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Home | Sport | Salto ostacoli | Stefano Cesaretto: pensieri e parole del nuovo c.t. dell’Italia

Stefano Cesaretto: pensieri e parole del nuovo c.t. dell’Italia

Il tecnico lombardo dal primo gennaio del 2026 sarà alla guida della squadra nazionale di salto ostacoli: un compito importante e prestigioso che lui affronta con la passione che da sempre lo contraddistingue per lo sport

27 Novembre 2025
di Umberto Martuscelli
Stefano Cesaretto: pensieri e parole del nuovo c.t. dell’Italia

Stefano Cesaretto (ph. UM)

Stefano Cesaretto, 61 anni, bresciano, è il nuovo commissario tecnico della squadra nazionale di salto ostacoli, ruolo che assumerà a partire dall’inizio del nuovo anno. Lo attendono grandi sfide sportive e una responsabilità importantissima.

Partiamo con la domanda più banale del mondo: sensazioni del primo momento…

«Grande entusiasmo… Grande entusiasmo. L’amore che provo e che ho sempre provato per i cavalli e per questo nostro sport mi porta a credere, o quanto meno sperare di poter fare qualcosa di buono per il movimento sportivo. Sono in debito con lo sport equestre per tutto quello che ho ricevuto: adesso spero di poter ricambiare, almeno in parte. Guardo a quello che abbiamo fatto in tutti questi anni io e Giulia (Martinengo Marquet, n.d.r.) e spero di poter applicare questo format anche alla gestione della squadra… In senso generale, ovviamente: è chiaro che non si tratta della stessa cosa e della stessa situazione».

Ecco, Giulia Martinengo Marquet, una campionessa magnifica oltre che sua moglie: pensa di incontrare qualche difficoltà nel gestire contestualmente il suo ruolo di commissario tecnico e di marito?

«Chi conosce bene Giulia e me sa benissimo che in passato ci siamo sempre messi a totale disposizione della squadra e che per noi lo sport ha un valore massimo. Da parte mia… beh, se devo comperare un cavallo per me stesso ci metto un secondo, se devo comperare un cavallo per un’altra persona ci penso non dieci, ma cento volte: sarà così anche quando mi troverò nella situazione di dover decidere se schierare in squadra Giulia oppure no».

Sulla sua nomina infatti si è subito sollevato un coro di entusiastico apprezzamento: ma bisogna dire che fin dal momento in cui si è saputo che Marco Porro non sarebbe più stato il c.t. azzurro dal primo gennaio del 2026 da più parti si è fatto il suo nome come ideale avvicendamento…

«Sì, lo so, e ovviamente non posso nascondere che la cosa mi ha fatto un gran piacere. Anzi, devo ammettere che se mi sono deciso ad accettare questo incarico è dipeso anche dall’aver chiaramente percepito questo apprezzamento: so che le persone sono consapevoli che per come sono fatto io le mie scelte e le mie decisioni andranno sempre e solo in favore dell’interesse dello sport. Da questo punto di vista sono totalmente tranquillo e sereno: ho sempre pensato che se mai un giorno avessi deciso di compiere questo passo avrebbe voluto dire avere lo sport dalla mia parte. Spero che possa essere sempre così».

Certo è che adesso potrebbe presentarsi il caso per cui Giulia vada da una parte e lei da un’altra…

«Sono molto onesto: questa è la cosa che mi peserà di più. Ormai sono 25 anni che Giulia e io facciamo la stessa vita, lo stesso sport, vivendo insieme giornalmente i nostri cavalli. Probabilmente Giulia non potrà essere presente nelle prime tappe agonistiche importanti dell’anno perché i suoi cavalli sono un po’ in ritardo di preparazione a causa di piccoli infortuni, ma io spero che comunque lei venga ogni tanto in concorso con me in modo da continuare a vivere lo sport insieme come sempre abbiamo fatto, anche se lei non dovesse essere direttamente coinvolta».

Adesso cosa pensa di fare… domani?

«Ieri (il giorno dell’annuncio dell’incarico, 26 novembre, n.d.r.) ho già chiamato un consistente gruppo di cavalieri e altri li chiamerò oggi. Voglio sentirli tutti e da tutti farmi dire quali sono i programmi di inizio anno di ciascuno per rimettere in pista i relativi cavalli».

A proposito di programmi: una delle lamentele che da decenni esiste nel mondo del nostro sport a prescindere da chi sia il tecnico o il presidente della Fise o il consigliere responsabile del settore è relativa alla presunta mancanza di programmazione, anche quando la programmazione in realtà esiste… Ma cosa vuol dire secondo lei programmazione: adattarsi alle esigenze dei cavalieri e impegnarli di conseguenza, oppure indicare loro una precisa tabella da seguire?

«Io penso di dover rispettare gli impegni presi da ciascuno di loro. Chi fa il Global, per esempio, è ovvio che avrà una serie di appuntamenti imprescindibili che in parte condizioneranno anche l’attività agonistica in senso più generale. Premesso ciò, è altrettanto ovvio che io indicherò gli obiettivi ai quali arrivare con il miglior gruppo possibile costruendo il miglior avvicinamento possibile. Oltre a ciò cercherò di allargare al massimo la rosa degli atleti da impegnare in Coppa delle Nazioni, anche a discapito di qualche risultato».

Le Coppe delle Nazioni sono gioie e dolori…

«Cercherò di portare più atleti possibile in squadra per le Coppe delle Nazioni dell’anno. A livello individuale abbiamo cavalieri fortissimi che riescono a fare un certo tipo di sport spesso con cavalli che all’estero non sono stati valorizzati, e abbiamo risultati che non hanno nulla da invidiare a quelli degli individuali di altre nazioni. Ma in squadra le cose cambiano perché c’è una pressione maggiore, l’emozione è sempre più forte, l’attenzione della critica è massima. Per questo dobbiamo allargare il più possibile il numero di atleti coinvolti in squadra, anche per potenziare il senso di appartenenza, il senso di squadra appunto. Quello che ho detto ai cavalieri che ho già sentito e che dirò a quelli che devo ancora sentire è che tutti loro devono essere disposti a mettersi in gioco anche a costo di essere criticati: ma per un periodo dobbiamo pensare di fare il maggior numero di Coppe delle Nazioni possibile… Le critiche ci saranno, inevitabilmente, ma è fondamentale allargare la rosa e le Coppe delle Nazioni sono la palestra migliore per creare nuovi binomi: se vogliamo crescere dobbiamo passare da lì, anche se talvolta i risultati potranno essere diversi da quelli auspicati».

Pensa di organizzare incontri, stages, ritiri, riunioni… ?

«Io rispetto molto ognuno dei nostri cavalieri, i quali hanno comunque i loro tecnici di riferimento e ciascuno la propria esperienza. Nel momento in cui qualcuno di loro dovesse sentire il bisogno di un confronto, di un dialogo, di un aiuto io sarò sempre disponibile, come peraltro è già accaduto in passato. Ma non imporrò alcun tipo di aiuto tecnico se non sarà richiesto».

Nel corso degli ultimi anni si è presentato spesso il problema di cavalli importanti perduti per la squadra perché venduti all’estero: pensa che si possa fare qualcosa quanto meno per non esasperare il fenomeno?

«È una situazione difficile da gestire, peraltro accade ovunque in Europa: sui vari siti di informazione o anche sui vari social risulta evidente come quasi ogni giorno qualche cavallo sia venduto in America o in Arabia o in altri Paesi. Il punto è che in altre nazioni lo si avverte di meno perché c’è un ricambio più rapido e più ricco rispetto a quanto accade da noi».

La nostra spina nel fianco purtroppo da anni e anni è la mancata qualificazione della squadra di salto ostacoli alle Olimpiadi… In vista di quelle di Los Angeles 2028 la prima tappa è il Campionato del Mondo di Aquisgrana dell’anno prossimo: ce la possiamo fare?

«È chiaro che il mio sogno sportivo sono le Olimpiadi, per cui ci spero e ci proveremo con tutte le nostre forze, ma il Campionato del Mondo è praticamente domani mattina… e per giunta nel contesto di un concorso e di un luogo in cui la maggior parte dei nostri cavalieri non ha mai saltato. E sappiamo bene tutti che quello di Aquisgrana è un campo di estrema difficoltà. La seconda tappa di qualificazione è il Campionato d’Europa del 2027: io spero di arrivare a quell’appuntamento con buona parte dei binomi impegnati ad Aquisgrana l’anno prossimo così da poter sfruttare al meglio quell’esperienza, ma se per varie ragioni nel 2027 dovessimo rinunciare a qualcuno dei cavalli in squadra per il Campionato del Mondo ecco che si dimostrerebbe estremamente utile il progetto da avviare subito di allargamento della rosa: perché dovremmo avere delle alternative valide e consistenti da impegnare nella decisiva gara continentale».

