La nuova vita di Ludovica Minoli

L’amazzone azzurra l’anno scorso ha inaugurato la sua attività di addestramento e vendita di giovani cavalli sportivi, cogliendo già qualche soddisfazione dopo le molte ottenute da protagonista in gara

Ludovica Minoli su Jus de Krack (ph. UM)

Bologna, giovedì 7 gennaio 2021 – In un 2020 piuttosto… oscuro per quanto riguarda lo sport, qualche stella brillante l’abbiamo potuta comunque osservare con grande piacere. Una di queste è senz’altro il binomio composto da Ludovica Minoli in sella al suo Jus de Krack (cavallo belga nato nel 2009 da Unaniem x Querlybet Hero), autori insieme di una stagione davvero positiva pur nei limiti di ciò che è stato possibile lungo un calendario agonistico massacrato dalla pandemia.

Nel 2020 le cose nel mondo sono andate male, ma nel suo mondo sono invece andate benissimo…

«Sì, è vero. In realtà già nel corso del 2019 il mio cavallo aveva confermato il suo valore: ha fatto molto bene gli Csio di Drammen e Aalborg, e poi dalla metà di luglio in avanti non c’è stato Gran Premio in cui non si sia classificato nei primi dieci».

Di questo valore di Jus de Krack lei è sempre stata consapevole, oppure lo ha scoperto strada facendo gara dopo gara?

«Come tutti i cavalli che ho avuto dopo la fine della mia carriera da young rider anche Jus de Krack l’ho comprato molto giovane. In lui ho creduto moltissimo fin dal principio: mi ha sempre dato la sensazione di una grande sicurezza, è un cavallo che si butterebbe nel fuoco, non ha fatto un solo salto in tutta la sua vita senza dare il meglio di sé stesso, in tutti i campi e in tutte le situazioni… per cui sono sempre stata molto fiduciosa in lui. Detto questo, è ovvio che non si può sapere se un cavallo sarà in grado di saltare le gare grosse finché non le salta davvero: puoi avere tutte le belle sensazioni di questo mondo, ma se poi non raggiungi l’obiettivo… ».

Come è arrivata a Jus de Krack?

«L’ho comperato a 5 anni da Carlo Pfiffer (cavaliere e commerciante svizzero, n.d.r.). A quel tempo mi seguiva Mariano Ossa (cavaliere argentino da tempo trapiantato in Italia, n.d.r.) con il quale ho lavorato per cinque anni: a lui devo tantissimo, la scuderia dell’epoca l’ho ricostruita con lui perché terminata la mia carriera da young rider mi erano finiti i cavalli tutti insieme. Anche questo è il motivo per cui sono mancata così a lungo dalle gare grosse: avevo investito con Mariano in cavalli giovani e ci voleva il tempo giusto per farli crescere».

Com’era al suo arrivo Jus de Krack?

«Molto complicato. L’anno dei 5 e quello dei 6 sono stati abbastanza difficili, il salto in sé non è mai stato un problema però il cavallo aveva molto carattere e in concorso facevo fatica, a volte si fermava in mezzo al campo a guardare cose strane in giro… La situazione si è sbloccata durante il tour dei concorsi di Oliva, in Spagna, nella stagione dei 6 anni: non mi ricordo quante settimane di concorso abbiamo fatto, però da lì è stato tutto un crescendo fino alla fine dei 7 anni, quando Jus ha cominciato a saltare i suoi primi Gran Premi».

Diceva di Mariano Ossa: ecco, quali sono state le figure di riferimento tecnico per lei durante la sua carriera?

«Sante Bertolla e appunto Mariano Ossa. Sante mi ha seguito per cinque anni, è stato proprio il mio insegnante, gran parte della mia equitazione la devo a lui. La mentalità da professionista e il lavoro sui cavalli giovani invece li ho acquisiti grazie a Mariano Ossa che mi ha seguito a sua volta per cinque anni, dal 2012 al 2017. Con Mariano abbiamo fatto un gran lavoro: lui mi ha aiutato a scegliere cavalli che poi sono arrivati tutti a saltare in Gran Premio».

E adesso?

«Ormai da quattro anni sono da sola, anche se Sante e Mariano rimangono i miei punti di riferimento e se ho bisogno di aiuto o anche solo di un consiglio mi rivolgo comunque a loro».

La sua scuderia dove si trova?

«I miei cavalli stanno ormai da sei o sette anni nella scuderia della famiglia Bernabè a Busto Garolfo, la Scuderia La Guardia».

Quanti sono complessivamente?

«Oltre a Jus de Krack ho una cavalla che entra negli 8 anni nella quale confido molto, poi gli altri sono tutti giovani. All’inizio dell’anno scorso avevo comperato un cavallo di 5 anni allevato da Franca Zanetti che penso sia davvero un fuoriclasse, si chiama Corner FZ, un figlio di Cornet Obolensky x Berlin: ma all’inizio di ottobre l’ho venduto a Holger Hetzel (cavaliere e commerciante tedesco, n.d.r.) in comproprietà con Cian O’Connor (cavaliere irlandese, n.d.r.)».

Ma è stata una vendita… estemporanea oppure rientra nel programma di una precisa attività?

«Diciamo che è proprio dall’anno scorso che ho cominciato a fare questa cosa in modo un po’ più professionale. Prima io montavo a cavallo lavorando però nell’azienda di mio padre: poi in febbraio abbiamo chiuso l’azienda e così ho deciso di dedicarmi a questa attività a tempo pieno».

Quindi addestramento e vendita?

«Sì, esatto. Ovviamente cercherò di rimanere a buon livello anche nello sport, però comperare cavalli fatti ormai è diventato complicato, se non addirittura proibitivo. Quindi finché ci sono Jus e questa cavalla che sta crescendo cercherò di fare una buona attività agonistica, però l’obiettivo è un altro, per l’appunto addestramento e vendita. Poi a me piace tantissimo montare i cavalli giovani e farli crescere: lo faccio ormai da un po’, e devo dire che fino ad adesso sono stata anche abbastanza fortunata».

La vendita di Corner FZ è stato un segnale significativo, quindi.

«Sì, certo, è stata una vendita importante che mi ha permesso di fare un po’ di investimenti. Adesso ho tre cavalli che sono entrati nei 6 anni, uno di loro in società con Stefano Cesaretto e Carlo Pfiffer, collaborazione che mi riempie di gioia perché la considero come un attestato di stima da parte di professionisti del loro calibro; poi ho una cavalla in società con il mio amico Rosario Sucameli, ancora molto verde ma che penso sia molto buona. Ho poi acquistato un altro giovane cavallo in Francia, anche se lui è belga; e infine sto aspettando l’esito delle visite degli ultimi due cavalli, uno di 4 e l’altro di 5 anni».

Tutti commerciabili, quindi.

«Sì, esatto. È un bel progetto: bisogna solo sperare che tutto funzioni a dovere, senza dimenticare che il 2020 è stato un anno difficile sotto tanti punti di vista, anche se molto positivo per me personalmente».

E non teme che le complicazioni derivanti dalla pandemia possano creare un po’ di difficoltà allo sviluppo dei suoi progetti?

«Sicuramente sì. Però io ho due fortune: la prima è che mio padre mi appoggia molto in questa attività, la seconda è che i cavalli che ho comperato penso siano davvero buoni, e i cavalli buoni alla fine li cercano tutti. L’ho sperimentato l’anno scorso: appena le cose si sono sbloccate un pochino io quel cavallo l’ho venduto, e anche a una cifra importante: magari è stata solo la fortuna del principiante… !».