Very Important Pony: Milord, Gabriella, Onci e un cuore blu

Mai parabola più calzante di quella di Milord per capire quanto importante può diventare un pony: per Gabriella Incisa di Camerana, per la sua vita, per tutti i cavalli che ha incontrato e per le cose che sa fare con loro. Ce le racconta Paola Iotti

Milano, 22 febbraio 2018 – Very Important Pony, dicevamo: sì, perché i pony sono spesso il primo contatto che i bambini hanno con il mondo dei cavalli, e non si può mai sapere cosa farà un bambino con le esperienze che gli mettiamo a disposizione.

Generalmente cose meravigliose come solo i bambini riescono a fare, anche quando sono cresciuti: per questo i pony sono coì importanti, per questo ci piace farvi conoscere la storia di Gabriella Incisa di Camerana, del suo pony Milord e di tutti i cavalli che sono arrivati nella sua vita dopo di lui: l’intervista a Gabriella è fatta da Paola Iotti, buona lettura.

Dal pony Milord al cavallo Berbero Onci, per tanti cuori blu

Quanti anni separano queste due immagini?

Tanti, troppi o, forse, troppo pochi perché la protagonista, Gabriella Incisa di Camerana, ha ancora tanti progetti da realizzare.

Tutto è nato da un pony shetland, nero come il carbone, di nome Milord per approdare in Tunisia, a Mahdia, con Onci, un cavallo berbero dal mantello ormai candido come la neve.

In mezzo c’è un lungo percorso che ha portato alla realizzazione di Blue Connection, l’evento Internazionale di consapevolezza sull’autismo, che si ripeterà anche quest’anno durante tutto il mese di aprile.

Dal Centre Hippique Mahdia, in Tunisia, parte infatti la richiesta per trovare tanti altri cuori blu per animare le diverse manifestazioni che coinvolgeranno cavalieri, amazzoni e cavalli di diversi paesi, tra cui l’Italia.

Vuoi partecipare anche tu?

Ho parlato con Gabriella Incisa di Camerana per farmi raccontare come è nato Blue Connection© e il ruolo che hanno avuto Milord e Onci.

 

Gabriella, puoi raccontarmi la storia del pony che appare nella prima fotografia?

Quando mio padre mi chiese se volevo un fratellino, risposi affermativamente, con entusiasmo. L’essere figlia unica, nella grande casa avita, non era molto divertente.

Ma non potevo immaginare che mi sarei ritrovata nelle piane vercellesi, in quel basso Piemonte dove, in un orizzonte fatto di campi di riso, gracidano le rane e volano nugoli di zanzare: nel vasto cortile di una di quelle cascine, si trovava un lotto di pony Shetland arrivati direttamente dalla loro isola d’origine. Ricordo ancora, come fosse oggi, quel recinto incatramato di fresco che lasciò un’impronta indelebile sul mio cappottino color carta di zucchero. Inutili furono i tentativi della consorte del signor Fasciola di smacchiare quella redingote di moda per le bimbe dell’epoca, che vestivano da “Cappuccetto Rosso”, in Via XX Settembre a Torino.

Quel branco peloso era un sogno fattosi realtà, e indicai con l’indice teso quello tutto nero, come il carbone, in un gesto che mi è rimasto ancora quando, alle porte del deserto o sulle montagne dell’Atlante tunisino, vado a comprare i miei cavalli.

Sulla strada di casa mi ritrovai, ancora troppo emozionata da quello che avevo appena vissuto, a volgere lo sguardo oltre il lunotto dell’austera Lancia, per controllare che il camion con il mio pony avesse preso la strada giusta.

Quando l’eco dei suoi zoccoli tambureggiò sull’acciottolato, la tradizionle “sternìa” piemontese, nel cortile antistante il suo box, il battito del mio cuore si mise in sincronia con quel rumore, accelerato dalla piccola taglia del pony.

Non ebbi dubbi sulla scelta del nome: Milord.

Tutte le mattine, appena sveglia, mi precipitavo al balconcino della mia cameretta e guardavo giù, nel cortile, perché una nuvola nera usciva al gran galoppo, accompagnato dalla voce di Dalida che cantava: ” Venite qui Milord, accanto a me Milord / Se hai freddo il cuor io ti riscalderò / Ti stregherò Milord, t’incanterò Milord…”.

La mia tata, Maria Rosa, bella come l’attrice Lucià Bosé, aveva il nobile incarico di rimettere il braccio del giradischi sul solco iniziale, un tormentone che si ripeteva con una ritualità quasi mistica.

Ma l’utilizzo pratico di Milord innescò subito un braccio di ferro in famiglia. La nonna paterna, che ricordava quotidianamente l’incidente equestre che l’aveva resa vedova giovanissima, si oppose fermamente all’acquisto di una sella, che arrivò poi, segretamente, in scuderia, ma si accordò con il nonno materno per l’acquisto di una “dometta”.

Andammo allora a S.Damiano d’Asti, paese limitrofo alla nostra residenza, e le abili mani di un artigiano locale realizzarono un calessino a due ruote, rigorosamente in legno, fatto su misura per il mio pony. Scelsi personalmente il colore del sedile imbottito “matelassé”, un verde inteso, e pretesi anche una campanella.

 

La tua famiglia risiedeva in Piemonte e Milord proveniva dalle Isole Shetland. Quale è stato il percorso che ti ha condotto in Tunisia?

