Quando nell’autunno del 1954 Annie Wilkins ricevette la diagnosi, il mondo le si fermò per un istante davanti agli occhi. Il medico le disse, senza troppe esitazioni, che avrebbe avuto ancora, al massimo, due anni di vita. Annie aveva sessantatré anni e una vita che sembrava essersi consumata tutta nel piccolo paese di Minot, nel Maine. E così, con la morte negli occhi, Annie decise che non l’avrebbe colta tra le quattro mura di casa sua. Se proprio voleva, la morte doveva inseguirla, e neanche per poco, perché decise di non rendergliela proprio facile: sarebbe partita per fare il viaggio che aveva pianificato da decenni, arrivare all’Oceano Pacifico. Dopotutto, “I wanted to see the Pacific before I died”, dichiarò anni dopo. La ricostruzione che Elizabeth Letts offre nel suo libro, basata su lettere, ritagli di giornale e testimonianze dirette, restituisce alla perfezione quel momento in cui una donna, lasciata senza prospettive, scelse invece il movimento come unica forma possibile di vita.
E così, Annie vendette tutto ciò che possedeva e acquistò Tarzan per 65 dollari, un cavallo baio e forte. Riesumò una sella che aveva, decisamente, visto tempi migliori. Adottò Depeche Toi, un cagnolino raccolto per strada e insieme partirono tutti quanti alla volta dell’Oceano Pacifico. Nessuna strategia, nessuna sponsorizzazione, solo una direzione: ovest. Letts descrive con precisione come la comunità locale faticasse a prendere sul serio il progetto, convinta che una donna sola, anziana e con poche risorse non sarebbe arrivata lontano. Eppure, Annie partì, seguendo strade secondarie, evitando la neve quando possibile, presentandosi alle fattorie con un misto di timidezza e determinazione: “Sto andando in California”, diceva, “sì, a cavallo… e no, non ho fretta”.
Lentamente il suo viaggio crebbe come un racconto collettivo. Prima i giornali del Maine, poi quelli del New Hampshire e della Pennsylvania cominciarono a seguirla, attratti dall’idea di una donna anziana e malata che attraversava un Paese, in piena modernizzazione, affidandosi unicamente alla forza tranquilla di un cavallo. Letts riporta come, lungo la strada, Annie trovasse spesso ospitalità da sconosciuti semplicemente affascinati dalla sua tenacia; altri la accompagnavano per un tratto, qualcuno offriva cure veterinarie a Tarzan, e lei ricambiava con una regola irrinunciabile: “I had to take care of Tarzan first, always.” Ogni mattina, prima ancora di pensare a sé, controllava gli zoccoli, l’alimentazione, il carico. Tarzan era la sua garanzia di continuare, il suo compagno e, in qualche modo, la misura quotidiana del coraggio.
Attraversò Stati e stagioni, dalle piogge gelide del New England alle pianure ventose dell’Ohio, dalla polvere alta del Texas al sole del New Mexico. Letts racconta come Annie annotasse mentalmente volti, accenti, gesti di gentilezza, costruendo una geografia umana oltre che fisica. Ogni incontro aveva un peso, ogni sosta diventava una conferma che l’America era più ampia e varia di quanto avesse mai immaginato. Molti non capivano perché rischiasse tanto, ma lei, pur non cercando spiegazioni elaborate, ripeteva una frase che era insieme testamento e promessa: “Ho perso tutto; quindi, non ho più paura di niente”.
Dopo più di un anno di cammino, dopo più di 6.000 km, nel febbraio del 1956, Annie raggiunse la California. Non trovò ad attenderla una folla o una celebrazione, ma trovò quello che cercava: l’oceano. Un orizzonte che sembrava non avere fine. Lasciò che Tarzan avanzasse fino alla riva e sussurrò: “We made it, Tarzan.” Quel momento, che Letts restituisce come una scena minima e potentissima, non segnò una conclusione retorica ma un nuovo inizio: la diagnosi era stata smentita, la sua vita si era allungata ben oltre la scadenza prevista e il viaggio l’aveva trasformata più di quanto avesse immaginato.
Annie Wilkins morì nel 1980, ventisei anni dopo quel verdetto che avrebbe dovuto limitare tutto. La sua storia, ricostruita con rigore da Elizabeth Letts nel testo “The ride of her life” e conservata nella memoria delle comunità che attraversò, resta una prova di ciò che può accadere quando una persona decide di mettere un passo, e poi un altro, davanti alla paura e insieme a un cavallo. Nessuna leggenda, nessuna invenzione: solo una donna, un cavallo e la determinazione di non lasciare che qualcun altro scrivesse il loro finale.
Quando tutto sembrava finito, Annie Wilkins decise di partire con il suo cavallo verso l'Oceano Pacifico: il viaggio reale che stupì un’intera nazione.























