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Home | Notizie | Parigi, il 4° Arc de Triomphe di Dettori: cosa c’è di grande dietro questa vittoria

Parigi, il 4° Arc de Triomphe di Dettori: cosa c’è di grande dietro questa vittoria

Il jockey di origine sarda ha collezionato il suo quarto successo nella classicissima corsa francese, poker riuscito solo ad altri 6 fantini al mondo: Mario Turner ce ne racconta i retroscena

19 Giugno 2019
di Redazione Cavallo Magazine

Milano, ottobre 2015 – Vincere quattro volte l‘Arc de Triomphe è una impresa storica, riuscita ad altri sei jockey solamente: e Lanfranco “Frankie” Dettori è l’ultimo fantino, in ordine cronologico, ad essere entrato in questo esclusivissimo club.

C’è riuscito domenica scorsa sulla pista di Longchamps, quella che dal 1920 è la sede di elezione di questa classicissima gruppo 1 sui 2400 metri, riservata a maschi interi e femmine di tre anni e oltre. 

Suo compagno nell’impresa Golden Horn, baio nato nel 2012 da Cape Cross e Fléche d’Or: con la sua vittoria il padre diventa uno dei pochissimi stalloni a vantare ben due figli vincitori dell’Arc (uno degli altri quattro è Ribot, tanto per darvi un’idea del livello di eccellenza a cui ci stiamo riferendo), e se curiosate un po’ nella sua genealogia potete vedere che Golden Horn ha Northern Dancer due volte tra gli avi.

Ma raccontarvi qualcosa di così speciale spremendo materiali d’archivio è avvilente, abbiamo voglia di sapere qualcosa di più e di meglio per condividerlo con voi: quindi abbiamo chiesto a Mario Turner (ottimo cavaliere nato e cresciuto in una storica famiglia milanese di allenatori del galoppo) di aiutarci a capire meglio cosa c’è dietro questo Arc de Triomphe firmato Dettori.

Signor Turner, chi è Lanfranco Dettori?

“Io l’ho conosciuto ad una corsa a Washington, negli anni ’80: era arrivato con il Concorde, aveva 17 o 18 anni ed era in testa alla classifica degli allievi fantini – quindi non era ancora professionista. Il padre (che conosco bene) lo aveva mandato a Newmarket da Luca Cumani  che era ancora un ragazzino, spiegandogli a chiare lettere “che qui in Italia non c’è futuro”. Lì a Washington la sera, dopo le corse, era già circondato dai giornalisti uno dei quali gli chiese cosa volesse fare da grande. E Lanfranco rispose “Io voglio diventare un Champion Jockey”, sarebbe a dire uno di quelli che vincono le grandi corse.  Lì ho pensato che questo ragazzo avesse carattere; infatti cominciò a vincere, costruendo piano piano la sua fantastica carriera.

Ma nel 2000 gli capitò un incidente che lo segnò molto: come tutti i jockey che montano ad alto livello in Gran Bretagna è costretto a spostarsi in aereo per essere nella stessa giornata in tanti ippodromi diversi sparsi per il paese, quella volta a guidare il Piper preso in affito era il suo amico Ray Cochrane. L’aereo in fase di decollo si schiantò e Roy morì sul colpo, Frankie si ruppe una caviglia e una mano e fu costretto a passare alcune settimane in ospedale.

Si era salvato davvero per grazia di Dio, ma accusò il colpo ugualmente. Nel 2012 montava per la scuderia Godolphin dello sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, che ad un certo punto gli preferì un altro jockey e gli tolse i cavalli pur mantenendolo sotto contratto. Frankie prese un aereo per andare in Dubai a incontrare lo sceicco, parlargli e cercare di capire i suoi motivi.

Ma non venne ricevuto: Dettori si licenziò dalla Godolphin e cominciò per lui un brutto periodo di depressione. In dicembre  venne trovato positivo alla cocaina  e quindi squalificato per sei mesi dale corse. Poi una sera, mentre era davanti alla televisione con la moglie e sfogliava un giornale, Frankie lesse la notizia che riguardava un famoso allenatore, John Gosden: gli era letteralmente scappato un fantino dalla scuderia, e Dettori continuando a leggere disse alla moglie “Sai, magari potrei dargli un colpo di telefono a John…”. Nel mentre suona il telefono di casa Dettori: era proprio Gosden, che gli chiedeva di montare i suoi cavalli.

Così Frankie ha ricominciato a vincere e adesso si può tranquillamente dire, senza tema di smentita, che lui attualmente è il miglior jockey del mondo”.

E l’Arc de Triomphe di domenica scorsa?

“Uno scontro tra titani, tra i diciassette partenti c’era anche Treve, la cavalla che è tra i pochi ad aver  vinto l’Arc due volte, nel 2013 e nel 2014. Golden Horn  era partito da una posizione molto svantaggiosa, lontano dallo steccato ma poi è andato in mezzo alla pista, nessuno ha mai fatto una cosa così. Ha aspettato lì sin quando non ha trovato un buco per infilarsi al secondo posto, mentre Treve era ancora indietro, Troppo indietro, in una corsa dura come l’Arc non puoi stare così distante dalle posizioni di testa e pensare di poter avere delle chances. E a un certo punto Treve ha cominciato ad appoggiare a destra mentre le veniva chiesto di impegnarsi: tant’è che Thierry Jarnet, il suo fantino, a un certo punto è costretto a cambiare di mano alla frusta. Quando un cavallo fa così vuol dire che ha qualcosa che non va, ha chiuso talmente tanto il cavallo che aveva di fianco che pensavo la giuria facesse un richiamo ufficiale”.

Così non è stato ma Tréve, grande favorita della corsa, non ha potuto nemmeno impensierire Golden Horn che dalla  seconda posizione, una volta entrato nel rettilineo di arrivo si mette davanti a tutti e vince per due lunghezze su Flintshire, terzo New Bay e quarta Treve.

Ecco cosa c’è dietro il quarto Arc di lanfranco Dettori: ringraziamo Mario Turner di avercelo raccontato – e anche per  averci suggerito di consultare il gruppo Facebook curato da Sergio Paccagnini, Da Nearco a Frankel: una miniera di belle storie al galoppo, dateci un’occhiata quando avrete voglia di tuffarci tra i Purosangue.

6 ottobre 2015

Tags: notizie
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