Mio padre, tra l’altro cavaliere e allevatore di cavalli, teneva sulla scrivania un bronzo raffigurante un cavallo arabo; mi raccontava di Harun al-Rashid, poeta, califfo e politico arabo citato nelle Mille e una notte; mi leggeva brani de “I cavalli del Sahara”, il libro ispirato al carteggio tra il generale francese Daumas e l’emiro Abd-El-Khader, eroe della resistenza algerina. Da quel momento, fu tutto un trotterellare nelle stradine di campagna di quelle colline che danno l’Arneis, il Dolcetto ed il Nebbiolo, i vini del Roero che stanno a tavola tra il tartufo bianco e le tagliatelle fatte in casa. Ma in sella a Milord, percorrendo la campagna piemontese, sognavo di galoppare tra le dune del deserto.

All’età dei giochi con le bambole, i trenini e i lego, io avevo un pony e all’occasione del Carnevale, per la celebrazione paesana, con carri e sfilata di maschere festanti, mio padre creava il costume per me e la mia cavalcatura, nera come la pece. In un tripudio di coriandoli e stelle filanti, Milord diventava via via l’infaticabile destriero del cosacco con tanto di colbacco, pugnale alla cintura e cherkeska, il caftano tradizionale senza colletto con cartuccere; dello sceriffo ” If I’m a man I must be brave” ; del capo indiano con un diadema di piume lungo fino a terra o ancora quello di Davy Crockett sulle note del Deguello.

Una volta sola mia madre riuscì ad imporsi e mi comprò un vestito da fatina, azzurro con le stelle dorate, il cappello a punta in tinta e l’indispensabile bacchetta magica, ma ovviamente mio padre mi fece salire in calesse!

Tanti anni separano Milord da Onci, il niveo cavallo di razza berbera, il cui nome in arabo significa “Colui che allevia la tua solitudine”.

Ho incrociato il suo sguardo nel settembre del 1992, mentre ero in vacanza a Mahdia, e in quegli occhi mi sono persa, al punto da non lasciarlo più. Con lui e altri nove cavalli, in un piccolo recinto, ho dato vita ad un centro ippico, inizialmente a vocazione turistica.

Oggi siamo una famiglia allargata con trentadue equini tra cui molti pony, una mulettina che si crede “una cavalla dalle lunghe orecchie” e diversi altri animali che partecipano attivamente, in un approccio articolato e poliedrico, alle attività di IAA (Interventi Assistiti con Animali), svolte soprattutto con bambini affetti da DSA (Disturbi dello Spettro Autistico).

In qualche modo hai portato con te, in Tunisia, la bacchetta magica della fatina azzurra del tuo costume di carnevale perchè è proprio quel colore, nella tonalità del blu, che simboleggia l’autismo mentre la magia è quella che elargiscono i tuoi pony di Mogods quando sono a contatto con i bambini.

Sì,è proprio per sensibilizzare la società civile e politica locale che ho dato vita a BLUE CONNECTION©, per celebrare la WORLD AUTISM AWARENESS DAY (Giornata Mondiale di Consapevolezza sull’Autismo).

Questo evento internazionale è, in sintesi, “un contenitore di manifestazioni diverse” ma collegate tra loro da un obiettivo comune: la consapevolezza sull’autismo, all’integrazione sociale e alla diffusione degli interventi assistiti con gli animali (I.A.A.). È anche un’opportunità per abbattere i pregiudizi, che sono il principale ostacolo all’integrazione nella comunità, offrendo al tempo stesso una piena inclusione, compresa quella della famiglia.

Numerose sono le adesioni che continuano a giungere da tutta Italia, ma anche da Croazia, Marocco, Francia, Slovenia, Brasile che saranno operativi e solidali, durante tutto il mese di aprile, nell’organizzare individualmente un evento con data e programma a libera scelta, ma tutti riuniti insieme, in un unico manifesto.

La parte figurativa di questa seconda edizione è l’opera dell’artista aostana Eugenia Mola Di Larissé, grande appassionata di cavalli, dal titolo “Blue Edouard”, che riproduce un pony di Mogods, un cavallo tunisino in via di estinzione che risale al tempo della cavalleria di Annibale e che oggi offre, qui, un contributo inestimabile dall’attività equestre assistita (I.A.A) alla mediazione animale per le persone neurodiverse e nella pedagogia infantile.

Un pony che ancora oggi viene attaccato a quel mio calessino di tanti anni fa, che ho portato con me in Tunisia, per far felici tanti altri bambini.

Perché, in fondo, Milord e Onci sono la trama e l’ordito della mia esistenza, lo Yin e lo Yang, il nero ed il bianco, l’alfa e l’omega, il principio e la fine.

Ho avuto il piacere di visitare il Centre Hippique di Mahdia, in Tunisia, e di assistere a una delle sedute con bambini autistici che Gabriella Incisa di Camerana svolge quotidianamente. La passione che mette nelle attività a favore dei ragazzi e le loro risposte sono incredibili.

I pony di Mogods emanano una dolcezza difficile da descrivere a parole. I loro occhi espressivi ammaliano e catturano inesorabilmente.

Vedere al lavoro Gabriella, il modo con cui parla con gli animali, che ne eseguono le richieste con disarmante immediatezza, e l’amore che li lega, mi ha fatto comprendere l’autenticità delle sue parole.

Mi viene in mente il titolo di un giallo di Agatha Christie “Nella mia fine è il mio principio”.

Onci si trova davvero alla fine di un percorso iniziato da Gabriella con Milord.

Una trama avventurosa e intricata come quelle elaborate dalla scrittrice inglese, una storia che inizia da una bambina che ama il suo pony per giungere a una donna che comprende quanto quel sentimento profondo possa aiutare a sciogliere i problemi di molti ragazzi.

Blue Connection costituisce davvero una meravigliosa conclusione.

Se avete voglia di partecipare all’iniziativa che si svolge nel mese di Aprile o avere informazioni, potete lasciare un messaggio sulla pagina FB di Blue Connection e verrete contattati: