C’è un momento, quando sei accanto al tuo cavallo, in cui il rumore del mondo si affievolisce: aspiri l’odore di fieno, senti il respiro profondo sotto la criniera, lo osservi e dentro di te qualcosa si assesta. Il cuore, che poco prima correva tra pensieri e tensioni, rallenta, il respiro si amplia, e sembra che il cavallo porti con sé una forza capace di modellare il tuo caos interiore. Non è suggestione poetica, ma biofisica misurabile: interagire con i cavalli influenza i nostri parametri fisiologici, come hanno dimostrato diversi studi.
Un recente lavoro pubblicato su Therapeutic Advances in Psychopharmacology ha dimostrato che la semplice interazione con i cavalli, in contesti di terapia assistita, riduce la percezione del dolore acuto nei partecipanti, un segnale esterno del caos interiore che si placa. Altri studi hanno osservato che, dopo una fase di attesa con parametri elevati, durante l’interazione con il cavallo il battito cardiaco e la respirazione dei pazienti si riducono, e perfino la qualità del sonno migliora nei giorni in cui avviene la sessione.
Ancora più sorprendente è il fenomeno della sincronizzazione tra uomo e cavallo. La variabilità del battito cardiaco (HRV), che riflette l’equilibrio tra sistema simpatico e parasimpatico, entra in risonanza tra i due organismi. Uno studio del 2024 pubblicato su iScience ha rilevato che in condizioni di interazione libera, quando cavallo e cavaliere sono già familiari, la sincronizzazione è bidirezionale: non è solo l’essere umano ad adattarsi al ritmo del cavallo, ma anche il cavallo stesso modula il suo ritmo in risposta alla persona. Durante il grooming, per esempio, la direzione e l’intensità dell’influenza reciproca dipendono dal lato in cui si spazzola, dal grado di familiarità, e dalla modalità del contatto. Un’altra ricerca ha mostrato che all’aumentare dell’intensità dell’interazione — dal semplice guardarsi al contatto olfattivo, fino alla carezza— cresce la coerenza tra i battiti cardiaci dei due cuori. È su queste basi che prende forma, nel linguaggio popolare e divulgativo, l’idea che il “campo del cuore del cavallo sia cinque volte più forte di quello umano”: non ancora provato come statistica definitiva, ma efficace come immagine per descrivere l’effetto di calma che molte persone sperimentano.
Immagina di arrivare al maneggio agitato: un pensiero ingombrante, un impegno saltato, un litigio ancora vivo. Ti avvicini al tuo cavallo, lo accarezzi, cominci a spazzolarlo. Tu inspiri ed espiri, il ritmo della tua mano diventa un ponte tra i due corpi. Senza accorgertene, la tua frequenza cardiaca comincia a regolare la propria curva sulla sua, il sistema parasimpatico prende spazio, i muscoli si sciolgono. Non si tratta di magia, ma di biofisica del contatto: pressioni tattili che stimolano ossitocina, movimenti ritmici che ancorano il corpo a un tempo regolare, attenzione focalizzata che interrompe il vortice mentale.
Ma non è solo il singolo incontro a contare: il cavallo ha un ruolo sociale crescente che è stato riconosciuto anche istituzionalmente. Un esempio possono essere i progetti sociali della Federazione Italiana Sport Equestri, incentrati proprio sul benessere che i cavalli e pony possono donare a persone di tutte le età e in qualsiasi fase della loro vita. Il cavallo è sempre una parte centrale dell’esistenza dell’uomo, non più un’opzione. Ne sono testimoni il successo ottenuto da attività federali come OverPonyMotricità, progetto rivolto alle persone over 65, con l’obiettivo di preservare l’indipendenza motoria funzionale e migliorare la qualità della vita tramite il rapporto con cavallo o pony. Un altro esempio è il progetto POP – Pony & Oncologia Pediatrica, nato dalla collaborazione tra FISE e il Policlinico Gemelli, che introduce gli Interventi Assistiti con il Cavallo per bambini e ragazzi dai 4 ai 18 anni affetti da patologie oncologiche, con finalità non solo fisiche ma psicologiche, sociali e di umanizzazione della cura. C’è poi A cavallo verso il Futuro, che opera nel contesto dell’area penale minorile esterna, offrendo al ragazzo la possibilità di riscatto, di relazione, di autoregolazione, attraverso il cavallo come co-operatore. Queste esperienze dimostrano che il cavallo non è solo sport, ma strumento sociale reale: inserimento, inclusione, benessere emotivo e motore, coesione, abbattimento di barriere. Così come in passato il cavallo rivestiva un ruolo centrale per la vita dell’uomo (trasporto, lavoro, ecc..), oggi, seppur siano cambiate le attività, il suo ruolo rimane invariato.
In questa danza silenziosa il cavallo ci “presta” il suo equilibrio e noi, poco a poco, ritroviamo il nostro. Ognuno porta con sé una storia e un corpo diversi, ma la scienza ci conferma che sì, le interazioni con i cavalli hanno effetti misurabili sulla fisiologia umana; sì, i cuori possono sincronizzarsi; sì, il nostro caos interiore può davvero essere calmato attraverso questo legame.
Non sappiamo ancora se il “campo equino” sia esattamente cinque volte più potente del nostro, ma sappiamo che basta un incontro sincero, un respiro condiviso, un tocco, per trasformare la confusione in ritmo, il rumore in quiete, l’instabilità in presenza.