Come organizzerete l’attività lei e Mario Verheyden?

«Mario si occupa degli Under 25, io dagli Under 25 in su. Ma collaboreremo molto insieme, soprattutto con l’obiettivo di portare avanti il più possibile i cavalieri compresi nella seconda fascia, nella fascia emergente. Ho subito fatto presente in Fise che ritengo indispensabile una forte connessione tra prima e seconda squadra. Anche noi siamo una squadra del resto: Mario e io, con Marco Bergomi come fondamentale figura di riferimento e la supervisione di Francesco Girardi, direttore sportivo della Fise».

Fermo restando ciò che ha già detto al riguardo, adesso lei si metterà alla scrivania, individuerà dei percorsi e su quelli muoverà le pedine?

«Ci sono quattro date obbligatorie e irrinunciabili, cioè quelle delle quattro Coppe delle Nazioni della Longines League of Nations. Poi, faccio un esempio: la settimana precedente lo Csio di Roma c’è un cinque stelle ad Aquisgrana. Pensando al Campionato del Mondo è ovvio che c’è da sperare che almeno due o tre nostri binomi possano prendere parte a quel concorso: però è impensabile che un cavallo che fa quattro giorni di gare ad Aquisgrana la settimana seguente faccia Coppa delle Nazioni e Gran Premio a Roma… Ovviamente in Piazza di Siena cercheremo di schierare la migliore formazione possibile ma nel contesto di uno scenario che vede dopo Roma altri concorsi importanti e difficili, dovendo programmare al meglio il gruppo che si prepara a un appuntamento come quello con il Campionato del Mondo».

Dalle sue parole sembra di capire che per lei è molto importante lo spirito di squadra, anche in uno sport prevalentemente individuale come il salto ostacoli…

«Sì, certo. Ma per squadra non intendo solo i cavalli e i cavalieri che vanno in campo ostacoli: tutto il mondo dello sport, i proprietari, gli allevatori, i tecnici, i giornalisti… Se per una volta vogliamo provare a cambiare qualcosa dobbiamo avere la voglia e la pazienza di farlo insieme. Noi dobbiamo cercare di tracciare una strada, in linea di massima: poi saranno i nostri cavalli a dirci se quella è la direzione giusta. Senza mai dimenticare che il nostro è uno sport che non si fa con un pallone o con una racchetta, bensì con un cavallo: ogni giorno ci può essere qualcosa che non va come desiderato, un infortunio, scadimenti di forma, malattie… Di questo deve essere consapevole anche chi ci guarda e ci giudica: è facile dire bravo a chi vince, ma è quando le cose non vanno bene che bisogna analizzare con equilibrio e razionalità la situazione. Prima di vincere un Gran Premio magari devi fare tre volte 8 penalità: ma anche in quelle 8 penalità si possono cogliere aspetti positivi… L’importante è saperli individuale e analizzare. Se un cavallo di 9 anni al suo primo Gran Premio a cinque stelle mi fa due errori devo essere contento, ma se quei due errori si ripetono regolarmente fino al quinto o sesto Gran Premio, beh… allora dovrò analizzare la situazione: o il cavallo non è adatto a quel livello, oppure io sto sbagliando qualcosa. Io quando un concorso va male torno a casa la domenica sera che sono disperato per certi aspetti, ma mi sveglio il lunedì mattina con la ferma determinazione di capire cosa devo fare per risolvere la situazione».

Quando lei da giovane cavaliere aveva come istruttore prima e commissario tecnico poi una leggenda come Graziano Mancinelli il quale le diceva cosa fare, come farlo, quando farlo, se farlo o se non farlo… ha mai pensato che un giorno Stefano Cesaretto si sarebbe trovato alla guida della squadra nazionale di salto ostacoli?

«Durante quei giorni no di certo… Ma poi, dopo aver iniziato la mia carriera anche come tecnico… un po’… forse sì, forse ci ho pensato. Oggi questo mio incarico rappresenta la ciliegina sulla torta: se le cose funzioneranno bene non ci sarà persona più felice di me e me ne sentirò totalmente fiero… Altrimenti la considererò come una fondamentale esperienza di arricchimento personale. Nell’un caso come nell’altro guidare la squadra nazionale di salto ostacoli può essere considerato solo come un grande onore di cui essere orgogliosi».

Tags: salto ostacoli stefano cesaretto
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