Poche parole e una grande determinazione. Questo è Roberto Arioldi, un cavaliere che, senza grandi mezzi, ma con talento e impegno ha costruito una brillante carriera.
Nel 1977, a soli 22 anni, vince la medaglia di bronzo al Campionato d’Italia in sella a Bellivienne. Questa cavallina francese diventa poi una delle principali fattrici dell’allevamento della Loggia, di proprietà proprio di Roberto Arioldi e sua moglie, Annina Rizzoli. Quello è il vero inizio di tutto: un impegno quotidiano fatto di tanti cavalli montati, in scuderia e in concorso. Senza mai pensare di essere arrivato. Così Roberto Arioldi diventa sei volte Campione d’Italia, partecipa a un Campionato del Mondo, alle Olimpiadi di Atene 2004 e a quattro edizioni del Campionato d’Europa.
È uno dei cavalieri più apprezzati e stimati di tutto il mondo equestre, tanto che arriva a guidare la prima squadra di salto ostacoli, portandola a vincere la Coppa delle Nazioni di Roma nel 2017. Dopo una vita dedicati ai cavalli e allo sport, Roberto Arioldi non ha mai perso la grinta, la voglia di vincere e l’umiltà.
Qual è la cosa fondamentale in sella?
«L’assetto! Bisogna montare pensando di stare sempre nella posizione corretta, senza dar fastidio al cavallo. È fondamentale che gli istruttori lo insegnino da subito ai ragazzi. Perché se il cavaliere è nella posizione corretta, il cavallo lavora molto meglio».
Come è costruito l’assetto corretto?
«È necessario concentrarsi sulla posizione della gamba che deve scendere bene, e del busto che deve essere sulla verticale. E poi è fondamentale tenere il tallone basso: solo in quel modo è possibile scaricare tutto il peso sulle staffe. Altrimenti vuol dire che si è solo aggrappati alla sella».
Qual è l’esercizio che lei ripete più spesso?
«Dipende da tante cose, prima di tutto dal cavallo. Personalmente mi alleno molto sulle barriere a terra o su piccoli cavalletti, per tenere sempre attivo l’occhio sulla distanza corretta. Quelli puoi farli quante volte vuoi, senza affaticare il cavallo. È un esercizio perfetto per imparare ad allungare, accorciare, fare una girata stretta».
Come si possono disporre le barriere?
«Con i cavalli adulti considero un tempo di galoppo riunito ogni tre metri. Con i puledri invece tengo delle distanze un po’più ampie per non sforzarli troppo. E poi ci si allena mettendo e togliendo una falcata. Per esempio posso mettere tre barriere, a 15 metri l’una dall’altra. E inizio in galoppo di lavoro in cinque tempi. Poi provo a fare quattro e cinque. Poi cinque e quattro. Alla fine quattro e quattro. E così abituo il cavallo al comando di avanzare e di accorciare senza stressarlo».
E con gli allievi?
«Anche per loro è un esercizio fantastico, lo è per tutti. Ma dipende dal cavallo che montano, perché il fine è sempre quello di migliorare o risolvere dei problemi che possono presentarsi in gara. Con un cavallo più freddo è utile un esercizio per imparare ad avanzare. Con uno più caldo è meglio qualcosa per insegnargli a stare tranquillo e a rientrare. E in questo io mi aiuto, e li aiuto, spesso con le barriere sia davanti al salto sia dietro».
Quanto conta il lavoro rispetto al talento?
«Il lavoro è fondamentale perché solo così si può crescere. E questo vale sia per il cavaliere sia per il cavallo. E il talento… forse una volta contava di più».
C’è stato un momento di svolta nella sua carriera?
«I momenti di svolta arrivano quando trovi un cavallo buono. A me è successo con Paprika della Loggia. Avevo in casa sia la mamma sia il papà, l’ho allevata io. Non so quanti altri cavalli abbiano ottenuto i risultati che ha ottenuto lei… Paprika ha vinto tre volte i campionati italiani e sei Gran Premi Csio. Le devo molto…»
Con quale spirito si entra in campo per vincere?
«Ci vuole la voglia di entrare e provarci. Quando parti ultimo in barrage, devi guardare gli altri e capire dove potresti rubare qualche metro per fare il tempo migliore. Però, certamente, non è qualcosa che si improvvisa sul momento, ma è tutto già programmato a partire dal lavoro a casa. E poi devi sapere che puoi chiedere al cavallo solo quello che lui ti può dare. E poi provarci. La determinazione è tutto.»
C’è una vittoria che le è rimasta nel cuore più di altre?
«Vincere è sempre fantastico quando arrivi al primo posto con zero penalità e il miglior tempo assoluto. Credo però che porterò sempre con me la gioia di aver vinto il Gran Premio dello Csio di Modena “Pavarotti International” nel 2000».

























