità possibili».

Non c’è solo lui, però…

«No, infatti. C’è Cava, che ho ugualmente montato a Roma, e anche lui affrontava per la prima volta questo genere di percorsi. È un soggetto molto utile come spalla per un cavallo tipo Gaspahr: può fare la gara di qualifica il primo giorno, può fare il piccolo Gran Premio, può fare la gara veloce… è molto versatile ed eclettico. Poi c’è Verde Z, che è un cavallo in cui credo moltissimo ma che purtroppo è rimasto un po’ indietro nel lavoro a causa di tutti questi stop che abbiamo avuto negli ultimi periodi… Penso però che alla fine di quest’anno o all’inizio del prossimo potrà dire molto bene la sua».

Antonio e Giampiero Garofalo: fratelli. Essere insieme in gara nel Rolex Gran Premio Roma deve essere stata un’esperienza come minimo… particolare, no?

«Essere stati entrambi lì è il massimo. Antonio e io abbiamo un rapporto meraviglioso anche se non viviamo insieme: ci sentiamo ogni giorno più volte al giorno, ci parliamo in continuazione per consigli, dubbi, opinioni… per tutto. Questa non è stata ovviamente la prima volta che ci siamo trovati in concorso assieme, ma è la prima volta a quel livello… Essere insieme, potersi aiutare vicendevolmente, scambiarsi le idee… sì, perché abbiamo idee anche diverse ma proprio per questo è bello e soprattutto utile confrontarsi. Poi io penso che Antonio nel corso dell’ultimo anno e mezzo abbia fatto un salto di qualità fuori dal normale, facendo capire senza alcun dubbio che cavaliere è… Ha fatto dei risultati passeggiando, giocando, ha fatto degli zero in Coppa delle Nazioni che non ho parole per descrivere… Poi lui fa tutto da solo: io ho la fortuna di essere seguito da Henk Nooren che è uno dei migliori tecnici del mondo, se non il migliore in assoluto, lui invece è arrivato dove è arrivato solo grazie a sé stesso: Antonio monta e lavora a Viterbo, nell’allevamento degli Assi, dove sono stati fatti ottimi investimenti soprattutto sulle fattrici, e adesso ne stanno raccogliendo meritatamente i frutti».

Tutto questo sarà per vostro padre motivo di grande gioia: il vostro rapporto, la vostra unione, i vostri risultati sportivi…

«Nostro padre non ci ha più con lui da tempo, ma siamo sempre in contatto. Sempre. Lui ci ha insegnato tutto. Altre persone ci hanno aiutato e ci sono vicine, ma se adesso siamo dove siamo lo dobbiamo solo e soltanto a lui e ai sacrifici che lui ha fatto per noi: quando eravamo piccoli e poi giovani e papà aveva un cavallo buono… beh, lo dava sempre a noi. Lui ha rinunciato alla parte finale della sua carriera sportiva e di cavaliere per far andare avanti noi. Lui ha fatto tutto per noi… ».